Fumetti: “Qualcosa s’è mosso” di Paolo Lo Galbo

Fumetti: “Qualcosa s’è mosso” di Paolo Lo Galbo


Qualcosa s’è mosso

di Paolo Lo Galbo

(2022, BeccoGiallo Editore)


Tra le numerose graphic novel pubblicate di recente spicca l’opera d’esordio del fumettista siciliano Paolo Lo Galbo dal titolo Qualcosa s’è mosso. Un’opera  che già dimostra il talento di questo giovane e promettente fumettista.

Con piacere lo abbiamo intervistato.


Paolo, ci parli di lei e del suo incontro con il fumetto…

“Sono nato a Palermo nel 1992 e cresciuto a Bagheria, dove ho frequentato l’Istituto Regionale d’Arte. Dopo il diploma, mi sono trasferito a Bologna per frequentare il corso triennale di Fumetto e Illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti.

Paolo Lo Galbo

Nel 2018 ho concluso il percorso di studi conseguendo la specialistica in Linguaggi del Fumetto. Qualche mese dopo ho iniziato a lavorare come grafico presso lo Studio Ram di Bologna, dove mi occupo principalmente di lettering e creazione di font per fumetti. Il disegno è sempre stato il mio mezzo d’espressione prediletto, in particolare il disegno fumettistico: è stata proprio questa passione a spingermi lontano da casa… su una strada non semplice, ma entusiasmante.

Non saprei dire con esattezza in quale momento si sia imposta, nemmeno quale sia stato il mio primissimo incontro coi fumetti. Da bambino ho letto molti Topolino e Alan Ford, ma assieme al piacere di leggere è scattata da subito l’esigenza di creare e raccontare delle storie mie, di inventare personaggi e calarli in situazioni grottesche e a volte improbabili, anche se in parte ispirate a ciò che realmente vedevo e vivevo”.

Quali sono stati i fumetti preferiti?

Sicuramente tanti. I miei miti di riferimento trovano radici nella cultura degli anni ’70: inutile dire che le storie di Zanardi di Pazienza, le Sturmtruppen di Bonvi e le storie di Mr. Natural di Crumb abbiano segnato un punto di svolta per me.

 

Tuttavia, se dovessi identificare un fumetto in particolare che mi ha stimolato, la mia scelta cadrebbe senz’altro sulla saga de I Briganti di Magnus, che credo rappresenti il suo testamento artistico più autentico. Ne I Briganti s’incontrano il Magnus meticoloso e raffinato dell’ultimo periodo (Tex, Le femmine incantate) e quello caricaturale degli esordi, coi neri pesanti e gli occhi di bue cinematografici che contornano i personaggi e li staccano dal fondo. L’oriente, la fantascienza, il medioevo, l’erotismo… un tutto perfettamente armonico, nonostante l’eterogeneità bizzarra dei registri narrativi, delle ambientazioni, delle stilizzazioni grafiche… un’impresa che solo un grande autore come lui poteva riuscire a gestire con tanta maestria.

 

Quando ho sfogliato I Briganti per la prima volta, ancor prima di addentrarmi nella lettura, ho capito che col fumetto si poteva fare davvero tutto. Il mio universo creativo di riferimento non è solo quello del fumetto, vorrei sottolinearlo. A influenzarmi intervengono l’illustrazione, la letteratura, il cinema, il teatro… fra le tante, penso a quanto siano stati determinanti per me il patrimonio artistico del Barocco siciliano, che ho avuto davanti agli occhi per tutta la mia infanzia e adolescenza, e il cinema grottesco di Ciprì e Maresco e così via… Il lavoro dell’artista è il più bello del mondo proprio per questo: sei il centro pulsante di un’infinità di influenze diverse, che si incontrano e scontrano dentro di te nel tentativo di creare un filo rosso, un linguaggio specificatamente tuo, che ti rifletta e permetta di comunicare in modo autentico”.

Quando è avvenuto il suo incontro con BeccoGiallo?

“Si tratta di una delle case editrici più famose nel panorama del fumetto italiano, soprattutto per quanto riguarda i generi biografie e Graphic journalism. Dal 2017 esiste anche la collana Rami, curata dalla bravissima autrice Alice Milani. È proprio intuendo un terreno comune con questa collana, che ho deciso di proporre questo mio lavoro.

Nonostante il progetto fosse quasi com pleto (il suo avvio risale al biennio accademico), il confronto con Alice Milani è stato determinante: fin dall’inizio ha compreso appieno lo spirito del mio lavoro, immedesimandosi totalmente e ponendomi quesiti chiave puntuali, che mi hanno permesso di raddrizzare il tiro su diverse sbavature. Grazie al suo sguardo, ho individuato alcuni buchi narrativi che in effetti, una volta colmati, hanno reso la storia più organica”.

Qual è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere Qualcosa s’è mosso?

“È iniziato tutto durante il corso di scrittura creativa tenuto dal professor Emidio Clementi durante il biennio di Linguaggi del fumetto. Il corso prevedeva la stesura di alcuni racconti brevi, non importava che fossero disancorati tra loro o appartenenti al medesimo filo narrativo.

 

Ciò che contava era riuscire a far emergere la propria voce e dunque individuare un modello di narrazione del tutto personale. Dal momento che non mi ero mai confrontato in modo serio e metodico con la scrittura, ho optato per attingere a realtà ed esperienze che conoscevo bene, che a sviscerare e riordinare in racconto non mi avrebbero creato una soggezione paralizzante. In questo senso mi è sembrato inevitabile un ritorno alla mie origini siciliane.

 

Da questo processo sono scaturiti fuori dei racconti che funzionavano, in grado di ottenere l’approvazione dei docenti. Questo mi ha incoraggiato molto e presto ho tradotto i racconti in sceneggiatura e la sceneggiatura in una scansione di tavole disegnate a comporre una graphic novel. È stato un passo davvero importante per la mia maturazione artistica: provenendo da un modo di fare fumetto underground e a tratti nonsense, non avevo mai dato il giusto peso alla scrittura, che invece in una storia drammatica e strutturalmente complessa come questa risultava necessaria.

 

A ciò si è legato un altro step fondamentale, ovvero la semplificazione del mio stile grafico, che ha conferito più respiro, fluidità ed efficacia alla narrazione.

Ci dica qualcosa sulla trama…

Rosario è un giovane siciliano costretto a mettere da parte le proprie aspirazioni per sanare i debiti della famiglia, per cui si trova a impegnarsi in lavori miseri e pericolosi. Determinato a salvarsi decide di partire verso il nord Italia, prima a Torino e poi a Bologna, dove troverà l’amore e riuscirà a laurearsi.

In lui resta sempre presente, tuttavia, il fantasma delle sue origini, della condizione economica ai limiti della povertà che ha caratterizzato la sua infanzia e la sua adolescenza e soprattutto della figura paterna, con cui il conflitto sembra non potersi mai appianare.

Nel suo snodarsi la storia tocca diversi temi: il rapporto di amore e odio con le proprie origini, la ricerca d’indipendenza, la migrazione, il sistema patriarcale con al centro la figura archetipica del padre, il bisogno di riconciliazione o perlomeno di accettazione dei propri fantasmi. Per affrontare tutto questo sono ricorso a una struttura per capitoli, ognuno dei quali presenta una vicenda chiave nell’evoluzione del protagonista, di durata pari a una sola giornata, che, proprio in virtù della sua pregnanza, della sua densità di significati, riesce a far intuire il non-narrato che la precede e quello che la segue. Il flusso narrativo per così dire ‘secco’ che ho in questo modo ottenuto penso favorisca un’immersione del lettore immediata, aggressiva, senza fronzoli… che è giusto il tono con cui volevo raccontare questa storia”.

Secondo lei, c’è una illustrazione che potrebbe riassumere meglio la sintesi del fumetto?

“Direi sicuramente l’illustrazione di copertina, che troviamo anche all’interno del fumetto, nel momento in cui Saro rientra a casa dopo il lavoro e attraversa un rovo di spine e spazzatura. Sullo sfondo si delinea uno scorcio di Villa San Cataldo, edificio storico di Bagheria. Pur essendo un’immagine molto realistica, la mia intenzione era quella di connotarla in chiave metaforica: la distanza fisica tra Saro e la villa è anche distanza psicologica tra il protagonista e le sue origini, che, al pari del rovo che si ammassa tutt’intorno a lui, paiono avvolgerlo e bloccarlo. Il vuoto, il bianco su cui stagliano le figure, sottolinea il senso di incompletezza, il non risolto che attanaglia il protagonista.

 

Tuttavia, se questi aspetti potrebbero far pensare a un rifiuto totale da parte di Saro del mondo delle sue origini, in copertina ho inserito un dettaglio che svela il suo più autentico posizionamento emotivo. Qualcosa s’è mosso è, come dicevo, una storia di fuga, di migrazione e allontanamento dalle proprie origini, ma è soprattutto la storia di un ritorno. Difficile, tormentato, irrisolvibile, ma è un ritorno.

 

Nell’illustrazione Saro non è complice del lettore, non è proteso ad afferrare nessuna mano che potrebbe spingerlo a compiere il passo definitivo, ad abbracciare ‘l’altra parte’. A ‘l’altra parte’ Saro dà le spalle e rimane comunque rivolto verso la villa. Un protagonista preso in mezzo, potrei dire, intrappolato in un limbo d’incertezza, entro cui, nonostante tutto e soprattutto nonostante se stesso, resiste… com’è d’altronde per tutti i migranti”.

Progetti per il futuro?

“Sì, ho in cantiere una graphic novel dal titolo Cainni ri mattanza, che in dialetto siciliano significa ‘carne da macello’. Parzialmente ispirata a fatti realmente accaduti o di mia conoscenza, si divide in quattro capitoli incentrati ciascuno su una vicenda specifica, narrativamente scollegata dalle altre, ma comunque contestualizzata all’interno del medesimo mondo affaristico e criminale siciliano. Da un punto di vista contenutistico, prevedo di dover compiere diverse ricerche, interviste, soprallouoghi. Per quanto riguarda l’aspetto grafico, sto sperimentando un connubio quasi ‘pittorico’ tra disegno classico, tecniche calcografiche ed elaborazione digitale.

Data la complessità del progetto e la mia attività quotidiana di grafico, credo mi occorrerà diverso tempo per portarla a termine. Il secondo progetto su cui sto lavorando, è Bestie, una raccolta di storie brevi a fumetti di genere ironico, per cui ho elaborato una tecnica di realizzazione più semplice, motivo per cui conto di riuscire a concluderlo prima.

Potrei definire Bestie un ‘fuori rotta’: dopo l’esperienza intensa e immersiva di Qualcosa s’è mosso, attraverso cui ho ricordato e per certi versi rivissuto momenti non proprio positivi della mia vita, oltre che in vista dell’esperienza altrettanto complessa che mi si prefigurava con Cainni ri mattanza, ho sentito il bisogno di dedicarmi a qualcosa di completamente diverso e più leggero. Ho immaginato Bestie molto tempo fa, circa tre anni fa: mentre appuntavo le prime idee sul foglio ridevo divertito fra me e me.

La logica che regge questo progetto è vicina a quella delle strisce umoristiche e degli sketch teatrali, basati su battute estemporanee e una fruizione veloce. I personaggi sono assurdi, inverosimili, calati però in contesti che, seppur paradossale.


Intervista a cura di Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn)


 

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