“Paradiso Italia” parla Mirko Orlando fotografo e fumettista
Mirko Orlando fotografo, fumettista e giornalista.
Vanta molte pubblicazioni tra i quali citiamo due saggi di antropologia visiva “Fotografia post mortem” (Castelvecchi, 2013) e “Per una teoria generale della fotografia post mortem” (Il Mulino, 2014). Realizza reportage sui fenomeni di marginalità sociale per Barricate, A, Domus e Tracce. Pubblica il libro fotografico “Il volto (e la voce) della strada” (Lindau, 2012) e la graphic novel “Paradiso Italia” (Edicola Ediciones, 2019), un’opera di graphic journalism; i temi portanti del reportage sono l’accoglienza e l’integrazione dei migranti che giungono ogni giorno nel nostro Paese.
Una lucida cronaca che espone il punto di vista di chi vive clandestino in terra straniera, condotta attraverso la suggestiva commistione di fotografia e fumetto.
- Grazie a Fausto Bailo e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) per aver permesso questa intervista.
Qual è stata la scintilla che l’ha portata a realizzare il libro Paradiso Italia?
“Il tema migrazioni è un tema centrale del nostro tempo, tanto che è diventato il fulcro narrativo delle campagne politiche di tutto il mondo, non solo dell’Italia o Europa. Tuttavia, gli interessi politici sottostanti comprimono spesso il dibattito su vettori semplicistici legati a topic quali l’invasione, la sicurezza, o il pietismo, rendendo di fatto impossibile affrontare l’argomento nella sua complessità.
Ora uno dei modi per banalizzare un problema è quello di affrontarlo togliendo voce ai soggetti descritti, cioè parlando di qualcuno senza farlo parlare, ed ecco che da qui è nata l’esigenza di raccontare il fenomeno migratorio, e più in particolare la condizione dei migranti in Italia, restituendo voce ai diretti interessati, ossia raccogliendo la diretta testimonianza dei migranti in transito”.
Come nasce il titolo del libro?
“La radice etimologica del termine paradiso richiama il recinto, il confine, un giardino circoscritto in cui trovare riparo. In qualche modo, neppure un luogo perfetto come il paradiso siamo riusciti ad immaginarlo privo di barriere. In questo senso, l’Italia è per molti migranti un paradiso nella misura in cui rappresenta un recinto, uno spazio limitato da barriere che regolamentano sia l’ingresso che l’uscita”.
Come è avvenuto il suo incontro con la casa editrice Edicola Ediciones?
“Conoscevo il loro catalogo come lettore, e benché non fossero editori specializzati nella pubblicazione di graphic novel, li ho subito ritenuti l’interlocutore più adatto per un lavoro del genere. Paradiso Italia è del resto un progetto di graphic journalism ibrido, con fotografie, disegni, e una struttura narrativa che ha richiesto un editing complesso.
Quando propongo un lavoro a un editore non sono semplicemente in cerca di qualcuno che porti nelle librerie il libro, ma di un soggetto capace di organizzare con me il materiale raccolto. L’opera di graphic journalism è sempre un’opera collettiva, che richiede la partecipazione dei soggetti intervistati, ovviamente dell’autore, ma anche di uno staff vigile nella supervisione. La loro sensibilità riguardo le tematiche legate all’interculturalità, e la loro esperienza professionale, sono state necessarie per il corretto confezionamento del libro”.
Quanto è stato complesso realizzare questo lavoro?
“Quando affronti tematiche legate all’emarginazione, all’indigenza, o ad altre disfunzioni sociali, tutto diventa complesso. È complesso riuscire a superare i propri pregiudizi, convincere gli altri (in questo caso i migranti) a superare i loro, creare una relazione di fiducia, reperire informazioni certe e verificabili. Le variabili in gioco sono molte, ed è facile perdere l’orientamento se non disponi di un metodo.
Per quel che mi riguarda, è la partecipazione diretta che fa da bussola al mio lavoro. Per realizzare Paradiso Italia ho vissuto in baracca coi migranti di Borgo Mezzanone, nella tendopoli sorta sulle rive del Roja a Ventimiglia, nelle palazzine occupate dell’Ex Moi a Torino… insomma ho tentato, per quanto possibile, di far del mio corpo un registratore capace di assorbire, provandole direttamente, le esperienze a cui sono sottoposti i migranti. Viverla con il mio corpo è per me è l’unico modo efficace per comprendere una situazione, ed è da qui che parto per realizzare i miei lavori”.
I fatti narrati nel libro sono tratti dalla cronaca?
“Non c’è niente di inventato in Paradiso Italia ma solo la registrazione di quanto accaduto sotto i miei occhi o sotto quelli dei migranti.
Dopodiché è chiaro che un migrante, nel raccontarmi la sua storia, potrebbe anche mentire, ma in questo caso le bugie che racconta sono parte integrante della sua esperienza, e quindi conservano un contenuto di verità niente affatto marginale per chi voglia davvero comprendere il fenomeno al di là dei suoi aspetti statistici“.
Progetti per il futuro?
“Sto continuando a lavorare sulle marginalità, con la mia tecnica che vede dialogare fotografie e disegni, per raccontare il disagio che attraversa il nostro paese”.