Intervista a Luca Azzolini, scrittore Einaudi Ragazzi
Luca Azzolini è autore di numerosi romanzi per ragazzi tradotti in diverse lingue. Grande fortuna hanno avuto i dieci volumi della Saga di Aurion, la serie Volley Star, dedicata alla pallavolo, e il ciclo di avventure di Mark Mission.
Laureato in Storia dell’Arte, ha iniziato a scrivere fin da giovanissimo e oggi lavora come scrittore, editor e ghostwriter.
Per il gruppo Einaudi Ragazzi ha pubblicato La strada più pericolosa del mondo, Adriano Olivetti. L’industriale del popolo e Bambini per gioco, uscito quest’anno.
Ringraziamo Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) per aver reso possibile questa intervista.
Luca, ci parli di lei e di come è nata la sua passione per la letteratura…
“Sono nato in una famiglia di non lettori e in casa c’era un solo libro: una vecchissima edizione impolverata e con la copertina a brandelli di Cuore di Edmondo De Amicis. Era un libro di scuola di una mia zia, proprio malconcio, rimasto chiuso in un cassetto per moltissimi anni (forse in attesa che lo trovassi io, voglio pensarla così!). Ho iniziato a leggere quel libro quasi per caso, avevo nove o dieci anni, e da quel momento non mi sono più fermato. Ne volevo sempre di più. In seguito, a tredici anni, ho scoperto la narrativa fantastica ed è stato subito amore a prima pagina”.
Quali sono stati i suoi scrittori di riferimento?
“In assoluto, Marion Zimmer Bradley (Albany, 3 giugno 1930 – Berkeley, 25 settembre 1999). E a seguire moltissimi altri, in un elenco sterminato che comprende sicuramente
LeGuin, Martin, Stroud, Gaiman, Rowling, King, Rodari, Dahl, Ende, Haruf, McCarthy, Cunningham, Starnone, Murgia. La lista è lunghissima. Zimmer Bradley, però, è l’autrice che più di tutti ha contribuito a fare di me il lettore che sono, in prima battuta, e in seguito lo scrittore che sto diventando.
Non solo ha incoraggiato generazioni di lettori, per mezzo delle sue antologie, a una lettura onnivora, spaziando fra autori e generi, ma ha sempre sostenuto giovani scrittrici e scrittori perché mettessero su carta qualcosa di loro. Senza il suo esempio oggi non sarei qui”.
Qual è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere Bambini per gioco?
“Bambini per gioco nasce dall’esigenza di raccontare storie vere, o in questo caso verosimili, che avevo già intrapreso con La strada più pericolosa del mondo, uscito nel 2018 sempre per Einaudi Ragazzi. È un libro che racconta il desiderio di andare a scuola, la voglia di imparare a leggere e scrivere dove tutto questo non è permesso”.
“Volevo inserire nel libro anche un protagonista che mi rispecchiasse, e così è nato Sayed. Mi sono chiesto: che cosa sarebbe accaduto, al ragazzino che sono stato, se fosse nato in un ambiente difficile come l’Afghanistan. Che cosa ne sarebbe stato di un bambino timido e sognatore che giocava a fare lo scrittore, se fosse vissuto dall’altra parte del mondo? La risposta che mi sono dato è nel libro, ed è proprio Sayed“.
“Bambini per gioco parla di riscatto, di desiderio di cultura, di voglia di studiare e approfondire le cose. Parla anche di fiabe e di come i libri riescono a salvarci la vita indicandoci una strada da percorrere”.
Con quali personaggi della letteratura paragonerebbe la piccola Yassine, Sayed e il professor Mansur?
“Yassine, più che a un personaggio della letteratura, si rifà alle piccole ma grandi eroine di oggi che si battono quotidianamente per affermare i diritti delle donne in tutto il mondo. Yassine, forte e determinata, potrebbe essere una sorta di Malala di carta e inchiostro che lotta per non finire fra le mani di un uomo senza scrupoli che la vorrebbe come sposa bambina.
“Sayed mi ricorda tanto una versione maschile della dolce Lenù di Elena Ferrante raccontata nell’Amica Geniale. Sayed è un ragazzino intelligente ma insicuro e fragile, vessato da una famiglia in cui non si riconosce, eppure bravissimo, desideroso di sapere e di capire per salvarsi da una condizione terribile, quella di “bacha-bazi”, appunto di “bambino per gioco”.
“Il maestro sufi, Mansur, incarna invece il maestro per eccellenza, colui da cui è bello imparare perché trasmette qualcosa di sé al suo allievo, la passione per le cose e il sapere. Mansur è severo ma dolce, è bonario eppure sempre esigente. È il maestro Yoda di Star Wars fatto sufi. È il Guglielmo da Baskerville di Umberto Eco trasportato in Afghanistan. È il Maestro Perboni nel Cuore di Edmondo De Amicis. È tutte le maestre e i maestri che ho avuto, e che mi hanno donato qualcosa”.
Conta di presentare il libro nelle scuole?
“Faccio molti incontri nelle scuole, ormai da anni, e mi auguro vivamente che Bambini per gioco venga accolto come il mio precedente romanzo. È una storia che parla di altre storie, è un libro che invita a leggere i libri, a considerarli parte importante della nostra vita, a farne buon uso e a diffonderli perché, come dice Sayed nel romanzo: «I libri sanno fare magie e possono mostrarti strade che non avresti mai immaginato di percorrere.»
Credo che le scuole siano il posto adatto in cui portare questo messaggio, senza nascondere che nel mondo esistono luoghi in cui è difficile anche solo affermare un diritto fondamentale come questo: quello di voler studiare”.
Descriva il suo libro in tre colori…
“Bambini per gioco è ocra come il colore della sabbia, della polvere e delle rocce dell’Afghanistan. Un colore ripreso nella bella illustrazione di Iacopo Bruno. Il colore della terra e delle cose radicate in profondità, dentro di noi, che aspettano solo di germogliare.
Bambini per gioco è anche turchese, come il titolo di copertina, che richiama il Minareto di Jam e le sue antichissime incisioni in pasta di vetro. È il colore della magia e delle fiabe, delle cose impalpabili che ci fanno tendere verso il cielo per aspirare al meglio di noi stessi.
Bambini per gioco è anche verde, come la speranza presente in queste pagine, di avere un giorno una realtà migliore per tutte quelle bambine e quei bambini che sognano di poter imparare a leggere tenendo un libro vero fra le mani”.
Progetti per il futuro?
“Progetti per il futuro ce ne sono sempre molti. Sono uno scrittore che crede siano le storie a venirti a cercare, e in questo periodo sono tante quelle che vengono bussarmi sulla spalla col desiderio di essere raccontate”.
“Presto, sempre per Einaudi Ragazzi, sarà in libreria il mio Don Ciotti, un’anima Libera che, come si capisce dal titolo, è un romanzo che racconta l’infanzia, l’adolescenza e la maturità del fondatore del Gruppo Abele e Libera, don Luigi Ciotti: un uomo che si fatto portavoce di memoria e impegno contro tutte le mafie. È un libro al quale tengo molto perché dà voce a quel “NOI” caro a don Luigi. Perché tutti possiamo cambiare il mondo che ci circonda, basta iniziare a farlo”.
“A ottobre, invece, sempre per il medesimo editore, nella storica collana Storie e Rime, uscirà La Grande Corsa, un romanzo che ci porterà nel Regno d’Italia del 1927, ai nastri di partenza della prima Mille Miglia con un equipaggio buffissimo. Una storia divertente, una corsa pazza e avventurosa, che porta però con sé un messaggio importante, visto il delicato periodo storico che ho raccontato, e cioè che ogni sorta di fascismo va sempre combattuto con la forza della nostra ragione”.