Non vedo non sento e… il grido di dolore di Ester Cecere
In copertina: cornice di legno presente nel santuario di Toshogu a Nikko (Giappone)
(WIP Edizioni)
Ester Cecere nasce a Taranto, dove vive e lavora come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle ricerche dove si occupa di Biologia marina.
Ha alle spalle una serie di raccolte poetiche di notevole interesse e valore che in breve tempo le hanno regalato ottimi successi di pubblico e critica.
Pluripremiata, amata dai lettori per la sua voce sentita e sincera, ricordiamo Burrasche e Brezze, Come foglie in autunno, Fragile. Maneggiare con cura e Con l’India negli occhi, con l’India nel cuore – Poesie e fotografie, ma anche il suo esordito in narrativa con un libro di racconti Istantanee di vita (Kairòs, Napoli, 2015).
Non vedo non sento e… è l’ultimissima sua raccolta uscita a gennaio 2017
Cosa ne penso
“Ai miei figli, Annamaria e Francesco,
perché riconoscano sempre e leniscano
il dolore nel loro prossimo.”
La raccolta inizia con questa dedica che, in sole due parole: dolore e prossimo, ci svela lo spirito della poetica.
Non è una novità per l’autrice scrivere dei propri più reconditi sentimenti, emozioni ed angosce, ma questa volta vuole di più: condividere il proprio dolore con gli altri, con tutti coloro abbiano l’umanità di ascoltare, di vedere e di sentire.
E non basta ancora. Vuole scuotere le coscienze, attraverso i suoi versi doloranti, sofferenti e disincantati, divenuti intollerabili se non condivisi. Quasi una richiesta di aiuto. Ecco così che ogni frase, poesia, concetto, suscita grande e insopprimibile commozione, come fosse un lungo, rabbioso grido non più reprimibile
Dalla marea adagiato (Ad Aylan, migrante di tre anni, trovato morto sulla spiaggia di Bodrum)
Sulla battigia,
dalle onde accarezzato,
prono il corpicino tuo
come dalla marea calante
adagiato.
Bambolotto
sulla spiaggia dimenticato
da una bimba distratta
andata via in gran fretta.
Com’è fuggita da te
la tua vita bambina
in un’estate mai iniziata.
Tiepido ti scaldi il sole
e leggero ti accarezzi il vento.
Che almeno questo sonno ti sia lieve!
Mai però parlare di solipsismo nelle opere di Ester Cecere. Non si intravede alcun tipo di compiacimento del proprio dolore, semmai al contrario il desiderio dignitoso di rendere universali i suoi sentimenti di rabbia, impotenza e dolore nei confronti di un mondo che avrebbe bisogno di rispetto e cure ed invece si è trasformato in un qualcosa abituato ad assistere ad orrori, ingiustizie, guerre e violenza come fossero “normali”.
Ancora in volo (Ai popoli privi di libertà)
Ricresceranno le remiganti
amputate nei giorni della notte.
Il volo riprenderemo
tra raffiche di maestrale
e correnti lievi ascensionali.
Planeremo sicuri
sulla dilagante azzurrità.
Ancora e ancora
ci riempiremo gli occhi
delle meraviglie
di cui perdemmo la memoria.
Nonostante questa triste consapevolezza è bello che Ester Cecere non si arrenda a questa sorta di indifferenza collettiva e continui ad intessere le sue parole con il sentimento insopprimibile dell’amore.
Amore per coloro che sono diversi da noi, culturalmente, tradizionalmente, per il colore della pelle o per provenienza. Amore per la forza della vita, perché come diceva Giordano Bruno: “Un’unica Forza, l’Amore, lega e dà vita a infiniti mondi”.
Una raccota da leggere, rileggere e fare propria. Sicuramente!
Per i più curiosi: cliccare qui per il sito dell’autrice e il trailer del lbro.