Intervista a Giorgio Fontana, vincitore Campiello 2014
Giorgio Fontana è un noto scrittore, nativo di Saronno ma ormai milanese di adozione, tanto che l’amore per la sua Milano, rivive attraverso molti dei suoi scritti. Occasionalmente collabora con diverse testate nazionali, tra le quali Il manifesto, Il Corriere della Sera, L’Internazionale, ecc…
Con il suo ultimo lavoro Morte di un uomo felice ha vinto il Premio Campiello 2014.
Il bravo Fausto Bailo l’ha intervistato per noi.
Quando è nata in lei la passione per la scrittura?
Attorno ai quindici-sedici anni. Tra la fine dell’adolescenza e i ventiquattro anni ho scritto diversi romanzi e racconti, tutti cestinati. Facevano schifo. Comunque ho avuto la fortuna di capire fin da subito quello che volevo fare; si trattava di imparare bene a farlo.
Nel campo letterario quali sono gli scrittori che l’hanno formata?
Molti e diversi: Hemingway, Proust, Joseph Roth, DeLillo, Powers, Dagerman, Buzzati, Malamud… Ma sopra tutti, senz’altro Franz Kafka.
Quando scrive preferisce essere un narratore di storie, oppure pensa di avere una responsabilità verso i suoi lettori?
Non vedo contraddizione fra le due cose. Sono soltanto un narratore di storie, ma in questo narrare mi pongo una grande responsabilità nei confronti dei miei lettori. E cioè: non voglio ingannarli; non voglio dare loro qualcosa che risponde solo ai bisogni del mio ego; non voglio raccontare nulla di artefatto o falso.
Arriviamo a Morte di un uomo felice, qual è il significato del rapporto tra il padre e il figlio?
L’idea era quella di indagare un rapporto impossibile — Giacomo non conosce Ernesto ed Ernesto non fa in tempo a conoscere Giacomo — ma ciò nonostante molto intenso. Per il poco tempo che ha a disposizione, Ernesto ama suo figlio senza condizioni; e nel ricordarlo — nel cercare disperatamente di raccoglierne la storia e in qualche modo l’eredità — Giacomo ama il padre più di ogni altra persona che lo circonda.
Se dovesse utilizzare tre aggettivi per definire il suo ultimo libro quali utilizzerebbe?
No, non mi piace la “reductio ad adiectivum”. Passo.
Quale genere musicale riassume meglio la vicenda narrata nel suo ultimo libro?
Io ho sempre pensato a Morte di un uomo felice come a un romanzo da camera: pochi strumenti, materiale melodico stringato, ascolto da interni — niente pomposità. Quindi direi un quartetto di Brahms.
Con quale personaggio della letteratura del passato le piacerebbe scrivere un libro a quattro mani?
Credo nessuno. Anche perché per me la scrittura narrativa è un affare estremamente solitario.
Per i più curiosi: www.giorgiofontana.com