Intervista all’illustratrice Anna Cercignano
Come promesso, dopo l’intervista (riportata di seguito )alla sceneggiatrice Roberta Balestrucci Fancellu, ecco quella all’illustratrice Anna Cercignano.
Insieme alla casa editrice BeccoGiallo, sono riuscite a riportare in vita le gesta di Ken Saro-Wiwa, narratore, poeta, attivista, difensore delle rivendicazioni delle popolazioni locali del Delta del Niger contro lo sfruttamento economico e ambientale da parte delle multinazionali. Sicuramente un grande affresco che racchiude la forza indomabile di questo personaggio da non dimenticare.
Come molti sanno, la terra d’Africa del secondo novecento fu miniera di leader che si batterono, a costo della loro stessa vita, contro il nuovo colonialismo economico e finanziario. Uno di questi è stato Thomas Sankara, uomo cresciuto nei ranghi dell’esercito e divenuto poi una guida per tutti coloro che sognavano un nuovo Burkina Faso, poiché la vitalità di un Paese si misura nella propria forza culturale, sociale, politica. Un altro, fu proprio Ken Saro-Wiwa.
Ringraziamo ancora una volta Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) che, con passione e dedizione, ci regalano sempre nuove emozioni attraverso le interviste ad autori di tutti i generi letterari.
Anna Cercignano, illustratrice
Quando è nata in lei la passione per il fumetto?
“Ho sempre avuto passione per il disegno. Da piccola una ragazza più grande mi mise in mano un manga. Mi innamorai della narrazione e dei disegni. Cominciai a disegnare una storia a puntate sui quaderni a righe.
Alla fine sono venuti 20 volumi da 72 pagine ciascuno, le bambine e poi le ragazze della mia classe si passavano il fumetto tra di loro.
Ma dopo un’ esperienza deludente in una scuola di fumetto (che al tempo se ne contavano poche e non erano fighe e preparate come adesso), ho chiuso con il disegno per quasi 10 anni. Meno di 4 anni fa ho deciso di fare pace con il mio più grande amore. E sono tornata sul fumetto”.
Quali sono stati i suoi fumettisti di riferimento?
“Come dicevo ho iniziato a leggere fumetti con i manga, Masakasu Katsura, Yukito Kishiro e molti altri sono stati i miei preferiti e di formazione. Pochi anni dopo aver abbandonato i manga è scemato il mio interesse per il fumetto perché ho vissuto una fase della mia vita nella quale non ero pronta ad influenze esterne.
Odio copiare, odio quando sento dire “ho inventato un pezzo alla – nome del musicista – “, mi chiedo allora cosa l’hai inventato a fare. E per molti anni ho rischiato che ciò che mi piaceva mi entrasse di prepotenza nelle vene ( ovviamente in brutta copia) e ho fortemente evitato. Insieme alla ripresa della matita pochi anni fa, ho anche ripreso a leggere fumetti e sto vivendo una fase di curiosità e affascinazione, mi sono detta: sono pronta.
Quindi non ho un autore guru di riferimento ma ho dei libri che ho amato e ne sono sempre in cerca. Alcuni autori mi restano negli occhi per lo stile grafico come Mattotti, Cyril Pedrosa, ma mi innamoro quando è la scrittura a battere le mie corde, quindi nel cuore porto 5000 km al secondo di Fior e Appunti per una storia di guerra di Gipi”.
Quando è entrata a far parte del progresso editoriale che ha consentito la realizzazione della graphic novel Ken Saro-Wiwa?
“Dopo che Roberta (Balestrucci Fancellu), ha scritto il soggetto , sono stata selezionata da Davide Calì tramite l’agenzia Book on a Tree per i disegni. A quel punto io e lei siamo state in contatto durante tutta la fase della mia lavorazione che è stata quella di trasformare la sua storia in un fumetto.
Ho così selezionato i pezzi da illustrare, siamo scese più a fondo su alcuni punti e ho aggiunto delle sfumature grafiche in più alla storia sfruttando il linguaggio delle immagini. Dopo lo story board approvato da tutti, sono passata alla realizzazione delle tavole. Davide mi ha seguito e sostenuto durante il lavoro”.
Quale tecnica grafica predilige per le realizzazioni delle sue tavole?
“Della tecnica grafica ne vado in cerca secondo il progetto. Ho fatto pace sul non avere uno stile riconoscibile, davvero, pazienza. Il libro su cui sto lavorando è assai diverso da Ken Saro e il fumetto a tema storico dell’anno prima. Ho capito ad esempio che è la matita il mio mezzo e non la china, ho capito che non mi piace la carta ruvida, che non so usare il digitale e vorrei imparare e che voglio usare il colore . La scelta monocromatica di Ken è dovuta alle tempistiche e al fatto che non volevo fare i personaggi scuri ma lasciar loro l’incarnato bianco”.
Quanto tempo a richiesto la realizzazione di questo lavoro?
“Io ho lavorato su Ken otto mesi, credo che in totale il libro abbia richiesto un anno di lavoro”.
Cosa l’ha colpita maggiormente della breve, ma intensissima, vita di Ken Saro-Wiwa?
“Uno degli eventi che mi ha colpito è quello relativo alla morte del figlio. La famiglia di Ken viveva a Londra perché per loro era diventato pericoloso stare al suo fianco. Lui si prese soli due giorni per il funerale del piccolo perché aveva fissato una lezione di sensibilizzazione alla causa Ogoni in un’ università . Ma sceso all’ aereoporto ha trovato la polizia nigeriana ad aspettarlo che lo ha scortato lasciandolo al confine. La cosa che mi ha stupito di questo è constatare quanto la sua causa fosse diventata anche la sua ossessione. Ken grazie al suo lavoro era benestante, poteva godersi semplicemente la sua fama. Per questo ho inserito il petrolio nella storia, che lo sommerge, lo affoga, che piove dalle pareti, il petrolio è la causa del malcontento di tutti, ma solo lui riesce vederlo, come un’allucinazione”.
Consiglierebbe questo libro alle giovani generazioni?
“Siamo abituati a consumare prodotti della quale ignoriamo la provenienza e soprattutto ne ignoriamo il prezzo “umano“. La mia generazione si è adagiata su certe comodità ma adesso ha anche voglia di svegliarsi da questo torpore, quindi l’unico modo per consigliare qualcosa di buono alla nuova generazione è che la mia inizi a dare un buon esempio. In quest’ottica alla mia generazione va l’incarico di trovare nuove forme per dialogare con i più giovani e se questo libro potesse far parte di questo processo, ne sarei onorata”.
Quale genere artistico rappresenta meglio la vita di Ken Saro-Wiwa?
“Tutto il filone dell’arte concettuale, dove concetto ed idea erano più importante dell’opera stessa ( questa frase riassuntiva l’ho rubata a Wikipedia), credo che rappresenti bene il carattere intellettuale di Ken. Poi però se penso a lui penso ai murales, che sono entrati nei circuiti dell’arte solo oggi, ma che secondo me è stata veramente l’arte che ha caratterizzato il nostro secolo, la protesta, l’evasione. Quindi prendete l‘arte concettuale e uniteci i murales. Ne esce fuori Ken Saro”.
Ritiene che i temi trattati nel vostro ultimo lavoro siamo oggi più vivi che mai?
“Purtroppo sì. I problemi sono gli stessi e uno dei guai più grandi che si è andato ad aggiungere è l’indifferenza. Se c’è una violazione dei diritti umani adesso lo si viene a sapere facilmente. Ma questo non ci impedisce di rimanerne troppo spesso indifferenti. Le voci fuori dal coro sono proprio quelle persone che come Ken impiegano il loro tempo e risorse alla lotta per la conquista dei diritti che dovrebbero essere scontati. Anche per loro, la storia di Ken è più attuale che mai.
Quale illustrazione potrebbe riassumere meglio la sintesi del libro Ken Saro-Wiwa?
“Sono affezionata all’immagine di lui che si immerge nel petrolio con le mani che ne fuoriescono, un secondo prima di essere richiamato da suo fratello. Quella è l’unica immagine del libro, dove lui si immerge volontariamente in questa acqua putrida e non ne viene sommerso. Per me quella vignetta rappresenta l’essenza di Ken o comunque del mio modo di leggerlo”.
Progetti per il futuro?
“Attualmente sono a lavoro sulle tavole di una nuova storia che mi vede come autrice completa, la storia parla del percorso di una madre che cerca di riconquistare la potestà genitoriale e la fiducia della piccola figlia. Questa nuova storia mi vedrà coinvolta almeno tutto il prossimo anno, anche se spero di intervallare con qualche storia breve per fanzine, magazine e blog”.