Romano De Marco: l’equivoco è confondere il costume con la cultura
Dario Villasanta (nella foto a sinistra) continua con le sue interviste esclusive. Questa volta ha intervistato per noi uno fra i più noti scrittori italiani: Romano De Marco.
Dopo l’esordio nel 2009 con Ferro e fuoco (Mondadori) De Marco ha pubblicato altri cinque romanzi di cui gli ultimi tre con Feltrinelli.
Finalista al premio Scerbanenco-La Stampa nel 2014 e 2015, collabora con vari blog e con “Il Giallo Mondadori” con racconti, saggi e recensioni. Le suo opere sono state tradotte in Spagna.
Se il Romano De Marco scrittore (nella foto a destra) non necessita di presentazioni, personalmente ero curioso di scambiare due opinioni con lui perché, lo sapete, a me piace trovare l’uomo dietro le parole che leggo. Allievo ed estimatore di Raul Montanari, Romano mi ha colpito in positivo per una schiettezza niente affatto urticante, ma decisa, laddove molti altri avrebbero di certo ripiegato su toni più neutri. Tre domande anche per lui dunque, ed eccole qua.
Romano, quando ti conobbi un anno fa eri a Bologna a presentare un romanzo ambientato a Milano, tu che sei abruzzese, ma hai forti legami con Roma. Non a caso hai scritto storie ambientate in luoghi che, culturalmente, sono distanti anni luce per mentalità e abitudini. Domanda: la facilità-difficoltà di entrare e uscire da culture così diverse è solo talento, spirito d’osservazione, o cos’altro?
A volte è anche necessità. Milano è la città dove è nato il noir italiano, grazie ai romanzi di Giorgio Scerbanenco e ai film di Lizzani e Di Leo. Per il mio modo di intendere la narrativa, in un certo tipo di narrazione l’ambientazione non deve limitarsi a costituire un semplice sfondo ma diventare, a tutti gli effetti, uno dei personaggi, con il suo carico di suggestioni e di storia. Allo stesso modo quando ho esordito con Ferro e fuoco (Mondadori, 2009) volevo ricreare l’atmosfera nera e frenetica del cinema poliziottesco degli anni settanta e cimentarmi nella scommessa di trasportare la potenza delle sequenze d’azione di quel cinema in un romanzo. Ecco perché Roma è stata una scelta obbligata… Non so se ce l’ho fatta a raggiungere lo scopo, ma è stato comunque divertente
Ti voglio ora spingere sul terreno minato dell’attualità. Si fa un gran discutere sul sessismo nella letteratura italiana, ti risulta che ci sia del vero in questo, e in che misura?
Si, penso che sia un problema reale, anche nel mondo della narrativa di genere. E, cosa ancor più grave, penso che sia un problema inconscio per molti lettori. Sono amico e grande estimatore di straordinarie autrici come Grazia Verasani, Marilù Oliva, Sara Bilotti, Francesca Bertuzzi (la divina…) e questo solo per citarti quelle che conosco personalmente… Penso che da queste autrici ci sia solo da imparare per uno come me. D’altra parte mi rendo conto di quanto, per loro, sia più complicato scalare le classifiche, essere invitate ai festival, trovare spazio in televisione e sui giornali. Il sessismo, purtroppo, è un problema globale nel nostro paese, e di conseguenza, si riflette anche sul mondo editoriale.
In termini generali, come si spiega che in Italia, un paese nato poggiando sulla cultura, oggi di cultura non si viva, e che più in esteso si legga poco? Personalmente credo che invece si legga eccome, ma più su Internet e a seconda degli interessi del momento. Tu che ne dici?
Vorrei averla questa risposta, perché per una mia deformazione professionale di “problem solver” ritengo che conoscere il problema equivalga ad avere la soluzione. Purtroppo non so cosa risponderti, se non le solite ipotesi che tutti hanno già fatto… Sarà stata la televisione commerciale? Sarà stato l’edonismo reganiano degli anni ottanta bissato dal deleterio berlusconismo? Saranno stati i social forum? Boh… Penso che, almeno in parte, sia anche colpa della sovrapproduzione editoriale, il fatto che ogni comico, soubrette, calciatore, cantante, si senta in diritto (quando non in dovere…) di scrivere il suo libro. Ecco, questa gente certamente ruba spazio in vetrina (e quindi visibilità) a cosa più belle, più importanti, che hanno a che fare di più con la cultura. Oggi si confonde il costume con la cultura e questo è un equivoco davvero deleterio per la società Italiana.
Già. E di equivoco in equivoco, si sa, la realtà alla fine diventa solo un’opinione. Grazie Romano, a presto.
sito : www.romanodemarco.it
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