CONDANNATI A MORTE opera prima di Paola Di Nino
(Leone Editore)
Questa settimana abbiamo una scrittrice esordiente davvero particolare… Ragazza estremamente dinamica con tanti sogni nel cassetto che non si ferma davanti a niente per realizzarli! Un tipo niente male, direi, e anche piuttosto tosta. Ma, sentite qua…
Chi è Paola Di Nino
Fin da bambina desiderava vedere l’aurora boreale e cosi ha sfidato per ben due volte il rigido inverno dell’Alaska (nella foto a sinistra) e dell’Islanda, finché non è riuscita ad ammirarla. E’ arrivata fino al Canada per vedere da vicino le balene e ha raggiunto l’Egitto per capire meglio quella straordinaria civiltà.
E non è ancora tutto: si è lanciata con il paracadute da 4000 metri di altezza (nella foto a destra) e avventuratanella savana africana.
E’ appassionata di saxofono (ha suonato nella banda del paese), di ginnastica artistica, salsa acrobatica e equitazione, oltre che di avventure e viaggi, naturalmente.
Ma nella vita una donna così cosa farà, vi chiederete. Eccovi accontentati: è ingegnere delle Telecomunicazioni, laureata al Politecnico di Milano, un lavoro che le sta dando grandi soddisfazioni e in cui si impegno tantissimo.
In mezzo a tutto questo c’è anche la passione per lo scrivere, poesie (due raccolte pubblicate) ed ora anche narrativa.
Condannati a morte è la sua opera prima, anche se sta già lavorando a un nuovo romanzo, ispirato ad un suo viaggio in Kenya.
La sinossi e la recensione qui di seguito sono a firma della brava scrittrice tosco/siciliana Girolama Sansone che, come molti di voi sapranno per averla già seguita, collabora da tempo con il nostro blog attraverso le sue puntuali ed interessanti recensioni.
Di cosa parla
Koray e Azmiye sono due fratelli di nazionalità turca che vengono arrestati in flagranza di reato per aver molestato una coppia di italiani. I due fratelli, spacciatori di droga alle prime armi, volevano dare una lezione ai due giovani importunati affinché tutti nel quartiere sapessero che con loro non si scherzava e che la merce andava pagata puntualmente alla consegna.
Entrambi gli aggressori vengono rinchiusi in un penitenziario per soli uomini e a redigere il rapporto è l’unica guardia carceraria di sesso femminile che lavora in quel penitenziario. Quest’ultima scopre che la versione da lei stilata e sottoscritta al momento della ferma è stata modificata da ignoti e che il reato commesso dai due fratelli era stato trasformato in omicidio. Non essendoci più traccia alcuna del rapporto steso precedentemente la guardia carceraria comprende che i due ragazzi erano stati designati come capro espiatorio per occultare loschi traffici coinvolgenti la stessa struttura carceraria.
Certa dell’innocenza di Koray e Azmiye, la protagonista decide di fare il possibile per salvare quelle che erano divenute vittime sacrificali, anche perché la donna si innamora follemente di Koray e spera di poterlo salvare dalla pena di morte. L’esecuzione della pena capitale avviene, però, prima che la guardia carceraria riesca a dimostrare la loro innocenza e le prove portate in tribunale finiscono col diventare una magra consolazione, anche se servono per sventare la banda di trafficanti di droga che aveva architettato tutto.
Cosa ne penso
Il primo impatto con Condannati a morte è francamente coinvolgente.
A narrare la storia, scritta tutta in prima persona, è una guardia carceraria donna che, al di là dei fatti e delle
circostanze, è la vera e unica protagonista del racconto.
L’autrice mostra di possedere una buona capacità di introspezione riuscendo a descrivere in modo soddisfacente le emozioni e le sensazioni provate dagli animi più sensibili. Inoltre riesce ad immettere il lettore in un mondo, quello dei penitenziari, poco conosciuto dalla stragrande maggioranza delle persone. Anche per coloro che si occupano di difendere i diritti dei più deboli, molte volte è difficile venire a conoscenza di cosa succede realmente all’interno di certe strutture carcerarie dove, purtroppo, spesso si consumano episodi che ledono la dignità dell’essere umano.
Dal punto di vista narrativo l’opera mostra, forse per una precisa volontà dell’autrice, la presenza di pochi dialoghi e le caratteristiche tipiche di un racconto lungo ben intrecciato. Sotto questo profilo il testo possiede una sua valenza, così come la scrittura caratterizzata dalla volontà di parlare in prima persona. Proprio questa scelta, mette bene in evidenza il vissuto della protagonista mentre assegna ai co-protagonisti un ruolo marginale.
Per concludere, posso dire che Paola Di Nino (nella foto a sinistra) con Condannati a morte ha superato la non facile prova dell’esordio e che, pur con qualche inevitabile ingenuità, il romanzo risulta piacevole e riesce a catturare l’attenzione fin dalle prime pagine.Per i più curiosi: