Parla Pablo Trincia, volto noto delle Iene
Quest’anno è uscito il libro Veleno (Einaudi) scritto dall’ esordiente Pablo Trincia, giornalista freelance in testate di livello europeo, come L’Espresso, Berliner Kurier, Die Welt, The Independent, tanto per fare qualche nome.
Ma Paolo Trincia è anche noto al grande pubblico televisivo per essere uno degli inviati del seguitissimo programma Le Iene.
Da ottobre 2017 è co-autore, insieme a Alessia Rafanelli, di Veleno, un’audio-inchiesta a puntate in podcast sul sito di La Repubblica, che racconta il caso dei diavoli della Bassa modenese, un fatto di cronaca accaduto tra il 1997 e il 1998.
Lo ringraziamo per averci concesso questa intervista, insieme a Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) per averla resa possibile.
Quando ha sentito per la prima volta della vicenda giudiziaria dei Diavoli della Bassa Modenese?
“Volevo fare dei Podcast che riaprissero vecchi casi. Così, digitando satanismo su Google, dopo pochissimi risultati è uscita fuori la storia di Lorena, una donna che era stata assolta dopo 16 anni dall’accusa di aver usato i suoi figli per riti satanici. Questa è stata la prima volta che sentivo parlare di questa storia.
Mi sono subito incuriosito e l’ho chiamata, siamo stati al telefono per oltre 2 ore. Lei mi ha narrato tutto, io non ci credevo, mi sembrava impossibile. In quel momento mi sono reso conto che quella storia era molto di più di un semplice caso di presunta pedofilia, aveva a che fare con molti altri aspetti: la psicologia, la mente umana, il falso ricordo, il panico morale, la caccia alle streghe. Ho immediatamente capito che era la grande storia su cui bisognava assolutamente scavare.”
Come è avvenuto l’incontro con la casa editrice Einaudi?
“Mi hanno contattato loro dopo l’uscità del podcast, perchè erano molto interessati alla storia”.
Quanto è stato complesso realizzare questo tipo di libro?
“È stato molto complesso, perchè dietro c’è tantissimo studio, un numero incalcolabile di ore utilizzate per consultare documenti e video di interrogatori di bambini oltre a numerosi viaggi nella Bassa Modenese ricchi di appostamenti ricerche di indirizzi, interviste. Insomma, un lavoro immane, in assoluto il lavoro su cui mi sono concentrato di più”.
Questo suo libro di inchiesta verso quale pubblico è rivolto?
“No, non lo definirei un libro di inchiesta, nemmeno una fiction nè un saggio anche se sembra racchiudere un pò tutto questo. E’ un libro che ricostruisce una storia in maniera capillare, tanto che nella quarta di copertina ho specificato che niente di quello che scritto è stato romanzato. Ho studiato gli atti, ho raccolto interviste e prove documentate attraverso video, quindi, se c’è scritto che c’era un maglione rosso è perchè c’era un maglione rosso, non me lo sono inventato. L’idea è stata quella di ricostruire la storia utilizzando solo materiale vero, reale, ma dandogli una struttura di racconto, per una maggiore fruibilità. Non solo un libro inchiesta come tanti che si possono leggere su casi di questo tipo”.
Quanto è stato complesso, doloroso, incontrare questi bambini di ieri e adulti di oggi? E come hanno rivissuto l’incontro con il passato?
“Dipende. Alcuni non erano contenti di affrontalo, altri invece erano interessati, avevano sviluppato una prospettiva interessante, non rivedendo più il passato con gli occhi dei bambini, ma con quelli degli adulti. Per me è stato duro, perchè comunque non è semplice mettersi sulle spalle il mantello del destino, quindi presentarsi alla porta di una persona dopo vent’anni per dirgli “… ho documenti che parlano di te, del tuo passato, che forse potrebbero ribaltare le tue convinzioni...”.
E’ chiaro che non è stato facile, ti senti di avere un peso nella vita di una persona, di non essere uno di passaggio, di essere uno che lascia un’impronta, chissà se positiva o negativa… Ovviamente ci siamo chiesti più volte se fosse una cosa corretta, però alla fine abbiamo deciso che era giusto dare a queste persone un’altra possibilità e questo, in parte, ci ha alleggerito dal peso psicologico della cosa”.
Come è stato accolto dal pubblico questo libro?
“È stato accolto molto bene. C’è interesse intorno alla storia, tanta gente mi scrive. Il fatto che in precedenza ci sia stato anche il podcast, ha aiutato, ma è proprio la vicenda che non può lasciare indifferenti. Lascia un segno, turba profondamente, perchè induce a ragionare su fatti che potrebbero riguaradare tutti noi. La cosa che mi ha fatto particolarmente piacere è ricevere, da parte di accademici, persone che lavorano in questo settore, che hanno le specifiche competenze professionali, ringraziamenti per questo lavoro, sostenendo che sia importante”.
Quale immagine può riassumere Veleno?
“Direi quella di un bicchiere d’acqua nel quale qualcuno comincia a versare gocce di inchiostro. L‘acqua lentamente si colora di nero, rendendo poi impossibile distinguere le due parti. Una sorta di bene e male, giusto e sbagliato, vero e falso”.
Ci potrebebro essere sviluppi per questo libro?
“Per ora abbiamo scritto il libro, poi vedremo… Un giorno diventerà un documentario e la cosa mi fa un pò impressione. Prima che diventasse un Podcast, nessuno voleva sentire questa storia, ne voleva sentir parlare, la voleva raccontare, tutti ne avevano paura. Ecco, credo che il nostro merito sia stato quello di aver trovato i modi e le parole giuste per far sì che questa vicenda arrivasse alle persone oltre che aver fatto ricredere case editrici e media che non la ritenevano particolarmente interessante.