Intervista a Mirella Serri, autrice di “Gli irriducibili”
In collaborazione con David Berti ed il suo Blog pubblico con piacere un’intervista esclusiva a Mirella Serri e la recensione al suo ultimo libro Gli irriducibili, edito da Longanesi nel 2019.
Chi è Mirella Serri
Romana, docente di Letteratura moderna e contemporanea, collabora a La Stampa, Rai Storia e Rai cultura. Svolge attività saggistica riguardante letteratura, storia, politica e società. Insieme al docente e filosofo Giacomo Marramao, guida la giuria del prestigioso Premio Capalbio. Scrittrice, da anni pubblica con la casa editrice Longanesi romanzi e saggi storici. L’ultimo, Gli irriducibili. I giovani ribelli che sfidarono Mussolini, è del 2019
Intervista
Il tuo ultimo libro, Gli irriducibili, narra la storia di giovani ragazzi che si distinsero per la loro opposizione al regime fascista. La tua ricostruzione storica del contesto sociale, politico, economico che va dal 1920 al 1948 è accurata. Ti muovi tra gli eventi che caratterizzarono quel periodo con disinvoltura e straordinaria competenza. In particolare riporti episodi, che interessarono sia personaggi entrati nelle pagine dei libri di storia, sia altri rimasti relegati nelle sue pieghe, con ricchezza di particolari e notizie inedite. Quanto lavoro di ricerca vi si nasconde? Inoltre, fai parlare i protagonisti del tuo libro in forma di discorso diretto, riportando fedelmente parole estratte da interviste o da loro memorie. Hai attinto solo da una vasta bibliografia, o forse hai conosciuto alcuni degli uomini e delle donne che sono presenti nell’opera?
No, non ho conosciuto nessuno dei protagonisti. Nemmeno Giorgio Amendola che molte persone a me vicine hanno incontrato e frequentato. Il mio lavoro nasce dalla ricerca storica che ho svolto in dettaglio. Se dal punto di vista umano e politico mi dispiace non aver conosciuto personaggi di questa levatura, dal punto di vista storiografico mi sembra un vantaggio. Li ho potuti ricostruire con grande libertà in tutte le sfaccettature, nella loro complessità di uomini, nei loro amori, passioni, che hanno difetti e limiti.
Mirella, sei docente di letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università La Sapienza di Roma e insegni anche all’Università telematica internazionale UniNettuno. Dal tuo libro si evince l’importanza che dai all’istruzione. Gli insegnati hanno il privilegio e il dovere di educatore le nuove generazione. Non a caso gli Irriducibili furono liceali e studenti universitari. Un buon professore può forgiare ancora, come allora, individui che si collocheranno nella società con una forte coscienza civica, ma soprattutto con la consapevolezza del loro dovere di difendere i valori liberali, di dare il loro contributo per una comunità più solidale e cooperante? Nel tuo libro, hai mostrato alcuni dei migliaia di volti che si celano dietro le righe della nostra Costituzione, scritte con il loro stesso sangue. L’hai animata. Credi che oggi si sia persa la coscienza delle vite che si immolarono per poterla redigere? La diamo per scontata?
Credo sia molto importante il rapporto con gli studenti. Temo che la storia si studi troppo poco. Quando leggo che in America buttano giù le statue di personaggi che non si ritengono politicamente corretti mi vengono i brividi. Tutto deve essere conservato e i professori devono accompagnare gli studenti a vedere quello che di male e di terribile è stato fatto e spiegarlo con dovizia di esempi. Non dobbiamo disperdere i cimeli di Mussolini ma conservarli per poter illustrare alle ultime generazioni quale orrore hanno rappresentato.
Tu sei anche una giornalista di livello che scrive per La Stampa. Collabori con Rai cultura e Rai storia. Nella tua opera si sottolinea il ruolo che ebbe la stampa nel periodo fascista, sia con i giornali sovversivi da una parte, sia con quelli pro regime dall’altra. Ne Gli irriducibili ci porti all’interno delle redazioni di Giuseppe Di Vittorio a Parigi e di Velio Spano a Tunisi, solo per citarne alcune. Oggi i quotidiani stanno scomparendo in forma cartacea, sostituiti da quelli online. I giovani giornalisti sono sempre meno pagati. Stiamo assistendo alla scomparsa del giornalista professionista? La qualità degli articoli proposti si sta abbassando? Ai nostri giorni, un buon giornalista può ancora incidere sulla formazione di una corretta analisi di realtà dei fatti e destare l’opinione pubblica?
Non c’è dubbio che il giornalismo sta cambiando. Ma guardiamo all’esempio del NYT. Sembrava stesse scomparendo adesso va alla grande nella versione on line. Tutto cambia ma non è detto che sia in peggio, è un adeguamento ai tempi. C’è il web, c’è la televisione e i giornali perdono la loro capacità di avere presa sul reale.
Da qualche anno in Europa, e non solo, stanno soffiando venti che sembrano spingere gli Stati a una deriva populista. Credi che possa rappresentare una reale minaccia alle democrazie? Gli irriducibili è un monito alle generazioni contemporanee? Un’esortazione a ricordare? Ma forse, oggi è più corretto riformularti la domanda: Gli irriducibili è un tentativo di far conoscere, ai tanti giovani che ignorano, un passato oscuro affinché non si ripeta?
Gli irriducibili sono tutto quello che dici: un monito perché le democrazie non si arrendano, un tentativo di fare conoscere ai giovani un passato oscuro ma anche un passato pieno di bagliori rappresentato da quei giovani che decisero di difendere la libertà e poi anche la democrazia. Ma anche questi giovani fecero molti errori che penso sia utile far conoscere.
Recensione (a cura di David Berti *)
La scrittrice ci racconta le vicende di un gruppo di giovani italiani che si opposero ai fascisti e alla loro escalation politica fin dagli albori. Uomini e donne, nati tra il 1905 e il 1910, che incisero sulla storia d’Italia. Ma chi erano? Perché decisero di schierarsi contro un movimento che con il tempo sarebbe riuscito a prendere il potere e a trasformare una monarchia costituzionale in una dittatura? Mirella Serri ci svela i motivi che li mossero, descrivendo il contesto sociale, politico ed economico italiano dal 1920 al 1948 con grande lucidità e acume.
Gli irriducibili erano ragazzi nati in famiglie borghesi, educati agli ideali risorgimentali e liberali; studenti, precoci intellettuali. Essi ebbero la capacità di vedere oltre, di capire la minaccia che rappresentava il fascismo per l’Italia.
In fondo le guerre d’indipendenza erano state fatte reclutando nelle città commercianti, artigiani, notabili attraverso la carboneria e gli intellettuali attraverso il movimento romantico. Nelle campagne non si sposò la causa risorgimentale, né se ne ebbe una chiara visione. Lì, si era impegnati per sopravvivere alla miseria. Solo la Prima guerra mondiale, o Quarta guerra d’indipendenza, spinse i contadini al fronte con l’impegno, poi non mantenuto, all’esproprio dei latifondi e alla distribuzione delle terre. Quindi come chiedergli di difendere qualcosa che li aveva delusi? Meglio andare a bonificare le paludi per Mussolini, magari avendo in cambio un fazzoletto di terra.
E gli operai? Sicuramente erano più attratti da una rivoluzione di tipo bolscevico che dalla difesa di un modello statale insensibile alla loro condizione e per di più ammiccante agli imprenditori. Certo, si opposero alla nascita del regime e furono suoi acerrimi nemici. In fondo le squadracce erano protagoniste di spedizioni punitive finalizzate a limitarne la libertà di sciopero e le rivendicazioni.
Quindi la presa di posizione di questi giovani risulta ancora più straordinaria: non motivata da un diretto interesse come quello degli operai. Avrebbero potuto starsene in disparte godendosi la vita e aspettare che la parentesi fascista passasse come pensava la gran parte dei borghesi italiani. Anzi, per alcuni, avrebbe arginato le spinte comuniste e riportato un po’ d’ordine.
Il fascismo era la naturale conseguenza di una situazione esplosiva in Italia: quasi due milioni di reduci che non trovavano una collocazione lavorativa; il tradimento delle potenze alleate che negarono l’annessione della città di Fiume; la crisi economica internazionale che non permetteva la conversione delle fabbriche prima impegnate nella produzione bellica; il grosso debito con gli Stati Uniti ai quali la nazione era dipendente per il fabbisogno di grano e di carbone. E’ qui che si inserisce la propaganda fascista. Qui, fanno breccia le promesse che rimarranno deluse. Mussolini convogliava il malcontento popolare e gli dava voce.
Oggi ci sembra normale denunciare il fascismo e condannare chi non vi si oppose. No, simpatizzare per il duce all’inizio della sua ascesa era naturale. Sono quei giovani che furono eccezionali: seme della futura repubblica, strumento di una coscienza democratica allora non ancora matura.
Nel 1924 circa il 40% degli Italiani era analfabeta, non poteva leggere i giornali. Come sapere del delitto Matteotti o delle violenze protratte dal regime per mettere a tacere gli oppositori? Le persone che si potevano permettere una radio erano pochissime. Infine, quando Mussolini prese il potere, cercò di controllare la stampa e gli altri mezzi di comunicazione. Solo una parte della popolazione sapeva cosa stesse veramente succedendo in Italia.
Ma gli irriducibili liceali romani che rispondevano ai nomi dei fratelli Enrico, Enzo, Emilio Sereni, di Giorgio Amendola, di Ada Ascarelli, solo per citarne alcuni, avevano colto i segnali della minaccia fascista. Già subito dopo la marcia su Roma i primi soprusi erano entrati nelle scuole. In poco tempo si arrivò a costringere i professori a giurare l’allineamento alle direttive educative del regime e a organizzare incursioni di balordi nelle università per pestare studenti dissidenti. Quei futuri protagonisti della resistenza italiana avevano decifrato la volontà di negare alle nuove generazioni una scomoda emancipazione culturale.
Mirella Serri ci descrive come questi ragazzi, da un’opposizione intellettuale ed etica al fascismo, coltivata all’interno di gruppi liceali, passeranno a un dissenso aperto e attivo, offrendo le loro vite al contrasto del regime. Diventeranno dei professionisti della resistenza. Tuttavia, anche se inizialmente uniti, ognuno di loro prenderà la sua strada per la lotta. In parte per proprie attitudini e inclinazioni d’animo, in parte per la presenza di differenti correnti politiche e ideologiche nella battaglia al totalitarismo mussoliniano. Sì, negli anni trenta vi erano più movimenti e partiti dissidenti. E non sempre operavano in sinergia, anzi spesso erano in contrapposizione.
La scrittrice, attraverso le vite di questi giovani, ci farà viaggiare nella storia, ma anche geograficamente. Partiremo con Enzo Sereni e Ada Ascarelli per il medio Oriente, nella Palestina sotto il mandato Britannico, dove i due si recheranno per creare uno dei primi kibbutz. Raggiungeremo la Tunisia sulle orme di Giorgio Amendola, inviato dal partito comunista per lavorare a un giornale che avrebbe dovuto divenire il punto di riferimento della comunità italiana avversa al regime. E poi ancora in Germania, in Egitto. I protagonisti sembrano prendere strade opposte, ma saranno destinati a incrociarsi più volte nel corso delle loro missioni. Ricercati, si ritroveranno esuli in Francia alla vigilia della Seconda guerra mondiale. E di nuovo separati con lo sbarco alleato in Italia.
La Serri ripercorrendo episodi storici, riportati con precisione e arricchiti da elementi inediti, ci presenta anche il lato umano dei protagonisti. Riesce a trovare con loro una potente empatia. Entra nelle loro teste. Ci presenta le virtù, ma anche le debolezze. Gli irriducibili è un libro che trasuda vita. Abbiamo davanti eroi di resistenza, ma prima di tutto uomini e donne.
Così vediamo Giorgio Amendola in missione segreta a Berlino, far entrare una giovane ragazza nella camera d’albergo e passare una notte d’amore, o in un’altra occasione essere ripreso da Togliatti per avere ceduto alle avance di quella che si sarebbe rivelata una prostituta: gli uomini del partito dovevano essere integerrimi e non mettere a rischio il proprio operato con stupide leggerezze. Erano professionisti, per questo venivano sostenuti economicamente. Scopriremo Enzo Sereni, impegnato in Germania a far emigrare clandestinamente i correligionari ebrei ed esportare con accurati stratagemmi i loro capitali nel futuro stato di Israele, perdere la testa per un bella ragazza diciasettenne conosciuta mentre svolgeva, come copertura, mansioni in un’associazione di scout. Non dimentichiamoci che questi uomini erano dei trentenni, sposati giovanissimi, con già dei figli a carico, con alle spalle anni di prigionia e spesso lontani dalle compagne per lunghi periodi. Una giustificazione? No, semplicemente la vita.
Li ritroveremo senza soldi, non più finanziati dal partito comunista dopo l’accordo di non belligeranza tra Hitler e Stalin, passare il Natale in un freddo appartamento consumando un gramo pasto; progettare attentati ai nazifascisti, subire torture, lanciarsi con il paracadute dietro le linee nemiche. Ricordiamoci che, non molti anni addietro, erano studenti più avvezzi ai libri che all’azione. Seguendo le loro rocambolesche vicende, l’autrice ci farà vivere avventure che solo intrepide anime possono affrontare. Ma non è un film. E’ storia.
E le donne? La resistenza fu una prerogativa maschile? No, signori. Alcune assurgeranno titaniche nella volontà di dare il loro contributo. Così Ada Ascarelli, nell’immediato dopo guerra continuerà la mission del marito, collaborando con il Mossad. Farà raggiungere clandestinamente la Palestina a migliaia di Ebrei liberati dai campi di
concentramento e relegati in un limbo esistenziale nei centri di accoglienza allestiti nel Bel Paese. Gli Inglesi avendo ancora il mandato su quei territori concedevano solo pochi permessi. Per non parlare di Nadia Gallico, la giovane moglie tunisina di Velio Spano, che collaborerà al giornale antifascista diretto dal marito a Tunisi, lo sosterrà durante la latitanza braccato dalle autorità e diventerà una delle 21 donne a far parte dell’Assemblea Costituente. Sì, eroine di quotidiana resistenza.
Le vite degli irriducibili incroceranno quelle di personaggi che segnarono profondamente quel periodo funesto dell’umanità e che sono entrati nei libri di storia: i fratelli Rosselli, Giuseppe Di Vittorio, Palmiro Togliatti, Francesco Saverio Nitti, Charles de Gaulle, Alcide De Gaspari e tanti altri ancora. In fondo fecero parte l’intellighenzia dell’antifascismo.
Il libro della Serri può essere definito un saggio, ma sarebbe riduttivo rinchiuderlo in questa categoria. I fatti storici anche se ben documentati e analizzati, non rimangono fini a se stessi, prendono vita con i protagonisti. L’autrice li fa parlare con discorsi diretti riportando fedelmente le parole estratte da interviste o da loro memorie. Concatena sapientemente le loro affermazioni ricostruendo situazioni, dinamiche psicologiche, contesti. Si può rintracciare quasi uno stampo giornalistico nella narrazione.
Ma all’improvviso Mirella ci spiazza, dà delle pennellate descrittive di luoghi, di atmosfere, di stati d’animo proprie del romanziere di livello. Poche parole intrecciate in frasi incisive che entrano dentro, stimolando i nostri sensi. Percepiamo odori, sentiamo suoni, tocchiamo oggetti, vediamo espressioni e gesti. Una scrittura scorrevole, pulita, caratterizzata da un vasto vocabolario di cui chi scrive conosce perfettamente le sfumature dei termini.
Gli irriducibili ci conduce a una riflessione profonda. Oggigiorno in Occidente, viviamo tranquilli in democrazie più o meno “perfette”, dando per scontate libertà e diritti conquistati con la passione e l’abnegazione di uomini e donne che immolarono le loro esistenze. Ma cosa sta succedendo nel mondo?
Spesso sentiamo notizie di oppositori politici o giornalisti morti avvelenati, o in circostanze sospette, perché ritenuti scomodi all’autorità di nuovi zar. In Cina la libertà di stampa, e non solo, è soggetta a consigli di allineamento “a una certa visione di realtà”, per adoperare un eufemismo. In Turchia si allontanano professori dalle scuole e dalle università perché non graditi alla leadership.
E questo solo per citare alcuni esempi. Quasi la metà della popolazione mondiale vive in Stati che sembrano richiamare condizioni che si sperimentarono in Italia e Germania durante l’ascesa dei regimi totalitari. Oggi, con la globalizzazione, le frontiere non hanno più una distanza geografica, sono confinanti attraverso il web e la finanza. E se la storia si ripetesse? Avremmo nelle nostre care democrazie occidentali giovani disposti al sacrificio per la difesa delle libertà costituzionali? Persone educate e formate alla sacralità dei valori liberali che saprebbero convogliare, sensibilizzare, mobilitare le masse per la loro difesa?
E’ vero, a Giorgio Amendola i fascisti uccisero il padre. Enzo Sereni era un ebreo che aveva intuito il destino dei suoi correligionari e visto i soprusi ai quali erano sottoposti. Sì, probabilmente avevano un movente personale, ma questo non sarebbe bastato. Dentro di loro c’era il seme della difesa dell’inalienabile diritto dell’uomo all’autodeterminazione, della inviolabilità dei diritti umani, della visione di una società solidale e cooperante. Certo, alcuni degli irriducibili una volta passata la tempesta si accomodarono su una poltrona, diventando algidi burocrati.
Ma il loro compito lo avevano portato a termine. Nelle nostre scuole, abbiamo oggi dei potenziali irriducibili? Forse è proprio questo che Mirella Serri vuole farci domandare, ammonendoci di non dimenticare.
* David Berti nasce l’11 aprile 1974 a Grosseto. Consegue all’Università degli studi di Siena la laurea specialistica in Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali. Frequenta un master alla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli Luiss in Carriera diplomatica. Scrittore, operatore culturale, recensore, blogger, cura l’omonimo blog di letteratura. Nel 2017 è uno dei soci fondatori dell’associazione culturale Letteratura e Dintorni di cui entra a far parte del direttivo. Ricopre il ruolo di giurato in concorsi letterari di carattere nazionale. Nel 2016 pubblica il suo primo romanzo Black out, mentre nel 2019 esce con una raccolta di racconti intitolata Due racconti per una notte. Vive e lavora a Grosseto)