Il gatto rosa
La mia amica Anna aveva un magnifico gatto rosa. Era un gatto senza nome, ma con una fortissima personalità.
Mia figlia da piccola lo chiamava GA’ ed è con questo nomignolo che mi riferisco a lui nei miei pensieri.
GA’, dunque, era sicuramente maestoso e un po’ superbo, forse per quel suo incredibile pelo dai riflessi rosa, forse perché viveva in un grande appartamento che abitava da solo per la maggior parte del tempo. La qual cosa, secondo me, gli aveva fatto pensare di essere lui il padrone di casa e gli altri, compresa Anna, ospiti che accoglieva con una certa diffidenza.
D’altra parte, signori si nasce e lui era nato sicuramente tra la nobiltà dei gatti o forse era la reincarnazione di un principe, chissà.
Fatto sta che raramente , direi mai, ho visto un animale meno selvatico di lui, con un carattere così definito pur non avendo il dono della parola. La sua presenza si avvertiva così come non si poteva ignorare il suo sguardo dorato e leggermente infastidito da noi plebei .
Anna lo aveva sicuramente umanizzato, ma ciò era anche in relazione con le caratteristiche tanto speciali di GA’ che non gradiva bocconcini né croccantini, neppure quelli costosi e pubblicizzati. Mangiava carne scelta, il nostro eroe : macinato magro e rigorosamente di giornata. Altrimenti era capace di digiunare e mostrare il suo disappunto allontanadosi sdegnato.
La sua bellezza e la purezza delle sue origini avevano indotto altri amanti di gatti a chiedere ad Anna che venisse fatto accoppiare con un’altra bellissima gatta persiana, anche lei dal pedigrì indubitabile.
Così i due vennero fatti incontrare, ma GA’ non dimostrò alcuna attenzione per la signorina di cui sopra.
La guardava perplesso e girava le terga, secondo me indignato da questa intrusione nel suo regno.
Fu così che, nonostante ripetuti tentativi, l’accoppiamento non avvenne e la razza rosa non potè perpetuarsi, almeno non grazie al nostro amico. Il quale, secondo Anna, era assolutamente convinto di essere un umano proprietario di appartamento e single per scelta e quindi, giustamente, era inorridito alla prospettiva di “mettere su famiglia”, gattescamente parlando, e perdere il suo alone di bello e impossibile.
Chissà, caro GA’, se sei andato nel paradiso dei gatti o se invece brilli da qualche parte come costellazione del gatto, non ancora identificata, ma senz’altro luminosa.