‘La sola ricchezza che conti’ di Stefano Sciacca
La sola ricchezza che conti
di Stefano Sciacca
(2023, Mimesis edizioni)
Chi è Stefano Sciacca
Stefano Sciacca, laureato in giurisprudenza all’Università di Torino, ha studiato Human Rights Law presso la University of Oxford e collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale. È stato consigliere della Fondazione Culturale di Noli per la quale ha curato conferenze e mostre.
Ha scritto diversi romanzi, saggi di critica cinematografica (Fritz Lang, Alfred Hitchcock: vite parallele, Falsopiano 2014; Prima e dopo il noir, Falsopiano 2016), sceneggiature e video sulla storia dell’arte e del cinema (Cinema e Psiche: il manipolatore, 2018; Gum sul canale Youtube Valiant).
Con Mimesis ha pubblicato Sir William Shakespeare, buffone e profeta (2018), L’ombra del passato (2020) e La sola ricchezza che conti (2023).
Di cosa parla il libro
L’investigatore privato Michele Artusio è il protagonista anche di questo nuovo romanzo, uscito in libreria il 20 ottobre scorso.
La storia, narrata in prima persona, e ambientata negli anni ’30 del secolo scorso, racconta un episodio della vita dell’autore: una vicenda giovanile da cui sarebbe dipesa la scelta di indossare la maschera che il lettore ha conosciuto nel precedente racconto.
Cosa ne penso
La sola ricchezza che conti è un romanzo che si muove tra punti fermi e nuovi slanci dell’autore.
E’ la storia di un padre che in seguito alla nascita della sua bambina decide di dedicare la propria vita a coltivare la migliore immagine di sé, convinto che si tratti della sola eredità che valga la pena lasciarle.
Tra le conferme troviamo la sua poetica e in particolare la critica alle ossessioni e alle perversioni dell’individualismo borghese. Non mancano, come sottolinea nella prefazione il critico e cineasta Federico Pontiggia, l’elogio dell’inattualità e della solidarietà. Alcuni temi già accennati nel precedente romanzo L’ombra del passato, sono qui affrontati e sviluppati. Parliamo del confronto tra la complice generosità della natura e gli spietati artifici della città e la contrapposizione tra la cultura, che offre conforto e salvezza, e la moda che, al contrario, seduce, inganna, consuma.
Sorprende invece la parte più sentimentale, un vero e proprio inno all’amore e l’affrancamento da qualunque connotazione patrimoniale e materialista dei concetti di ricchezza e di eredità. Nella convinzione appunto che nessun uomo possa possedere niente di più di se stesso e aspirare a lasciare agli altri null’altro che la migliore immagine di sé.
Sullo sfondo di una società, cultura e moda degli anni trenta del novecento, si snoda una solida e avvincente trama investigativa che rappresenta il pretesto per tutte queste considerazioni.
Ed ecco allora che la ricerca di una specifica verità storica si confonderà con quella del senso della vita stessa. E, del resto, è appunto la deformazione professionale a indagare ad apparentare l’investigatore con lo scrittore, il quale svolge a propria volta un’indagine interiore.
Recensione a cura di Francesca Ghezzani, giornalista e addetta stampa.