Fumetti: intervista a Davide Aicardi, sceneggiatore Disney

Fumetti: intervista a Davide Aicardi, sceneggiatore Disney


Chi ci segue sa quanto è grande il nostro interesse per i fumetti e per chi li crea. Questa volta abbiamo intervistato lo sceneggiatore Davide Aicardi, a cui seguirà Giulia Lomurno, illustratrice. Insieme alla colorista Martina Andonova, hanno dato vita alla nuova storia Paperino Paperotto – Un magico mondo alla fattoria pubblicata sull’intramontabile settimanale Topolino. 


Davide Aicardi si forma come allievo a bottega di Carlo Chendi. Scrive per televisione, cinema, podcast e fumetti. È autore musicale, chitarrista e songwriter della band di pop-rock elettronico Messer DaVil. Ha collaborato alla scrittura di molte serie tv, tra cui Camera Cafè, The Avatars, Life Bites, Piloti, e cartoni animati, tra cui WinxClub, PopPixie, Le Straordinarie Avventure di Jules Verne, Egyxos e World Of Winx.

 

Ha pubblicato negli States la serie a fumetti Extinction Seed, la saga disneyana Donald Quest per IDW Publishing e scritto per gli Angry Birds. È autore di Violet, il web-comic pubblicato da Repubblica.it.

 

Nel 2012 ha vinto il Premio Bixio come miglior sceneggiatore per una serie tv e il premio Pitch Me!, di Cartoon on the Bay, per il miglior progetto di serie animata. Attualmente è docente di sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia nella sede di Milano. Ha collaborato e collabora con vari marchi, network, produttori televisivi, studi d’animazione ed editori. Tra questi Mediaset, Rai, The Walt Disney Company, Disney Channel, DeaKids, Ferrero, Rizzoli, Piemme, MTv, Rainbow, SuperProd, Star Comics, Horrible Guild, GG Studio, Sergio Bonelli Editore, Radio DeeJay, Panini Comics, Cartoon Network e Netflix. È tra gli autori del settimanale Topolino e attualmente sta lavorando in ambito cinematografico per il mercato americano e scrivendo il suo secondo romanzo.


Davide, quando è nata in lei la passione per il fumetto?

“Ero piccolo, molto piccolo. Nella soffitta della casa di campagna dove mio papà accumulava le cose da tenere, c’erano moltissimi numeri della rivista Corto Maltese (della Milano Libri Editore ndr). Contenevano disegni (allora mi affascinavano quelli) bellissimi. Inoltre, in allegato, spesso presentavano delle vere chicche. Grazie a Corto Maltese conobbi (ma non riconobbi perché ero troppo piccolo) Watchmen di Alan Moore e Batman Year One di Frank Miller che posseggo ancora e custodisco gelosamente in quella edizione.

Il primo amore, consapevole stavolta, fu invece Topolino. Quando avevo sette anni, il settimanale, un mercoledì, regalava una cassetta musicale contenete due storie, una per lato, il corrispettivo dei moderni audiolibri. La prima era di Iridella ma la seconda… del mitico Big Jim. Ho consumato quel nastro, e non ho mai più lasciato Topolino. L’immersività nel mondo fumetto è però arrivata a 12 anni con la lettura del mio primo Dylan Dog (La Scogliera Degli Spettri ndr). Dà lì in poi sono diventato addicted e ho voluto capire i meccanismi di quel mondo a tal punto da farne un lavoro”.

Quali studi sono stati necessari per diventare sceneggiatore nel mondo Disney?

“Leggere tutto quello che si può leggere dell’esistente, direi che è la prima cosa. Poi io ho avuto la fortuna di essere stato allievo a bottega di Carlo Chendi che è uno degli sceneggiatori Disney più prolifici e apprezzati di sempre. Lui mi ha insegnato molto. Ma credo che la risposta più onesta sia che il mondo fumettistico Disney, e questo potete constatarlo leggendo le testate dedicate, è in continua evoluzione e con esso quello che si deve imparare per scriverlo e inventarlo.

 

In questo senso, oltre alla continua lettura di titoli vecchi e nuovi, alla quale dedico quotidianamente una porzione della mia giornata, fondamentale, almeno per me, è il rapporto di confronto con il mio editor all’interno della redazione. Ho la fortuna di essere seguito da Davide Catenacci che, ogni volta, riesce a spiegarmi, insegnarmi, mostrarmi qualcosa che non sapevo. È davvero un pozzo di scienza Disneyana. Nessuno studio specifico, quindi, se non tanta curiosità e voglia di mettersi in gioco e in discussione. A un giovane che si volesse approcciare alla scrittura di Paperi e Topi suggerirei comunque di non limitarsi a leggere storie Disney, l’ispirazione arriva davvero da ogni parte”.

Come è nato il suo rapporto lavorativo con Carlo Chendi?

Carlo, in quel periodo, frequentava spesso la redazione di Striscia La Notizia, dove aveva degli amici. Bazzicando io anche nel mondo televisivo, conoscevo a mia volta delle persone che gravitavano intorno a Lago Dei Cigni (sede degli studi della trasmissione a Milano 2 ndr). Una di queste mi raccontò che uno sceneggiatore Disneyano veniva sovente a trovare Antonio (Ricci ndr) così gli feci la posta. Era Carlo. Gli raccontai le mie aspirazioni e lui mi chiese di leggere dei soggetti che gli feci avere, tramite l’amico di Striscia, prontamente, pochi giorni dopo su un floppy disk da 3.5.

Ebbene, sì. Era molto molto molto tempo fa e la galassia lontana lontana dove mi trovavo si chiamava Torino, dove studiavo architettura. Fù nella città della Mole che incontrati Carlo la seconda volta, al Salone Del Libro. Pochi giorni prima, infatti, mi aveva mandato una mail nella quale mi diceva che aveva letto i soggetti e che voleva incontrarmi in occasione di una sua visita alla manifestazione. Non ci separammo più. Divenni suo allievo a bottega e lui il mio maestro, mentore e amico. Non abbiamo mai davvero lavorato insieme su un progetto comune. Ma il confronto e il supporto sono stati continui. Ora che non c’è più mi manca moltissimo e mi trovo spessissimo a domandarmi: sì, ok, ma Carlo cosa mi avrebbe consigliato?. Probabilmente di buttarmi e di non pensarci troppo”!

Qual è stata la sua prima pubblicazione su Topolino?

“La storia Donald Quest – Il Mare di Mais comparsa in Italia su Topolino 3242 a gennaio 2017. I disegni sono dell’amico (genovese e sampdoriano come me) Francesco D’Ippolito”.

Com’è nata la sceneggiatura di Paperino Paperotto – Un magico mondo alla fattoria?

“Durante una cena mi sono trovato a scherzare giocando con il cibo (non si fa, mi raccomando, non si gioca con il cibo!) e immaginando che quello che si stava mangiando fosse tutt’altro, come fa Calvin nei fumetti di Bill Watterson. Adoro il magico mondo di Calvin & Hobbes da sempre e ho pensato che quello sarebbe stato un meccanismo fantastico per raccontare le fantasie del piccolo PP8.

 

Inizialmente, nella mia idea, la capretta Billy era una sorta di Hobbes di Paperino ma poi (parlando con Davide, appunto) questa idea è stata abbandonata e si è trovata la direzione che si può leggere oggi nelle storie del ciclo. Un’altra cosa che mi interessava era, oltre a mettere in scena il meccanismo di gioco che tutti abbiamo vissuto da bambini, esplorare comicamente alcuni generi ed ecco così nascere le ambientazioni piratesche, western, sci-fi, fantasy… attualmente stiamo lavorando su un nuovo capitolo ammantato di atmosfere noir”.

Sogni nel cassetto?

“Questa per me è una domanda difficile. Essendo un irrequieto vorrei sempre fare mille cose di più di quelle che posso e riesco a fare. Diciamo, che se dovessi scegliere su cosa concentrarmi nei prossimi anni, senza abbandonare nulla di quello che già faccio, mi piacerebbe intensificare la mia attività di songwriter per altri interpreti e, per completare il cerchio dei primi amori fumettistici, scrivere per Dylan Dog. Tutto questo dopo aver battuto Djokovic nella finale del Roland Garros, ovviamente”.


Intervista a cura di Fausto Bailo, promotore culturale, e della Premiata Libreria Marconi di Bra (CN)


 

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