Daniela Raimondi…pennellate di parole
Questa settimana ecco qua la recensione di Deborah Coron (*) a: La regina di Ica, la pluripremiata raccolta di poesie di Daniela Raimondi.
(*) Poetessa di formazione classica e laurea in architettura, Deborah Coron è nata ad Este, Padova. E’ fondatrice, Segretaria e Tesoriera del circolo IPLAC – Insieme per la Cultura. Dal 2006 al 2012 è stata Coordinatrice della Rete dei Musei della Provincia di Padova, è membro di giuria in diversi Premi Letterari, organizzatrice e presentatrice di eventi e formatrice/docente in Master universitari di I livello presso la facoltà di Scienze dell’Educazione a Padova.
CHI E’ DANIELA RAIMONDI
Daniela Raimondi è nata in provincia di Mantova.
Vive fra Italia ed Inghilterra, paese dove ha ottenuto una laurea in Lingue e Letterature Moderne e un Master in Hispanic Studies presso il King’s College, University of London.
Ha vinto numerosissimi Premi letterari e i suoi testi sono stati tradotti in spagnolo, inglese, tedesco, ungherese e serbo-croato.
E’ stata selezionata per rappresentare l’Italia all’European Poetic Tournment in Maribor (Slovenia), dove ha ottenuto il Premio Del Pubblico (2012).
LA REGINA DI ICA Daniela Raimondi
(Edizioni Il Ponte del Sale, autunno 2012)
“Il poema si staglia con la forza limpida di un’architettura simmetrica, sostenuta da due fuochi spirituali: due preghiere artesiane invocano acqua potabile che idrati interiormente e renda liquida ogni densità, in modo che ogni stanchezza si sfarini in quiete, lievità, suoni tranquilli del mattino. Batte la lingua italiana accanto a quella inglese sulla stessa pancia del tamburo. E la mano che danza la scrittura è femminile. Anche questo elogio.”
(dalla prefazione di Anna Maria Farabbi)
Daniela Raimondi, in questo superbo e intensissimo poema, si fa strumento per ridare vita e voce a donne che non ne hanno avuta e dare corpo alle loro parole, alle idee, al dolore o alla protesta.
Voci che, pur partendo da eventi privati e da riferimenti storici, assumono valore di appartenenza e condivisione universale al mondo femminile di ogni tempo.
È un corpo vivo, nudo, dissacrato e mostrato nella sua completa vulnerabilità: ossa, sangue, saliva, latte, muscoli, organi interni, mani, ventre, feti e figli, su cui progrediscono il cancro, la paura e la violenza, opera il chirurgo, infierisce l’assassino, il violentatore, il boia e viene devastato da tagli, cicatrici, punti di sutura, rituali.
Fuori da ogni retorica, descrizione inutile o metafora decorativa, il linguaggio dell’autrice esprime una forza comunicativa pulita, cruda e terribilmente carnale attraverso la gioia, il dolore, la consumazione, fino alla disperazione più estrema dei suicidi.
Ogni volta che ama ”impasta una nuova morte”: dare la vita implica la fine della sua come di ogni creatura, così la poesia, che dona la luce e i “suoni tranquilli del mattino”, conserva ogni traccia, vince la malattia e si rivela strumento di resurrezione.
Ci sono amori senza paradiso.
Solitudini che seccano sul grembo.
Ted ha messo il suo cuore sotto spirito.
Lei adesso è immortale:
un altare, una statua,
un’icona.
È qui per restare.
Sole che nasce all’incontrario,
bocca magica che vomita gigli.
È una madonna che brilla sopra il nostro letto.
Ogni notte ci scruta in silenzio:
la bocca dolorosa, immobile come la luna.
Nel suo stomaco fermentano semi,
frumento, bulbi di fiori pronti ad esplodere.
È un geyser che schizza su un continente buio.
Una divinità preistorica:
corpo di marmo
senza ombelico,
senza padre, né madre.