Intervista a Matteo Strukul, vincitore del Bancarella 2017
Recentemente ho avuto il piacere di intervistare il noto scrittore Matteo Strukul, balzato agli onori della cronaca letteraria grazie al successo ottenuto con la sua quadrilogia (Newton Compton) dedicata alla famiglia fiorentina de’ Medici con la quale ha vinto l’ambito premio Bancarella 2017.
L’autore infatti, con grandissimo talento e fedeltà storica, ha ripercorso la storia della potente famiglia fiorentina a partire dal suo capostipite Cosimo Il vecchio (“Una Dinastia al potere”, fra l’altro caso editoriale della Fiera di Francoforte del 2016), passando per Lorenzo Il Magnifico (“Un uomo al potere”) e la regina di Francia Caterina de’ Medici (“Una regina al potere”) fino ad arrivare all’altra regina, Maria de’ Medici (“Decadenza di una famiglia”).
Chi è Matteo Strukul
Strukul è nato a Padova nel 1973. Laureato in giurisprudenza e dottore di ricerca in diritto europeo, prima della fortunate saga sui Medici, ha pubblicato diversi romanzi (La giostra dei fiori spezzati, La ballata di Mila, Regina nera, Cucciolo d’uomo, I Cavalieri del Nord, Il sangue dei baroni).
Scrive per le pagine culturali del «Venerdì di Repubblica» e vive insieme a sua moglie Silvia fra Padova, Berlino e la Transilvania, un mondo, ci dice, che ha scoperto relativamente di recente a causa dell’origine del suo cognome.
Oltre che scrittore, è sceneggiatore di fumetti, traduttore, padre del movimento Sugarpulp e direttore artistico dell’omonimo festival.
Partiamo dall’ultimo volume della saga: Decadenza di una famiglia. Di cosa tratta?
“Qui siamo nel diciassettesimo secolo a Parigi e la fiorentina Maria de’ Medici diventa regina sposando Enrico IV di Borbone. Si trova ben presto però a fare i conti con intrighi, amanti del marito e suo figlio stesso.
Inoltre Maria (come Caterina a suo tempo) è molto osteggiata in quanto straniera, perlopiù italiana, e i francesi non sono con lei molto teneri. Quando Enrico IV muore, vittima dell’ennesimo complotto, è l’artefice dell’ascesa inarrestabile di un astro di prima grandezza nella politica francese: il cardinale di Richelieu. Ma proprio lui, acquisito un potere sempre maggiore, la tradirà, dimenticandosi di quanto lo ha aiutato.”
Si aspettava un siccesso di queste proporzioni?
“Non mi aspettavo certamente un successo di questa portata e, ancora oggi, mi meraviglio nell’apprendere che i miei romanzi sono stati tradotti in 11 lingue rimanendo per mesi in vetta alle classifiche di vendita non soltanto italiane ed europee, ma anche di altre zone del mondo come l’America latina. Forse, quello che ha attirato non è stata solamente la storia di questa grande dinastia, ma anche il racconto della rivoluzione culturale del Rinascimento, quando il nostro paese era modello di bellezza e magnificenza per tutta l’Europa”
Quanto studio c’è dietro l’appassionante quadrilogia sugli intrighi della signoria fiorentina galante e peccaminosa, colta e ambiziosa De’ Medici?
“Tanto. Ho studiato anche due mesi consecutivi per scrivere solo poche pagine. Complessivamente, diciamo tre anni di lavoro complessivo. Il romanzo storico ha bisogno di più attenzione e cura rispetto ad altri generi. E poi non soltanto è necessario conoscere e riportare alla perfezione la storia, ma anche capire quali sono gli avvenimenti più importanti per la narrazione e quindi effettuare una scelta nella miriade di nozioni senza fare errori, perché oggi il lettore è molto attento.”
Quali testi ha privilegiato nello studio?
“Per le ricerche e lo studio mi sono basato sulle storie fiorentine di Niccolò Machiavelli, la Storia d’Italia di Francesco Guicciardini e altre monografie, insomma tantissimi testi per capire un po’ come era la forma mentis e la vita rinascimentale.”
Perché proprio la famiglia De’ Medici?
” La ragione è stata che vi erano molti saggi ma pochissimi romanzi su di loro. Paradossalmente, poi, quasi tutti testi scritti da autori non italiani. Ho notato questa lacuna e, siccome mi sarebbe piaciuto, da lettore, avere a disposizione romanzi su questa famiglia, me li sono scritti. Francamente ancora non mi spiego perché i romanzieri italiani non abbiano dedicato un po’ del loro tempo a questa parte straordinaria di storia italiana.”