“Calinifta” ce ne parla l’autore Daniele Bolognese
Daniele Bolognese è nato ad Anzio (Rm) nel 1986. Laureato in Archeologia alla “Sapienza” di Roma ha conseguito nella stessa università un diploma di specializzazione in Beni Culturali.
Ha pubblicato due romanzi. L’ultimo, uscito quest’anno, è Calinifta edito Scatole Parlanti.
Ringraziamo Bailo Fausto per questa intervista.
Daniele quando è nata in lei la passione per la letteratura?
“Non saprei indicare un momento esatto in cui è nata la passione per la letteratura. Più che altro col passare degli anni aumentavano i libri che leggevo e di conseguenza pian piano ho provato a scrivere qualcosa. Inizialmente brevi racconti, pensieri e appunti sparsi su fogli e quaderni, in seguito incipit di romanzi, molti dei quali cominciati e mai portati a termine”.
Quali sono stati i suoi libri di formazione durante la sua infanzia?
“Favole al telefono e il Piccolo Principe su tutti. Semplici e complessi al tempo stesso. Sono libri che anche adesso, a trentacinque anni, rileggo più che volentieri”.
Quale è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere Calinifta?
“Più che una sono state due le scintille. La prima, quella sentimentale, è scattata dopo aver conosciuto la mia attuale fidanzata che mi ha in qualche modo sbloccato e fatto riprendere la penna in mano. La seconda, più tecnica, è data dalla lettura di Rimini di Tondelli, che mi ha dato l’idea su come strutturare il romanzo”.
Quali le fonti di ispirazione?
“Tante, molte, diverse. Leggo non solo per il piacere di leggere, ma anche per migliorare il modo di scrivere. La letteratura americana mi attira in maniera particolare.
Richard Yates è un autore che ammiro non tanto per le trame, ma per il suo stile impeccabile. Faulkner è insuperabile e difficilmente riesci a scrivere come lui. E non dimentico anche Cheever, Salinger, Steinbeck, Williams, Fitzgerald, Morrison, Welty. C’è inoltre il filone latino americano, il suo realismo magico con Marquez, Guimaraes Rosa, Borges, Lispector, Asturias, Bolano. Molti dei loro romanzi li ho divorati e ho appreso molto da loro. Pure tra gli italiani abbiamo scrittori impeccabili che molto hanno da insegnare, come Grazia Deledda, Anna Maria Ortese, Beppe Fenoglio, Italo Calvino, Giuseppe Berto. Tra le varie fonti di ispirazione andrebbero messi anche Dostoevskij, Saramago, Mann, Camus, Gordimer, Mishima e via dicendo, ma la liste è troppo lunga ed è meglio fermarsi altrimenti rischio di non finirla più”.
La trama?
“In una cittadina immaginaria del meridione, Calinifta, si sviluppano e si incrociano tre differenti storie. C’è Thomas Nùcridia, un ragazzo di 30 anni abbandonato dalla madre quando era un bambino. Il ragazzo, che vive con il padre Giorgio, viene licenziato e scivola così sempre più nell’apatia. Don Giuseppe invece è un prete dedito all’alcol e un giorno Dino, un pazzo con istinti omicidi, gli comunica che sua sorella Maria è tornata a Calinfita.
Lei invoca il suo aiuto per il fratello, ma il prete è sempre più indeciso, spaventato e non riesce a reagire. Infine Luigi e Roberto sono due amici di mezza età che fanno lavori socialmente utili per il comune. Mentre sono al bar, Roberto viene accoltellato e l’assalitore riesce a fuggire. A quel punto Luigi, sentendosi responsabile, viene ossessionato dal pensiero della vendetta”.
Quanto tempo ha richiesto la stesura del libro?
“Su per giù sono trascorsi due anni tra l’inizio e la fine. Inizialmente avevo previsto un intreccio di cinque trame differenti per il romanzo. Una volta terminata la prima parte avevo portato il manoscritto a un’amica che mi ha dato una mano preziosa nella revisione del testo. Lei mi aveva fatto notare che l’intreccio era troppo articolato, ed effettivamente tenere viva l’attenzione con cinque storie che divergevano tra di loro non era affatto semplice.
Quindi ho dovuto rivedere la prima parte, ripensare la seconda completamente differente da come la immaginavo e alla fine mi sono concentrato sulle storie di Thomas, don Giuseppe, Luigi e Roberto. E ovviamente tutto questo mi ha rubato, passami il termine, più tempo del previsto”.
Quali colori potrebbero riassumere la personalità di Thomas Nùcridia, don Giuseppe, Luigi e Roberto?
“Dovendo associare dei colori ai miei personaggi darei il viola a Thomas per l’incapacità di essere responsabile e passivo, il grigio a don Giuseppe per la sua ambiguità, il rosso della passione e della forza a Luigi e infine il blu, che rappresenta la tranquillità, a Roberto“.
Progetti futuri?
“Calinifta vorrebbe essere il primo di una serie di cinque libri, in qualche modo collegati tra loro. Vorrei ambientare le storie in vari paese immaginari del sud così da creare una vera e propria provincia immaginaria. Sto lavorando su una raccolta di racconti, che sarebbe il secondo libro della serie. E mi piacerebbe concludere il tutto con una storia sui briganti, ma ancora è lunga prima di mettere la parola fine”.