“Il nostro tempo”ce ne parla la regista Veronica Spedicati
(nella foto di copertina il cast)
Il Nostro Tempo, racconta di Roberta, una bambina di nove anni che vuole godersi gli ultimi giorni d’estate in spiaggia a giocare con i suoi amici. Suo padre Donato invece la costringe a rimanere a casa per aiutare con le faccende domestiche. La distanza tra i due sembra incolmabile, ma la scoperta che Donato è molto più fragile di quello che sembra, li porterà a restituire valore al loro tempo insieme.
Il Nostro Tempo, scritto dalla regista Veronica Spedicati, insieme a Francesca Guerriero, Giulia Magda Martinez e Sofia Petraroia, vede protagonisti Emanuela Minno, Franco Ferrante e Celeste Casciarosi e si avvale della fotografia di Jacopo Giordano Cottarelli, del montaggio di Luigi Caggiano e delle musiche di Lillo Morreale.
Il corto è stato prodotto da CSC Production in collaborazione con Fondazione Apulia Film Commission ed è distribuito nei festival da Premiere Film.
Quali sono stati i suoi registi di formazione?
I registi che mi hanno accompagnata durante il mio percorso sono tanti e la selezione risulta spesso difficile, a tratti schizzofrenica. Due colonne portanti sono senza dubbio Francois Truffaut e Krzysztof Kieslowski, in quanto riesco a ritrovare nei loro film, anche i più piccoli, dei sentimenti che mi riguardano.
Oltre a loro non posso non citare David Lynch, Lars Von Trier e Werner Herzog, il loro sperimentalismo dovrebbe essere un punto di riferimento per ogni studente di cinema.
Tra gli italiani preferisco citare dei film: “La notte” di Michelangelo Antonioni, “Germania Anno Zero” di Roberto Rossellini, “I bambini ci guardano” di Vittorio De Sica e “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio. Tuttavia, per tornare al discorso della schizzofrenia, se mi chiedono quale film avrei voluto girare, la mia risposta è: “‘C’era una volta il west” di Sergio Leone.
Tra i contemporanei stimo molto il lavoro di Pietro Marcello, credo sia uno dei pochi in Italia in grado di raccontare in modo cinematografico e sperimentare allo stesso tempo.
Come è nata la trama del cortometraggio Il nostro tempo?
Volevo confrontarmi con un film intimo e così ho buttato giù delle immagini della mia infanzia che mi sono ritornate alla mente in modo molto istintivo. A partire da quelle, man mano è nata una storia che ne ha preso le distanze per diventare autonoma, quantomeno nei fatti. E’ stato un processo lungo, in cui mi sono persa e ritrovata più volte.
Il cast, come è stato scelto?
Il cast è stato scelto in modalità differenti. Per quanto riguarda la bambina io e i miei organizzatori abbiamo fatto tantissimi provini sia nel salento che a Bari durante i mesi di luglio e agosto.
Ho provinato all’incirca 300 bambine, tra cui ho avuto la fortuna di scovare la giovane Emanuela. Riguardo la figura del padre il percorso è stato più articolato. Inizialmente avevo optato per Fabrizio Ferracane, il quale aveva accettato con piacere, ma non siamo riusciti ad incastrare le nostre date con le riprese de “Il traditore” e quindi non abbiamo potuto lavorare insieme. In seguito ho svolto diversi provini e ho optato per un attore locale, ma purtroppo un impegno improvviso gli ha impedito di prendere parte al cortometraggio.
Così sotto consiglio di Edoardo Winspeare e Celeste Casciaro (che avevo già scelto per interpretare la madre) sono arrivata alla figura di Franco Ferrante, il quale si è messo in gioco subito nonostante stesse passando un periodo problematico, poiché aveva suo padre molto malato. Franco ha scelto di fare una cosa difficile, ossia trasformare il dolore in forza creativa regalandoci un personaggio molto delicato perfettamente inerente al ruolo che avevo scritto. Un piccolo miracolo.
Le riprese dove sono avvenute?
Le riprese sono avvenute tra S.Pietro in Bevagna e Campomarino di Maruggio. Sono entrambe località di mare in provincia di Taranto e sin dalla nascita dell’idea avevo in mente di girare lì.
Quanto tempo ha richiesto realizzare questo lavoro?
E’ stato lungo, le riprese sono avvenute in sei giorni ma la preparazione è durata più di tre mesi durante i quali ci siamo riuniti più volte in Puglia con tutta la troupe. Il montaggio e la fase di post-produzione è stata altrettanto complessa ed è durata circa quattro mesi. In totale quasi un anno.
In passato ha realizzato altri cortometraggi?
Si, ne ho realizzati alcuni indipendenti prima di entrare al Centro Sperimentale e a seguito dell’ingresso nella scuola ne ho realizzati circa un paio all’anno, molti dei quali sono stati più che altro delle esercitazioni.
Come è stato accolto Il nostro tempo dal pubblico?
Il pubblico della Settimana della Critica è stato molto generoso. A fine proiezione è scattato un lungo applauso ed io lì per lì credevo fosse la norma. Poi mi hanno spiegato che non è così e la cosa mi ha fatto molto piacere. Aldilà della proiezione di Venezia, le uniche due occasioni che ho avuto per proiettarlo sino ad ora sono state ai diplomi del Centro Sperimentale e al Festival di Carlo Forte.
In entrambe i casi ho osservato le reazioni del pubblico e mi è sembrato di vedere due situazioni diametralmente opposte: c’è a chi piace molto e si commuove e chi rimane turbato senza capire. Nessuna via di mezzo. Il che mi fa piacere perché vuol dire che il corto ha una direzione precisa.