Claudia Ryan e l’inferno delle donne yazidi
Hana la Yazida L’inferno è sulla terra è l’ultimo (impegnativo sotto tutti punti di vista) libro di Claudia Ryan (nella foto a sinistra). Nata a Como, risiede nella culturalissima Monza ed è insegnante di storia dell’arte, giornalista, scrittrice.
Oltre a questo, ricordiamo L’atto di vedere, Grammatica visiva dell’opera d’arte (Zanichelli, 2001), Giro di boa (Edizioni Sì, 2010).
Con Leone Editore ha pubblicato due romanzi storici Virginia e Il fuoco nelle tenebre con i quali ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali.
Fausto Bailo l’ha intervistata per noi.
A quale età ha incominciato a coltivare la passione per la letteratura?
Non ricordo con esattezza quando lessi il mio primo vero libro, e per vero libro intendo un romanzo. Credo fosse all’inizio della scuola media. Era una storia di fantascienza, parlava di un uomo invisibile all’interno di una navicella spaziale e mi affascinò così tanto che ne rimasi folgorata.
Mi conquistò la potenza di una storia scritta, capace di catapultarti in un altro mondo, in un altro tempo, che può farti immedesimare in personaggi incredibili. Da quel momento incominciai a leggere e non ho più smesso. Ho letto moltissimo durante la mia vita, passando anche per generi diversi.
Per quanto riguarda lo scrivere ho iniziato come giornalista collaborando con riviste di architettura e design quando avevo trent’anni. Poi ho scritto un libro di saggistica sull’arte circa 15 anni fa, ma è solo dal 2009 che ho iniziato a scrivere storie di vita, di sentimenti, sia ambientate nel presente (Giro di Boa – Hana la yazida) che nel passato (Virginia – Il fuoco nelle tenebre).
Come è nata l’idea del suo ultimo romanzo e quando Claudia Ryan ha scoperto la comunità degli Yazidi?
L’idea è nata poco alla volta, è andata formandosi lentamente mentre nel web iniziavo a trovare, e poi a ricercare, le vicende sconvolgenti delle donne yazide prese prigioniere dagli uomini dell’ISIS e rese schiave. Un giorno ho capito che avevo una storia che volevo scrivere. Inizialmente non sapevo chi fossero gli yazidi, non ne avevo idea, e per la verità non è stato neppure facile approfondire l’argomento perché in internet si trovano informazioni piuttosto superficiali, specialmente in italiano.
Quando leggevo di queste donne schiavizzate ero indignata, sconvolta. Sono stanca di sentire notizie legate alla violenza inflitta su donne inermi, stanca di vedere come la tracotanza degli uomini si abbatte sulla parte dell’umanità più debole fisicamente. Scrivere questo romanzo è stato anche un modo per denunciare ciò che accade nei territori dei Daesh, per contribuire a rendere visibile la sofferenza delle donne di questa minoranza religiosa.
Quanto è importante il peso della documentazione e della ricerca nel suo lavoro di scrittrice?
La parte preliminare, quella di documentazione e ricerca, per me è sempre fondamentale. Quando scrivo un romanzo storico è la base sulla quale creo la mia storia, e in quel caso a volte la ricerca, anche in itinere, prende molto tempo, questo perché ci tengo che ciò che scrivo si attenga il più possibile alla realtà.
Per quanto riguarda il romanzo “Hana la yazida – L’inferno è sulla Terra” la parte di ricerca è stata iniziale, poi, quando ho deciso di scriverlo, sono partita per il Kurdistan iracheno. Il viaggio è stato indispensabile: lì ho intervistato donne che hanno vissuto la terribile esperienza di essere ridotte in schiavitù e poi, in modi diversi, sono riuscite a fuggire; ho potuto visitare le terre in cui si svolge il romanzo, conoscere le persone, ascoltarle, capire un po’ di più sulle loro tradizioni, il loro cibo, e molto altro. È stata una bellissima esperienza.
Cosa si sentirebbe di dire alle donne che affrontano i barbari dell’ISIS?
È difficile dare una risposta. Come mi è già capitato di dire, quando ho scritto il libro di Hana ero provata, c’erano momenti in cui mi rendevo conto che avevo bisogno di staccare e vivere qualcosa di gioioso che mi desse l’energia per andare avanti a scrivere. Io quelle situazioni così terribili le ho ascoltate e vissute solo nella mia mente, non so come facciano quelle povere ragazze che devono confrontarsi e vivere quel tipo di realtà quotidianamente.
È devastante, da ogni punto di vista: psicologico, spirituale e fisico. Cosa poter dire? Di non perdere mai la speranza di poter fuggire, di essere vigili e cogliere l’occasione. Ma è più facile dirlo che farlo… è capitato che alcune ragazze, pur avendo l’opportunità, non siano fuggite perché erano troppo impaurite (nella foto a sinistra donne yazidi vendute come schiave sessuali)
Ci descriva con tre aggettivi il suo ultimo romanzo.
Preferisco che siano gli altri a descrivere con aggettivi i miei libri. Comunque, basandomi sui commenti ricevuti, direi coinvolgente, commovente, intenso, facile da leggere.