“Se una notte a Parigi, una tedesca e un italiano”
Se una notte a Parigi, una tedesca e un italiano
di Federico Iarlori
Giunti Editore, 2020
Dalle rotative della Giunti Editore viene alla luce l’esordio letterario di Federico Iarlori : Se una notte a Parigi una tedesca e un italiano. Un libro che accompagnerà il lettore in una storia divertente, accattivante, pensierosa.
Federico quando è nata in lei la passione per la scrittura?
“È nata con la mia passione per la lettura. Quando mi capitava di sprofondare tra le pagine di un libro che apprezzavo particolarmente – come accade a molti, immagino – dicevo a me stesso: quanto mi piacerebbe fare lo stesso, evocare una determinata situazione o raccontare un determinato stato d’animo con quella stessa precisione, riuscendo a suscitare delle emozioni in un lettore. La scrittura per me è sempre stata una forma di omaggio nei confronti degli scrittori che ho letto e che hanno popolato la mia vita di storie intelligenti e appassionanti. Il mio obiettivo è cercare di fare lo stesso con chi legge ciò che scrivo; intrattenere, ma senza rinunciare a offrire uno spunto di riflessione, un punto di vista alternativo. Col tempo, poi, riempire la pagina è diventata anche un’esigenza personale, quasi una forma di psicoterapia”.
Quali sono stati i suoi romanzi preferiti?
“È impossibile citarli tutti, visto che sono un maniaco della lettura – nel senso che leggo tanto senza necessariamente finire tutto quello che inizio. Sarebbero troppi. Di sicuro il primo libro che mi ha segnato è stato La metamorfosi di Franz Kafka, anche se ero molto giovane e non possedevo ancora gli strumenti per apprezzarlo fino in fondo. In aggiunta, non posso non citare Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas padre, che è stato fondamentale nella mia formazione letteraria.
E poi i racconti di Dino Buzzati, un autore che amo profondamente. Volendo citare un autore contemporaneo, direi Michel Houellebecq, che mi ha colpito fin dal suo primo romanzo e che rappresenta – a mio avviso – uno dei pochi scrittori viventi ad avere ancora un impatto sulla società”.
Qual è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere questa storia?
“La scintilla è stata la nascita del nostro primo figlio. Ho iniziato a prendere appunti su come la mia/nostra vita è cambiata – non per forza in positivo – a partire dal momento in cui ho saputo che la mia compagna era incinta. Ho riversato questi appunti in un blog, che ho chiamato Il mammo, nel quale descrivevo il mio punto di vista di papà casalingo – o meglio, disoccupato. In un secondo tempo ho iniziato a pensare a come trasformare quel blog in un libro”.
Ci dica qualcosa sulla trama…
“Visto che si tratta di una cosiddetta autofiction, gran parte del materiale è autobiografico, ma mi sono concesso una certa libertà nel mescolare le carte tra realtà e immaginazione. Il libro parla innanzitutto della mia vita di espatriato in Francia, paese nel quale abito da ormai più di dodici anni.
È una questione generazionale, perché appartengo al club degli studenti Erasmus della prima ora e in particolare a quello di chi, dopo l’Erasmus, è rimasto all’estero non solo per studiacchiare e divertirsi ma per lavorare e porre le fondamenta di una vita vera. A questo tema si aggiunge quello della mia vita di coppia con una ragazza tedesca più grande di me, più realizzata professionalmente e femminista fino al midollo. Infine, come ho già detto, c’è l’aspetto della paternità, che ha imposto una svolta decisiva nella vita del protagonista, costretto a rinunciare alle sue abitudini di eterno studente scansafatiche totalmente concentrato su se stesso.
È una specie di romanzo di formazione, in fin dei conti, interamente costruito su una montagna di aneddoti, di incomprensioni e di situazioni tragicomiche. Ma c’è anche spazio per alcuni momenti lirici, in cui – teoricamente – si potrebbe rischiare la famigerata lacrimuccia”.
Quanto tempo ha richiesto la stesura del libro?
“Ho impiegato più o meno un anno, se si esclude la fase di revisione. Ma solo perché sono molto pigro e non ho avuto la possibilità di dedicarmi alla scrittura a tempo pieno. Avrei potuto scriverlo molto più rapidamente se fossi stato più concentrato e disciplinato”.
Come è avvenuto il suo incontro con la casa editrice Giunti ?
“Il progetto di libro che avevo in mente, esposto nei minimi dettagli, e le prime pagine sono stati proposti a diverse case editrici. Ho ricevuto alcune offerte e ho scelto quella di Giunti, perché mi sembrava la più allettante, nel senso che ho avuto l’impressione che volessero davvero scommettere sul mio testo. Nessuno purtroppo – neanche loro – avrebbe potuto prevedere che il romanzo sarebbe uscito alla vigilia del primo, terribile lockdown”.
In passato ha realizzato altri libri?
“Questo è il mio primo vero libro. In passato, come tanti esordienti, ho pubblicato alcuni racconti per varie riviste letterarie, principalmente on line. Nel lontano 2009, invece, avevo pubblicato un racconto lungo in formato cartaceo per i tipi di ArpaNet (La coerenza dei dadi), mentre lo scorso novembre ne è uscito un altro (Un weekend antimoderno) all’interno dell’antologia Voci in fuga (Prospero editore), in cui faccio compagnia ad altri scrittori italiani che vivono all’estero”.
Progetti per il futuro?
“Mi piacerebbe continuare a scrivere. Le idee sono tante, ovviamente, ma dovrò trovare il tempo e soprattutto la motivazione per metterle in pratica. Di sicuro mi piacerebbe riprendere da dove ho lasciato con Se una notte a Parigi, cosa che in parte ho già fatto nel testo breve di cui ti parlavo poco fa, in cui racconto il mio trasloco da una metropoli come Parigi a una città di provincia come Strasburgo. Ma non so ancora se il mio entusiasmo troverà un riscontro concreto da parte dell’editore”.
Intervista realizzata da Bailo Fausto con la collaborazione della Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn)