‘Come vento tra le vele’: parla Sibyl von der Schulenburg
Come vento tra le vele.
Una storia di amore e coraggio sull’Amerigo Vespucci
di Sibyl von der Schulenburg
(2024, Sperling & Kupfer)
Chi è Sibyl von der Schulenberg
Figlia di due autori tedeschi, è nata e cresciuta sul lago di Lugano, in Svizzera. Si è laureata in giurisprudenza e ha una seconda laurea in scienze psicologiche.
Dopo una carriera da imprenditrice nell’alta tecnologia, si è dedicata alla scrittura pubblicando romanzi storici, psicoromanzi e saggistica divulgativa su temi attuali nell’ottica della psicologia.
Si è occupata di cibo come importante strumento di recupero sociale nelle carceri, dando vita al premio culinario Cuochi Dentro.
Qual è il fascino dell’Amerigo Vespucci, il veliero più famoso al mondo, vanto della nostra Marina?
Il Vespucci incarna un concetto di bellezza autentica, non ostentata, ma costruita con cura e dedizione. La sua bellezza non è solo estetica, ma funzionale: ogni cima, ogni vela, ogni dettaglio è il risultato di una perizia che rappresenta il meglio del nostro paese.
L’Amerigo Vespucci incarna il fascino intramontabile della tradizione e dell’eccellenza italiana.
Più di un veliero, è un simbolo che unisce bellezza, maestria artigianale e spirito d’avventura. Le sue linee eleganti e le vele maestose evocano un’epoca in cui il mare rappresentava sfida e scoperta. Ma il suo fascino va oltre l’estetica: il Vespucci è una nave scuola, un luogo dove si trasmettono valori come disciplina, dedizione e lavoro di squadra.
Ciò che mi ha spinto a scegliere questo veliero per l’ambientazione di un romanzo è il suo potere evocativo: rappresenta una sorta di ponte tra passato e presente, un luogo dove il tempo sembra sospeso, e questa atmosfera unica era perfetta per la narrazione che volevo sviluppare.
Il Vespucci non è solo un simbolo, ma anche una comunità in movimento, dove la vita di bordo è scandita da ritmi e rituali che creano legami profondi tra le persone. Questo aspetto mi ha permesso di esplorare temi universali come l’amicizia, la crescita personale e il coraggio di affrontare le sfide, rendendo la storia non solo un omaggio alla nave, ma anche un viaggio nell’animo umano.
Chi la conosce, sa che lei nei suoi romanzi ama trattare soprattutto temi storici, psicologici e saggistica divulgativa. Come è stato scrivere una storia d’amore, peraltro vera, come quella tra Lorenza Mel e l’affascinante comandante Francesco Bottoni?
Ho sempre detto che non avrei mai scritto una storia d’amore del tipo romanzo rosa. Invece, scrivere una storia d’amore, per di più vera, come quella tra la bella avvocata veneziana Lorenza Mel e l’affascinante Comandante livornese Francesco Bottoni, è stato un viaggio emozionante e una sfida imperdibile.
Nei miei romanzi, amo indagare le complessità della mente umana, esplorando dinamiche psicologiche e storiche, e in questa storia ho trovato un terreno fertile per combinare questi interessi. Lorenza e Francesco non sono solo due protagonisti, ma incarnano il contrasto tra passione e razionalità, libertà e disciplina, temi che mi affascinano profondamente.
L’intreccio storico-cronologico e il contesto della Marina Militare hanno aggiunto ulteriore profondità alla narrazione. La nave stessa, con il suo rigore e il suo fascino, diventa un personaggio vivo, capace di amplificare le emozioni e di fare da cornice perfetta alla loro storia. Non è solo un racconto d’amore, ma una riflessione sul ruolo delle scelte e dei sacrifici che si compiono per amore o per dovere.
Scrivere questa storia è stato un modo per uscire dalla mia zona di comfort e per confrontarmi con emozioni universali, riuscendo al tempo stesso a mantenere lo sguardo analitico che caratterizza la mia scrittura.
Come ha conosciuto Lorenza Mel?
Talvolta ho l’impressione di averla sempre conosciuta. In questa vita, direbbe qualcuno, ci siamo incontrate sui campi di gara equestri, unite nell’idea di migliorare regolamento e disciplina di un’associazione sportiva allora poco funzionale. Entrambe giuriste, vedevamo le cose da un punto di vista comune e bastava un cenno, uno sguardo o una sola parola per intenderci al volo.
Io, tedesca di nascita, sono cresciuta con un forte senso di disciplina e rigore, valori che trovano una loro espressione anche nell’organizzazione del mio lavoro e nella mia scrittura. Lorenza, italiana, porta con sé la vivacità e il calore della sua cultura, un approccio più fluido e spontaneo alla vita, che completa perfettamente il mio. Nonostante queste differenze, abbiamo scoperto di condividere un’inesauribile curiosità verso il mondo e un desiderio comune di superare i nostri limiti, personali e professionali.
Come scrivo nel prologo, Lorenza, nata e cresciuta a Venezia, abitava in Veneto e io in Lombardia, ma la distanza non ci ha mai impedito di sentirci regolarmente, scambiarci confidenze a livello sororale e aiutarci in ogni modo. Anche nei periodi in cui ci sentivamo meno, il rapporto non si è mai sfilacciato, era talmente solido da non necessitare altro che di un pensiero ogni tanto, un bacio affidato a una nuvola che transitava da Milano a Venezia o una carezza affidata al vento che nasceva a nordest. Ed è così ancora oggi.
Cosa ha di particolare la storia di Lorenza e Francesco da meritare di essere raccontata?
Ciò che più mi ha colpito è stato il legame autentico tra Lorenza e Francesco, fatto di pazienza e lunghe attese che avrebbero distrutto un rapporto affettivo meno saldo. Raccontare la loro storia mi ha permesso di celebrare una forma di amore che non è solo romantico, ma anche profondo e consapevole, capace di resistere alle tempeste, proprio come un veliero che affronta le onde.
Dietro al Comandante Francesco Bottoni c’è una storia, ma dietro di lui c’è anche una donna che lo aspetta, il cuore in balia delle onde. La moglie di un ufficiale di Marina, come Lorenza, vive il mare senza solcarlo, sente il vento senza bagnarsi, guarda l’orizzonte senza mai vedere la linea d’arrivo. Il suo amore è fatto di sacrificio e pazienza, di notti insonni e giorni trascorsi contando le ore. Ogni saluto dalla banchina è un misto di orgoglio e paura; ogni ritorno un abbraccio che riempie mesi di solitudine.
Lei conosce il rumore del silenzio, il suono del telefono che non squilla e la voce che trema alla notizia di una tempesta. Tuttavia, nonostante il peso di queste assenze, sa sorridere, sa tenere la famiglia insieme, sa essere la roccia su cui lui può sempre contare. Il suo sacrificio è invisibile, eppure immenso: è il coraggio di sostenere un amore che sfida il tempo e le distanze, che accetta il rischio di un addio ogni volta che la nave si allontana dalla costa. È una forza che non ha medaglie, ma porta nel cuore la vera essenza del mare.
Spero che i lettori possano percepire l’intensità e la bellezza di questo legame unico.
‘Non c’era più modo di tornare indietro. Lorenza si rese conto che quell’uomo avrebbe fatto parte della sua vita. Si trattava solo di accettare il rischio di prendere un’altra legnata sui denti. Ma forse ne valeva la pena.’ Ci parli di Francesco. Che tipo di uomo era?
Nato e cresciuto a Livorno, città dal cuore marinaro, Francesco incarnava alla perfezione lo spirito del mare: libero, forte e pieno di mistero. Alto e di fisico atletico, con un portamento che trasudava autorevolezza, si distingueva per i capelli sempre un po’ troppo lunghi per i canoni militari. Il volto era marcato da una mascella decisa e da occhi penetranti, capaci di scrutare l’anima di chiunque gli si trovasse davanti. Sulle labbra portava spesso un sorriso aperto, che rendeva il suo fascino irresistibile.
Di lui, l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, già Capo di Stato Maggiore della Difesa, nella prefazione lo ricorda di “carattere estremamente aperto, amichevole, spavaldo, ironico ma soprattutto guascone”.
Mi piace immaginare la sua figura che si staglia contro il cielo del tramonto sul ponte dell’Amerigo Vespucci, di cui fu dapprima Comandante in seconda e poi Comandante. Il celebre veliero pare un’estensione della personalità di Francesco: elegante, imponente e indomabile. Il nostro eroe era un leader naturale, capace di ottenere il rispetto e l’ammirazione dell’intero equipaggio, non con la rigidità delle regole, ma con il carisma e una profonda empatia.
Era noto per il suo stile irriverente. Talvolta portava a credere che il regolamento fosse più un suggerimento per lui che una legge; eppure, nessuno poteva negare la sua impeccabile abilità marinaresca e fedeltà alla Marina Militare. Ogni decisione, anche la più azzardata, si rivelava sempre giusta. Gli ufficiali più giovani lo guardavano come un maestro e un modello, mentre i marinai lo consideravano quasi un fratello maggiore, pronto a difenderli o a redarguirli con un sorriso e una battuta tagliente che non lasciava spazio a rancori.
Eppure, nonostante la sua fama, Francesco manteneva un alone di mistero. Gli si attribuivano avventure e flirt in ogni porto, ma nessuno sapeva con certezza se il suo cuore appartenesse davvero a qualcuno o fosse, come lui, perennemente in viaggio, spinto dal vento e dal desiderio di libertà. Finché non incontrò Lorenza.
Cosa le ha lasciato la scrittura di questo romanzo di diverso rispetto agli altri libri che ha pubblicato?
Chi conosce la mia scrittura sa che adatto il mio stile al genere letterario che affronto. Questo nuovo romanzo rappresenta nei contenuti una sintesi dei tre generi a me usuali. Ho iniziato ricercando fonti, poi ho approfondito i profili psicologici di personaggi reali, alcuni dei quali ancora in vita, e quindi ho raccontato la realtà con un linguaggio narrativo moderno, inserendo solo poche scene dal valore simbolico.
Ne è nato un libro di un genere nuovo per me: un romanzo non-fiction ambientato nel presente, con personaggi che ho incontrato personalmente.
È la prima volta che interagisco direttamente con i miei protagonisti, non limitandomi a ricostruzioni storiche o creazioni di pura fantasia. In un certo senso, è un romanzo storico, psicologico e di cronaca in cui sono fonte diretta.
Questa esperienza mi ha dato grande soddisfazione e apre nuove possibilità per il mio stile e il mio approccio ai generi letterari.
Intervista a cura di Dianora Tinti, scrittrice e giornalista.