“Il diario del silenzio. Storie reali di quarantena” di Martina Vaggi
Chi è Martina Vaggi
Nata a Voghera nel 1991, Martina Vaggi vive a Sale un paese in provincia di Alessandria. Laureata in Lettere moderne a Pavia, coltiva da sempre una grande passione per la scrittura, nata sui banchi di scuola e consolidata negli anni di studio, fino all’università quando inizia a lavorare per diverse testate locali e riviste on line, come BlogLive.it, DotSport.it e Blasting News.
Subito dopo la laurea collabora con Jab Media TV, la web tv di riferimento per l’informazione in provincia di Pavia.
Nel frattempo trova lavoro nel campo della ristorazione senza mai rinunciare al sogno di scrivere un libro. Nasce così, dalla passione e dalla perseveranza, Pensieri surreali di gente comune, un blog che si appoggia alle pagine Facebook e Instagram, dove l’autrice quotidianamente dà voce a emozioni e riflessioni, sue e di altre persone, ispirate alla vita quotidiana.
È il 2017 ed è anche l’inizio del percorso che approda tre anni più tardi, in piena pandemia, all’opera prima Il diario del silenzio, sottotitolo Storie reali di quarantena, autopubblicato dalla stessa autrice.
Di cosa parla Il diario del silenzio. Storie reali di quarantena
Il diario del silenzio è una raccolta di cinquanta storie, raccontate dai protagonisti direttamente all’autrice: testimonianze di vita, di lavoro, riflessioni e pensieri ambientate durante il periodo del lockdown e la prima ondata della pandemia. I luoghi sono i più vari, da Codogno, a Milano, a Sale, il paese dove vive l’autrice, a Firenze, a una qualunque autostrada che corre verso Milano, oppure a tanti ospedali in varie parti d’Italia.
Luoghi di vita quotidiana stravolti, insieme alle persone, da un evento prevedibile, ma imprevisto, che arriva con il suo carico di incredulità, ansia, paura, morte e cambiamento. E tanti personaggi, da Enea che apre la raccolta a Filomena che la chiude. In mezzo Michele, il bambino di Codogno che perde la palla, il signor Andrea che sta per chiudere la sua azienda perché con la pandemia non si riesce a lavorare, Giacomo e la figlia Margherita che per lavoro trasportano animali domestici a chi ne ha bisogno.
Storie di infermieri, medici, pazienti, insegnanti, titolari di aziende, forze dell’ordine, che affrontano e vivono a loro modo la pandemia.
Il libro è diviso in tre capitoli, L’inizio, Resistere e La riapertura; ogni racconto ha per titolo il luogo in cui si svolge, la data in ordine cronologico, da 21 febbraio all’8 agosto 2020, con l’aggiunta del numero del giorno di quarantena, dal primo dell’8 marzo al numero 69, il 15 maggio. Tutte storie reali come recita il sottotitolo, raccontare come in un diario, appunto, da leggere per non dimenticare quello che è successo e sta accadendo di nuovo.
Cosa ne penso (a cura di Lina Senserini)
Si dice sempre che i personaggi dei libri, una volta creati sfuggano al controllo dell’autore e comincino una propria vita, pretendendo di scegliere come vivere piuttosto che come morire. E poi ci sono storie in cui i protagonisti – veri o inventati – continuano il loro viaggio nella fantasia del lettore, che si sorprende a chiedersi chissà cosa avranno fatto dopo, quando il punto mette fine alla storia. È il caso delle persone – non personaggi, poiché sono tutte storie costruite su testimonianze reali – che popolano Il diario del silenzio di Martina Vaggi.
Alla fine del racconto verrebbe naturale voltare pagina e riprendere a leggere proprio quella storia di quella persona, perché ciò che l’autrice ha scritto potrebbe succede a ognuno di noi. Il tema purtroppo è di estrema attualità: tutti i racconti parlano di pandemia, sono ambientati nel periodo tra i primi casi di Covid in Italia e la fine di agosto, quando con troppo ottimismo si pensava che il virus fosse stato sconfitto.
Ecco allora la storia di Paolo, il vigile del fuoco, delle infermiere Isabella, Alessandra, Amanda, Luana, di Dorotea, il medico, di Tommy, il fattorino, della signora T., la terapista che si è messa volontariamente a disposizione del personale sanitario per aiutare chi non sopporta più lo stress. Poi Eleonora, l’insegnante alle prese con la didattica a distanza, Niccolò, imprenditore edile, Riccardo, il tributarista…e tanti ancora. 45 testimonianze per 50 storie, perché in alcuni casi i protagonisti sono gli stessi, scritte in poco più di due mesi, di getto verrebbe da dire.
Il diario del silenzio non è un libro di speranza, non è un libro di fede, né di falso ottimismo, tamtomeno scritto con la curiosità morbosa che spunta dalle storie di dolore e sofferenza (degli altri). È un racconto corale, ma con tanti diversi punti di vista, sul cambiamento che il Covid ha portato nella vita di tutti. Un virus spietato che ha chiuso tutti in casa, che ha messo a nudo debolezze e paure, inaspettate energie e coraggio, ma anche isolamento e solitudine.
L’autrice questo ha fatto, ha descritto la solitudine con cui ognuno dei protagonisti – e con loro tutti noi – ha combattuto in un modo o nell’altro per sopravvivere. Infatti la dedica recita: «A chi non è sopravvissuto e ha trovato la pace. A tutti gli operatori sanitari che hanno combattuto la bestia, cercando di domarla. A chi ha vissuto la malattia e il disagio economico ed è stato disposto a raccontarmelo. Questo libro è dedicato a voi».
Scritto in un linguaggio semplice e scorrevole, a tratti colloquiale, non risparmia la crudezza del dolore, né indugia sul compiacimento dello scrittore che sa di avere in mano qualcosa di grande da raccontare. Perché l’atto di scrivere di Martina Vaggi è l’atto di umiltà di chi si siede e ascolta. Letto oggi, il suo libro, in piena e violenta seconda ondata di pandemia, mentre ogni giorno si attende fatalmente il bollettino dei morti, acquista anche un nuovo significato: che non si impara mai abbastanza, che si dimentica in fretta lo scampato pericolo per lanciarsi a tutta velocità contro uno nuovo.