Zoe Rondini: superare la disabilità con la scrittura e la comunicazione
Zoe Rondini è il nome d’arte di una donna giovane, forte e coraggiosa, già ospite di questo blog con le recensioni di due sue opere (il libro autobiografico Nata viva ( https://www.dianoratinti.it/nata-viva-di-zoe-rondini-la-forza-delle-donne/ ) da cui è stato tratto anche un cortometraggio, e il saggio RaccontAbili ( https://www.dianoratinti.it/disabilita-raccontabili-di-zoe-rondini/ ) e con una lunga intervista in cui racconta i suoi primi 25 anni di vita, segnati dalla disabilità fisica causata da un’asfissia neonatale.
Non a caso la scrittrice ha scelto Zoe come pseudonimo. In greco significa vita, quella vissuta nella sua essenza e non quella biologica. Esattamente come lei ha scelto di vivere: senza arrendersi, lottando ogni giorno contro le difficoltà e, spesso, il pregiudizio, recuperando quei 5 minuti senza respirare nel momento in cui è venuta al mondo, con un’esistenza piena e ricca di soddisfazioni.
Laureata in Scienze dell’Educazione e della Formazione, poi in Editoria e Scrittura (giornalismo) alla Sapienza di Roma, ha pubblicato molti articoli sui problemi e sui diritti dei disabili, ha affrontato, senza tabù, ogni aspetto della disabilità nel saggio RaccontAbili. Dal 2006 gestisce il blog Piccologenio, collabora con diverse testate giornalistiche, cura un progetto pedagogico di contrasto al bullismo e di valorizzazione delle diversità. Inoltre è consulente per le tematiche sulla sessualità, l’amore e l’affettività per le persone con vari tipi di disabilità e per chi si relaziona quotidianamente con loro.
Le barriere sono dentro di noi
La sua storia è, dunque, emblematica. È una storia di forza e determinazione che ha portato Zoe a raggiungere importanti traguardi. Il principale: vivere senza sentirsi diversa o più fragile. Ma per raggiungere questa consapevolezza, ha dovuto lottare contro il pregiudizio in un percorso lungo e faticoso, sempre sostenuta dalla famiglia.
La molla che ha dato inizio al suo viaggio è stata la scrittura, la sua capacità di raccontarsi prima, di comunicare le sue esperienze poi. Tutto è iniziato quando Zoe era nel pieno dell’adolescenza, un’età già di per sé difficile. A 13 anni ha cominciato a tenere un diario come antidoto ad un lutto familiare, inaspettato, nel quale annotava ricordi, pensieri e riflessioni. Una scrittura intimista, racconta lei stessa, nella quale ancora non erano emerse le difficoltà fisiche legate alla disabilità e i limiti che un mondo non ancora pronto ad abbattere le barriere mentali, frapponeva tra lei e i suoi desideri. A partire dalla scuola dove ha fatto fatica ad inserirsi e dove ha subito il bullismo di alcuni compagni, che non la accettavano e non volevano aiutarla nelle piccole cose pratiche legate alla disabilità motoria.
Ma se è vero che quello che non uccide fortifica, scrivendo, Zoe ha lentamente ribaltato il suo pensiero: non sempre le barriere sono fuori da chi è colpito da disabilità. Spesso, invece, sono dentro. Bisogna riconoscerle per affrontarle e superarle. E così, nel racconto autobiografico dei suoi primi 25 anni, dalla nascita all’università, ha preso consapevolezza, ha camminato lungo il suo percorso catartico che l’ha portata alla Zoe adulta. Una donna capace di parlare anche della disabilità altrui, libera dalle barriere che il mondo normodotato aveva messo dentro di lei.
«Quando ero piccola tutti mi dicevano che ero uguale agli altri bambini, poi crescendo mi è venuto qualche dubbio», scrive nell’incipit di Nata Viva. Per poi concludere: «Eppure la vita riserva inaspettate sorprese alle persone che nonostante tutto… nascono vive!». In mezzo c’è un racconto ironico, a tratti iperbolico, denso di passione, dove emerge tutta la forza di Zoe, trasmessa dalla nonna, dalla mamma, dalle persone che l’anno sostenuta nelle sue scelte.
Raccontare se stessi per aiutare gli altri: la scrittura come rinascita
«Dopo aver raccontato la mia storia mi sono sentita finalmente libera di parlare degli altri», spiega Zoe in una recente intervista pubblicata su suo blog, in cui parla della sua seconda opera, il saggio RaccontAbili. «Mi sono resa conto che molti non volevano parlare di loro stessi e della disabilità. Mentre io sono convinta che ognuno debba trovare un modo per esprimersi, realizzarsi e acquistare autoconsapevolezza: che sia la scrittura, lo sport, il teatro, la dancebility, la pittura, il lavoro, la maternità».
È a questo punto che è nata l’idea di mettersi alla prova con gli altri, analizzando attraverso una serie di interviste, ogni aspetto della disabilità, ascoltando e facendo parlare chi vive l’handicap sulla propria pelle e chi sta loro accanto. «Ci sono aspetti della vita delle persone – spiega – che sembrano interdetti ai disabili, come se avere problemi fisici, sensoriali o psichici, automaticamente sollevasse dall’avere impulsi, istinti, bisogni. Come se non bastasse la commiserazione con cui spesso veniamo guardati, noi e i nostri familiari. E non tutti sono pronti ad affrontare la vita a viso aperto, a trasformare e percepire la disabilità in un’accezione positiva. La natura compensa quello che manca, in forme e abilità diverse. Non siamo “fenomeni” da compatire, ma risorse per noi stessi e per la società».
Un libro ‘polifonico’ per far capire la disabilità
RaccontAbili, sottotitolo Domande e risposte per raccontare la disabilità è un libro costituito da tante voci, quelle delle persone che l’autrice ha intervistato. Sono tutte accomunate dalla disabilità, per essere essi stessi diversamente abili, ma anche per essersi ritrovati a vivere la disabilità, come amici, parenti, genitori, assistenti, badanti, psicologi, sessuologi, giornalisti e registi.
I protagonisti delle interviste raccontano la quotidianità dell’handicap, la famiglia, il lavoro, le routine, l’arte, ma toccano anche temi delicati come l’amore e la sessualità. Via via che parlano prendono coraggio e si aprono raccontando la vita dal loro punto di vista, incoraggiati da questa ragazza così determinata. Anzi, pronta lei stessa a farsi intervistare da Matteo Frasca, pedagogista e qui consulente letterario, ma soprattutto amico dell’autrice.
L’obiettivo, come spiega è «cambiare la narrazione dei e sui disabili, dando loro l’opportunità di parlare in prima persona». Nel caso specifico anche attraverso il blog, ma toccando con delicatezza il quotidiano della disabilità nelle sue infinite sfaccettature. Soprattutto senza indugiare sulla “curiosità” con la quale a volte ci si avvicina all’handicap, quasi fosse uno sfortunato accadimento della vita che “meno male è capitato a un altro”.
La scrittura, il blog, il lavoro, gli amori, l’impegno sociale
La scrittura è stata la forma, i libri, il blog e i social network il mezzo attraverso i quali Zoe ha affermato se stessa e ha costruito il racconto della propria vita. Una vita piena, lo abbiamo detto, ma messa insieme giorno dopo giorno con fatica e perseveranza, perché comunque la disabilità pone dei limiti. Ecco allora il suo lavoro per tenersi in forma attraverso la logopedia, la fisioterapia, la scelta di vivere da sola, guidare la propria auto, lavorare, amare ed essere amata, vivere la propria sessualità senza tabù.
Un punto quest’ultimo che genera sempre imbarazzo, di cui non si parla abbastanza, benché stia pian piano uscendo dalle sabbie del non detto e ci siano figure professionali nuove come l’operatore e le operatrici tantriche. Anche in questo Zoe ha avuto coraggio. È entrata in un terreno difficile perché non è semplice parlare di sesso, meno ancora farlo quando una disabilità si frappone fra il desiderio e la sua realizzazione. «La scoperta dell’erotismo e dell’amore è lasciata al singolo individuo, ai terapisti. Io sono stata fortunata, grazie a mia madre che mi ha dato tutte le risposte che volevo e che mi ha permesso di scoprire la sessualità in modo bello e naturale».
Nel blog Piccologenio.it c’è una parte dedicata proprio al tema Amore e sessualità: sfatiamo i tabù, che offre il proprio contributo per invertire la mentalità che avvolge questo aspetto. Nel 2012 ha aperto anche un gruppo su Facebook, Amore, disabilità e tabù: parliamone!, che conta 1.600 membri e che si propone come un luogo di incontro virtuale «per fare conoscenza, scambiare informazioni sui temi che riguardano l’amore, la sessualità, talvolta accolta e altre volte negata, per le persone con disabilità motoria, sensoriale e cognitiva».
Per anni, inoltre, Zoe Rondini ha portato nelle scuole il progetto Disabilità e narrazione di sé; come raccontare le proprie piccole e grandi disabilità, ispirato dal suo romanzo Nata viva. Si basa su una serie di incontri con i ragazzi, dai 10 anni in poi, a cui la blogger racconta episodi della propria vita e durante i quali gli adolescenti, in modo volontario, leggono un paio di brani del romanzo. Poi, nella fase successiva, viene lasciato spazio per le domande e i ragazzi sono stimolati a parlare di sé. Ecco, dunque, che torna il tema della comunicazione, questo processo biunivoco capace di aprire porte e schiudere mondi. Non solo tra Zoe e i ragazzi, ma tra di loro e i loro insegnanti.
«In fondo, parlare di Nata Viva è solo il pretesto per aiutare gli altri a raccontare le proprie speranze e le difficoltà», ci dice l’autrice, che ha portato questo progetto anche nelle università.
Idee e progetti per il futuro
Zoe non si ferma mai. Il suo desiderio è riprendere gli incontri con le scuole che non sono stati possibili durante e dopo la DAD a differenza delle lezioni all’Università Lumsa.
La pandemia è stata penalizzante, soprattutto per gli adolescenti, e tornare tra di loro è uno dei sogni nel cassetto della divulgatrice. Quindi fare formazione, in particolare agli educatori sul valore terapeutico della narrazione di sé per combattere tutte le discriminazioni: «dalla disabilità al bullismo e vorrei anche fare la mia parte per educare i ragazzi all’amore e al rispetto e le ragazze a riconoscere i segnali che potrebbero portare alla violenza psicologica e fisica», spiega.
«Ultimo obiettivo ma non meno importante: aiutare in mondo sistematico, magari con una psicologa, le tante persone con disabilità che, attraverso i social network mi contattano per farmi domande su come creare o crearsi una vita indipendente. Purtroppo molte famiglie si sentono sole e il vuoto maggiore è sul desiderio di esperienze erotiche e amorevoli», conclude.
- Contatti:
E-mail: zoe.rondini@gmail.com
Oppure potete scriverle in privato sulla pagina Facebook ZoeRondiniAutrice o sul profilo Instagram
A cura di Lina Senserini, giornalista e docente