Un giorno verrà: intervista all’autrice Giulia Caminito
Candidato al Premio Strega 2019, Un giorno verrà ci immerge nell’Italia tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Fra le idee socialiste e quelle anarchiche, la fede, la Settimana Rossa del ’14, la Grande Guerra e l’epidemia di Spagnola, si dipana una vicenda densa di personaggi autentici che appartengono alla nostra storia e a tutti noi.
Grazie a Fausto Bailo e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) siamo riusciti a intervistare Giulia Caminito, autrice per Bompiani del romanzo, che ringraziamo per la disponibilità.
Come nasce Giulia Caminito scrittrice?
“Sono una ex studentessa di Filosofia che dopo la laurea ha iniziato a lavorare nell’editoria. Mentre ero all’università ho scoperto il mio interesse per la scrittura e da quel momento ho cominciato al coltivarlo per iniziare un percorso di lavoro su me stessa e sul mio modo di esprimermi”.
E questo romanzo?
“Dal racconto di alcune storie di famiglia sulla vita del mio bisnonno anarchico marchigiano, ma anche dalla voglia di indagare il rapporto tra la vita e la politica, le passioni civili che possono animare il quotidiano e che effetto possono avere gli eventi storici più terribili sulla vita delle persone”.
Quanto è stato importante il lavoro di ricerca storica?
“Fondamentale, perché mi sono dovuta documentare sui luoghi, sugli eventi, sui costumi e sui personaggi dell’epoca. Tutto è cominciato proprio a Serra de’ Conti, paesino delle Marche, dove ho raccolto i primi materiali e ho costruito l’ossatura del mio progetto.
Poi ho continuato a consultare, comprare e scoprire libri che potevano essere interessanti per la storia che volevo raccontare. Il romanzo cerca di mettere insieme invenzione, realtà, storia e biografia. Ho lavorato in parallelo, da una parte scrivevo la trama vissuta dai miei personaggi d’invenzione, dall’altra studiavo materiali per poter rendere credibile il contesto in cui avevo deciso di ambientarla”.
Un tratto di strada molto lungo, quello da lei narrato. Si passa dal movimento anarchico alle lotte contadine, dalla Settimana Rossa alla Grande Guerra…
“Sono partita da un dato di fatto: non ne sapevo quasi nulla o molto poco; ero molto confusa circa il periodo Risorgimentale e poi, dopo l’Unità, anche circa il ruolo dei movimenti anticlericali e antimonarchici del nostro Paese, francamente non sapevo come si fosse diffuso il movimento anarchico e cosa avesse provocato. La storia di famiglia è servita solo da spunto per poter dare l’avvio alle ricerche e provare a colmare queste lacune, dedicando il mio progetto alla scoperta di storie, mondi e persone, fino ad allora a me sconosciute”.
Quanto tempo ha richiesto la scrittura del libro?
“Almeno un anno di lavoro continuativo, senza fare molto altro, poi un altro per correggere, sistemare, riscrivere. E’ stato un periodo felice in cui mi sono potuta dedicare completamente alla scrittura, non so se questo mi sarà possibile anche in futuro”.
Secondo lei, quale canzone potrebbe fare da colonna sonora?
“Addio a Lugano di Pietro Gori, che cito anche come titolo di uno dei capitoli del libro”.
Progetti per il futuro?
“Molte incertezze, molti dubbi, per ora nulla di compiuto, sto pensando se scrivere un nuovo libro o prendermi una pausa dalla scrittura”.