“Errando” il nuovo libro di David Berti
Errando
di David Berti
2021, Effigi editore
Chi è David Berti
David Berti nasce l’11 aprile 1974 a Grosseto dove tutt’ora vive e lavora. Consegue all’Università degli studi di Siena la laurea specialistica in Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali. Frequenta un master alla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli Luiss in Carriera diplomatica.
Scrittore, operatore culturale, recensore, blogger, cura l’omonimo blog di letteratura https://www.davidberti.blog/
Nel 2017 è uno dei soci fondatori dell’associazione culturale Letteratura e Dintorni di cui entra a far parte del direttivo. Ricopre il ruolo di giurato in concorsi letterari di carattere nazionale.
Nel 2016, insieme a Gaetano Insabato, pubblica il romanzo Black out, mentre nel 2019 esce con una raccolta di racconti intitolata Due racconti per una notte.
Errando è la sua ultima fatica letteraria.
Di cosa parla Errando
Il protagonista, Angelo, inizia un lungo cammino, sia dal punto di vista fisico, percorrerà il tratto italiano della Via Francigena che dal Colle di Gran San Bernardo arriva a Roma, sia da un punto di vista intimo.
Un viaggio che si rivela un palcoscenico d’incontri con personaggi caratterizzati da un vissuto al limite e accumunati dalla ricerca di un’alternativa alla loro scomoda realtà. “Esistenze sviluppatesi nel fango che reclamano la luce.” Dice l’autore.
Lungo questo cammino, costellato dalle bellezze paesaggistiche d’Italia, Angelo incontrerà dunque tante persone, tante esistenze diverse che gli strani casi della vita fanno incrociare e che lo condurranno verso nuove consapevolezze.
Cosa ne penso di Errando
In questo interessante romanzo si parla di viaggo, ma non solo. Lo si capisce subito dal titolo. Errare significa, sì, vagare senza direzione o meta certa, ma anche cadere in errore. Già da subito, quindi, siamo alle prese con un dilemma: l’autore parlerà di un cammino fisico o di un cammino spirituale incorniciato da errori?
David Berti spazia in questo senso. Ecco così che errare, nella sua duplice accezione, assume un significato più ampio, esistenziale. Il protagonista, cerca di colmare il senso di vuoto che ha nell’animo cercando, attraverso il distacco dalla vita quotidiana e ripetitiva, nuove consapevolezze.
Per godere del grande gioco della vita, non possiamo prescindere da passi falsi, sbagli. L’errore non è infatti indice di incapacità e di inadeguatezza. Più sbagliamo più vuol dire che stiamo sperimentando, esplorando, con coraggio e forza. La vita è un gioco strano dove si vince anche perdendo: significa esistere. Pagine che vanno lette con lentezza, riflettendo sul fascino della scoperta continua dell’esistere.
In letteratura poi la tematica del viaggio è ricorrente. Anche perché lo spostamento è da sempre insito in noi esseri umani, fa parte della nostra natura. E qualunque sia il motivo che ci porta a viaggiare, cosa certa è che i sentimenti di chi viaggia, nel percorso, si fanno comuni con altri individui, amplificandosi, divenendo collettivi.
Nonostante aleggi nell’aria un sentimento di incompiutezza, il viaggio non viene visto come vana ricerca di un senso nella vita dei protagonisti. Non si trova la completa disillusione dell’Ulisse di Joyce, dove l’autore sottolinea la mancanza di ideali del mondo moderno. L’autore qui ha sempre la speranza che accada qualcosa di buono e che prevalga su ciò che c’è di sbagliato.
Angelo Falconieri aveva sempre amato viaggiare. Sentiva un impulso innato a vagare per il mondo alla scoperta della sua sconfinata diversità di paesaggi e culture. La mente e l’anima si nutrivano nel confronto con il nuovo e il diverso.
Perché, vedete, alla fine la magia del viaggio è sempre la stessa da quando esiste l’uomo: la capacità di rivivere le nostre esperienze e cultura, in un ambiente, ma soprattutto in una condizione interiore sorprendentemente creativa e stimolante. E poi l’emozione del nuovo, del non sapere precisamente cosa ci si aspetta, l’apprensione per eventuali disagi ed insieme la speranza che gli imprevisti si traducano in opportunità.
Opportunità di nuovi saperi, conoscenze, amicizie, forse anche amori. E anche se per ipocrisia o pudore ci impediamo di pensarlo, a livello latente queste sensazioni ci sono tutte e sono quelle che rendono interessante il viaggio, che infondono ogni volta energia aiutandoci a superare la paura dell’ignoto.
Cosa ci lascia quindi questo romanzo, ben fatto, stimolante, colto e a tratti impietoso nei confronti dell’esistenza e dei protagonisti?
Sicuramente la sensazione che la vita è spesso ingiusta.
Che la felicità è un desiderio difficilmente realizzabile.
Che alla fine di ogni viaggio saremo persone diverse. Arricchite, forse.
Ma anche che certi interrogativi non potranno mai avere risposta, se non nel nostro cuore. E questo non dipende dalla latitudine o longitudine di dove ci troviamo.
Perché, come diceva Marcel Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi».
Dianora Tinti, scrittrice e giornalista
Fotografie Lorella Santori