Lea Monetti, pittrice e scultrice di fama internazionale, donna speciale…
di Dianora Tinti (dal numero di Novembre 2013 del mensile di informazioni turistiche e culturali “Maremma Magazine”)
Questa è una delle poche volte in cui, francamente, mi trovo in grossa difficoltà con le parole. Non è da me. In genere mi succede quando devo parlare con qualcuno a voce, perché mi lascio prendere dalle emozioni, ma con la scrittura no, non era mai accaduto. Ma, si sa, c’è sempre una prima volta! Sono andata a trovare Lea Monetti, nella sua abitazione/studio di Monte Argentario affacciata sul mare, la mattina di ferragosto. Mentre tutta la popolazione di Porto Santo Stefano era indaffarata ad organizzare i festeggiamenti per il Palio Marinaro che si sarebbe svolto nella serata, io attraversavo il corso imbandierato del paese curiosa di poterla finalmente incontrare. Conoscevo la sua fama e alcune delle sue opere e mi ero portata dietro una copia del mio primo romanzo per regalarglielo. Non vi dico perciò la mia sorpresa quando poi, mostrandomeli, mi ha detto che lei, i miei romanzi, li aveva già letti tutti e questo, lì per lì, mi ha imbarazzato tantissimo, perché mi sono sentita esposta, senza veli. Così lei, che ha capito subito il mio pudore nello svelarmi attraverso ciò che scrivo, con comprensione mi ha detto che del resto “il mostrarsi” è il destino di chi nasce con la vocazione/condanna a creare qualcosa. Sono state sufficienti queste poche parole per realizzare che Lea Monetti non è soltanto un’artista di fama internazionale, ma anche una donna con una straordinaria sensibilità e una profondità non comune. “Il mistero dell’essere” ha continuato “sta tutto nella necessità di scoprire, cercare, creare… Non importa cosa, non importa come, non importa dove,
ma so per certo che questa è la giustificazione del vivere”. Entrare nell’abitazione, nello studio, nel mondo di un artista del calibro di Lea Monetti, è stata un’esperienza fortissima, direi indimenticabile. Trovarmi di fronte alla terzina di un Lacoonte al femminile, quasi già del tutto completata, e poi a schizzi, disegni, fotografie… Mi è parso quasi di profanare un luogo sacro e perfino il tè alla pesca, fatto con le sue mani, che mi ha offerto mi è
sembrato ambrosia degli dei…
Ci racconta la sua vita come donna e come artista? Chi è Lea Monetti?
Risposta difficile ma l’unica: tutto ed il contrario di tutto.
Cosa l’ha spinta a scegliere la strada dell’arte?
Niente e nessuno: era l’unica che avevo davanti dal momento che ho aperto gli occhi. Quando ero piccola mi nascondevo, come gli uccelli, fra le canne della palude di Orbetello oppure stavo ore e ore sulla spiaggia di S. Liberata. Crescendo e cambiando residenza, ho continuato a farlo andando ad Alberese, alla Trappola… specialmente nelle giornate senza sole, quando la natura si spogliava dei colori e si mostrava nuda, quasi indifesa… Mi è sempre piaciuto immergermi, far parte, di quell’ambiente. Era il mio eden!
Per Platone l’arte era Divina Manìa, per Aristotele Mimesi. A quale dei due si sente più vicina?
A tutte e due.
Alla prima appartengo totalmente poichè, quando entro nel mio profondo riguardo all’arte, sento di appartenere a qualcosa di indefinibile e indescrivibile che esula dalla ragione e sono confusa di fronte alle tue domande come Ione alle domande di Socrate. Io sento L’EKPHORON… di uscire da me. Uso dire che è come aprire una porta ed entrare in un altro spazio e sento Divina Mania non come esaltazione mentale, ma come qualcosa di intimo che mi fa essere in comunione con il Divino e mi spinge ad agire. Con la Nimesi aristotelica invece sono in conflitto costante e profondo (anche se non traspare) perché, alla fine, l’amore per il mistero del creato mi vince e così mi appassiono ad accarezzare le emozioni del reale. A volte ho l’impressione che il mio rapporto con l’espressione artistica sia come un dialogo che si mantiene sui convenevoli, senza affrontare e sviscerare altre emozioni che potrebbero portarmi… non so esattamente dove.
Fondamentalmente amo la natura perché la trovo misteriosa… E’ un po’ complicato.
Cos’è l’arte?
Qualcosa che va oltre il mestiere e non si sa cosa sia, ma parla all’anima: sempre e per sempre.
Ed è più femminile o maschile?
Io mi sono sempre qualificata al maschile e ho assunto atteggiamenti “maschili” nel muovermi nell’ ambiente artistico perché essere donna era un handicap e pittura “al femminile” era sinonimo di debole e sfibrato. Mi fa piacere che la mia espressione sia sempre stata considerata” Maschile”: forte. E poi, come si può dire dove comincia il femminile e dove il maschile?
Lei è pittrice e scultrice. Pittura e scultura hanno una base comune: il disegno, ma sono equivalenti come mezzi d’espressione?
Per me la scultura è più…sensuale. La pittura evoca suggestioni e suscita emozioni diverse.
Quindi, secondo lei, ogni mezzo d’espressione rende conto di una realtà diversa?
Direi di un punto di osservazione diverso.
Se sembra certo che il pittore pensi in termini di colori e di forme, lo scultore pensa solo in termini di forme?
Sì, è il soggetto che suggerisce il suo mezzo di espressione.
Riesce a portare avanti contemporaneamente sia un’opera pittorica che scultorea?
Fare scultura allontana dalla pittura per quanto mi riguarda. Plasmare la materia mi fa godere dell’alternarsi dei pieni e dei vuoti e dell’armonia delle forme. Mi pare che trasmetta un messaggio più potente anche se provo nostalgia
per i miei momenti nel colore.
Creare dal “nulla” è sempre una sfida… qual è la scintilla che fa nascere le sue opere?
L’emozione, il polso mi batte più velocemente e il respiro cambia… è il segno che devo fermare il momento con qualsiasi mezzo, a volte anche scrivendo.
Chi è veramente lei quando crea?
Una innamorata appassionata. Ed è veramente un atto d’amore a due: sono io che prendo l’iniziativa ma ad un certo punto è l’opera che prende il sopravvento e chiede senza pace qualcosa che si placa soltanto quando l’occhio e l’emozione
si riposano. Su questo incontro nel Paesaggio ho scritto: “da questo atto d’amore deve nascere qualcosa e ogni quadro è figlio mio e della natura e porta i segni di tutti e due.”
Che sensazione prova dopo aver completato un’opera?
Quando non trovo più niente da cambiare mi fermo e l’opera non conta già più. Deve passare del tempo perchè possa dare un giudizio abbastanza obbiettivo, ma è soltanto di critica feroce…sono sempre alla ricerca del punto debole.
Sul suo sito ho letto che alla pubblicazione di ogni monografia si trova sempre di fronte al dilemma della presentazione delle sue opere. In che senso?
Quando ho detto così, mi riferivo alla “presentazione critica” in mostre o cataloghi. Detesto essere presentata da qualcuno secondo un certo rituale. Non riconosco autorità, nè di lode nè di critica avversa, se non a pochissime persone che stimo e con le quali amo avere un confronto, ma le opere si devono presentare da sole e se parlano… parlano loro, altre voci sono quanto meno
superflue. Non amo le parole.
Ho letto, una volta, che la pittura è soltanto illusione. Cosa pensa di questa affermazione?
Cosa non è illusione? Comunque la scultura a differenza della pittura ha un corpo e si tocca
Ma i segni dello scrivere e del dipingere, a differenza della scultura, rappresentano ciò che non sono… Che rapporto c’è tra scrittura e pittura?
Ogni mezzo è peculiare al soggetto o all’idea: ripeto, è il soggetto che chiede come vuole essere espresso o realizzato, per questo mi sono impadronita di tutti i mezzi espressivi, di tutte le tecniche, dal lapis alla tempera all’uovo, dall’affresco alla scultura… Vorrei non avere limitazioni in questa risposta da dare alle mie emozioni.
Cos’è la bellezza?
Mi piace pensare alla bellezza nel senso greco del termine: come la somma di tutte le virtù…”Bellezza” per me è quando l’occhio riposa e l’anima prova piacere e pace.
Quanto erotismo c’è nelle sue opere? E cosa rappresenta l’erotismo nella sua ricerca estetica?
Non lo so, ma probabilmente sostituisce il mio erotismo fisico.
Mai come in questo periodo storico è importante l’estetica…
Sì, manca l’estetica e lo trovo drammatico. Se non si ripresenta questo valore e la bellezza con tutti i mezzi possibili per invertire questa spirale alla devastazione non vedo salvezza. Mi ha confortato però un film uscito da
poco: “La grande bellezza”, consiglio di vederlo.
Quanto conta l’apparenza nella società moderna e perché?
Troppo ed ha successo perchè mancano i valori a fare da contrappeso.
L’idea di lasciare il segno del suo passaggio in questa terra, la“posterità”, chiamiamola così, le interessa?
Non penso mai a questo. Ho lasciato un grande manager proprio perchè ho capito che il bello del successo è negli occhi di chi guarda e l’eternità non esiste per nessuno. Ma se il tempo passa senza che abbia fatto un segno, provo disagio come se fosse tempo perduto. Niente ha un senso se non lascio alla fine della giornata qualcosa delle mie mani o della mia testa e ritengo questa necessità una condanna, ma anche un dono perchè non posso concepire di riempire la vita diversamente.
Cosa rappresenta per lei l’amore? E come lo ha vissuto, e lo vive?
“Amor che muove il sole e l’altre stelle …” L’amore é una scintilla dell’amore di Dio o una lettera che Dio ci lascia da qualche parte… e allora tutto si accende, soprattutto la Poesia… la Divina Mania…il coraggio di vivere e la forza di fare esperienze che ampliano la conoscenza umana e danno sapore, felicità e dolore. Qualcuno ha scritto: ” …non ci sono altre perle
da trovare nelle pieghe misteriose della vita.” (ringrazio di cuore per aver menzionato questa citazione, inserita nel mio primo romanzo – Il pizzo dell’ aspide – che inaspettatamente ho trovato nella libreria di questa grandissima artista e ciò naturalmente mi onora, ndr)
Per carattere è più razionale o passionale?
Passionale, ma so essere anche razionale perchè sento la responsabilità di me stessa e di quanto Dio mi ha affidato.
Come esprime questo sentimento nelle sue opere?
Con la serietà nel lavoro che faccio e del mio impegno su tutti i fronti.
Lei ha realizzato mostre nelle maggiori città italiane, è stata presente agli Expo e agli eventi più rappresentativi dell’arte internazionale con quotazione ufficialmente riconosciuta e studio a Firenze e Pietrasanta ed ha avuto, per anni, un manager di fama mondiale. Ha viaggiato moltissimo in tutto il mondo, ma vive a Grosseto e trascorre lunghi periodi all’Argentario. Che rapporto ha con la Maremma e quanto ha influito questa terra nella sua vita di artista?
Sono impastata di Maremma , sono “nata” dal fango del Padule. Ho passato una infinità di tempo, tutto quello possibile, negli anni della mia giovinezza chiusa dentro i cancelli del Padule, in comunione con l’anima della Maremma. Ho
dipinto all’infinito la sua agonia ed ho pianto di dolore e poi di nostalgia… fino a dire fra i singhiozzi che tutto quello che ho vissuto dopo di essa è solo “Scena”. Dopo la morte del Padule credevo che la Maremma non fosse altro che un fatto letterario ma ora, quando scendendo da Firenze arrivo ai primi forteti, sia d’estate che in inverno, mi fermo a lungo per assorbire la vita dentro l’ombra della macchia.
Cosa pensa del panorama artistico italiano e di quello maremmano?
Conosco i meccanismi del mercato dell’arte e vedo qualcuno che lo sa usare in
maniera abbastanza spregiudicata. Pochissime perle, quasi nascoste, e
moltissimi che non hanno il dono dell’ insoddisfazione.
Per ulteriori notizie su Lea Monetti:
Con piacere riporto i ringraziamenti dell’artista….
Grazie Dianora, trovo questo articolo molto bello e completo. Sei anche un’eccellente intervistatrice e ti deriva dallo scavo profondo dell’animo che si ritrova nelle tue pubblicazioni Un forte abbraccio e tanti auguri di successo sempre. Lea.
“Stamani sono in padule
Ho chiuso dietro di me
Tre cancelli
Ho dipinto un controluce
Accecante
Assillata dalla sensazione
Che ogni pennellata
Dopo le prime
Fosse “un di più”…”