Iuri Lombardi ci parla di Il sarto di San Valentino

Iuri Lombardi ci parla di Il sarto di San Valentino

Iuri Lombardi

Iuri Lombardi è poeta, scrittore, saggista e drammaturgo. Vive a Firenze. Dopo essere stato editore, approda con altri compagni nella fondazione di Yawp – L’urlo barbarico.

 

Per la narrativa ha pubblicato i romanzi: Briganti e Saltimbanchi, Contando i nostri passi, La sensualità dell’erba, Il Cristo disubbidiente e Mezzogiorno di luna.

 

Per la Poesia: La Somma dei giorni, Black out, Il condominio impossibile; lo zoo di Gioele, La religione del corpo come racconti: Il grande bluff, la camicia di Sardanapalo, I racconti.

 

Per la saggistica: L’apostolo dell’eresia. Per il teatro: La spogliazione e Soqquadro.

Nel marzo di quest’anno esce il libro di poesie Il sarto di San Valentino edito da Ensemble.

 

Ringraziamo Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) per la preziosa collaborazione.

Quali sono stati i suoi primi passi come poeta?

“I primi passi, o come si dice gli esordi, risalgono a circa venti anni fa, quando con la caparbietà di un adolescente, o poco più, iniziai a collaborare con le prime riviste letterarie e quindi a pubblicare i primi lavori in rivista. E’chiaro che nasco poeta poi, sempre giovanissimo, passai alla narrativa con i racconti. Si trattava di racconti su tematiche sociali, di cui ne è pregna anche la mia poesia, che poi uscirono in volume molti anni dopo.

L’esordio del poeta risale a tanti anni fa, sin dalla adolescenza ogni cosa che vivevo, o vedevo o comunque mi coinvolgeva emotivamente, cercavo di fermarla su di una “partitura” versificata e non certo con la malizia del poeta di oggi, scrivevo a versi liberi ed erano summe di pura emozione. Poi l’attività di poeta si è accresciuta negli anni, è decisamente diventata matura al punto di essere oggetto di tecnica; uno spazio verticale equilibrato da tecnica e sentimento, da forma e contenuto.

Allo stesso tempo, la stessa cosa è avvenuta per la narrativa; dai racconti passai al romanzo con rapida ascesa di abilità tecnica. E alla fine le due occupazioni, cioè quella del poeta e quella del romanziere, vanno di pari passo, convivono. Oggi, nel mio presente si sono aggiunte anche la scrittura drammaturgicaho scritto 4 opere teatrali- e quella saggistica con due libri di saggi alle spalle”.

Quali sono i suoi poeti di riferimento?

Sicuramente autori europei. I poeti francesi moltissimo, ma anche quelli russi, autori di un certo emozionismo letterario, autori visionari per certi aspetti, è forse sufficiente pensare a Esinin per trarre le conclusioni. Poi per i poeti italiani certamente, in un primo momento, Pasolini, poi invece, nel crescere, le poesie racconto di Pavese o certi poeti dell’ermetismo come Gatto e Penna, Bertolucci, Caproni; insomma l’appello è fatto di tanti nomi che mi hanno influenzato. Non in ultimo la canzone di De Andrè che è poesia a tutti gli effetti e nessuno in Italia ha scritto come Fabrizio, per cui inevitabilmente è stato il poeta, se pur in musica, che più mi è rimasto dentro”

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Qual è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere Il Sarto di San Valentino?

Non credo si tratti di una scintilla. Scrivo poesia da sempre e periodicamente, forse per il tentativo di chiarire qualcosa, di trarre una linea pubblico in volume le liriche. D’altronde Il Sarto di San Valentino è la mia quinta raccolta poetica.

 

A differenza delle precedenti raccolte direi che si tratta di un’opera più tecnica, più di stile. Una silloge in cui si percepisce il contenuto a partire dalla cancellazione dell’io sostituito da un noi, ma si percepisce anche la forma. Nel Sarto di San Valentino ci sono minuziose sfumature importanti e poi, forse, in ultima analisi è l’opera poetica più musicale che abbia scritto sinora. Insomma si tratta di una silloge importante che, come ha evidenziato il mio amico Antonio Merola, è forse l’opera di poesia che segna una mia svolta poetica: si dovrà parlare quindi di un prima del SDSV e di un dopo.

 

Non vorrei essere prolisso ma nello specifico nel Sarto convivono temi e tecniche da sempre implicite nei miei versi, nei miei componimenti: questo libro è meno introverso, è spudoratamente esplicito al punto che lo avrei potuto intitolare con il mio nome e cognome. Il Sarto sono io“.

Che cos’è per lei la poesia?

“La poesia come la letteratura in genere è un modo di vivere e io conosco questo modo di vivere. Da sempre. Tuttavia, necessita fare una distinzione, quasi una purificazione per un igiene letterario: per me la poesia è soprattutto una messa tra parentesi, un buco del linguaggio che, come ci suggerisce Lacan, è sempre in contrasto con se stesso, e spesso per essere tale, per affermarsi si nutre di incidenti semantici.

La distinzione però è anche il sapere separare la letteratura dalla poesia; oggi la letteratura è la narrativa e non la poesia che, invece, si nutre di luce proprio e per varie ragioni – di pubblico, storiche, antropologiche- si è discostata dalla letteratura ed è oggi una cosa a sé”.

Dario bellezza

Se dovesse fare una classifica tra cinque poeti apparsi nei cinque continenti nel secolo scorso quale omaggerebbe con una poesia?

 

“Di poeti che ho omaggiato sono diversi… ho scritto poesie dedicate, e che portano il nome del poeta soggetto della dedica, a Celine – che è uno scrittore- a Bellezza. Quindi sia implicitamente che esplicitamente ai poeti ho sempre dedicato versi; come se fossi in colloquio con loro: in un dialogo continuo e mai interrotto”.

Progetti per il futuro?

“A parte pubblicare il terzo volume di saggi, ho esigenza di tornare al romanzo e nello specifico a quello così definito di formazione. Sto per adesso prendendo appunti e sarebbe il mio sesto romanzo. Poi la frequentazione con le riviste letterarie e poi, in primis Yawp l’urlo barbarico, la rivista che assieme ai miei amici e compagni di strada oramai da due anni abbiamo fondato e, grazie alla sorte, non solo ci impegna molto ma sta andando molto bene”.

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