Musica: intervista esclusiva a Vanni La Guardia dei C.F.F.

Musica: intervista esclusiva a Vanni La Guardia dei C.F.F.

Senza la musica per decorarlo, il tempo sarebbe solo una noiosa sequela di scadenze produttive e di date in cui pagare le bollette. (Frank Zappa)

Il gruppo musicale C.F.F. festeggia vent’anni di musica, di passione, di emozione e da pochissimi ore è uscito il nuovo disco: DiVenti.

Ricordiamo che i C.F.F. (fino al 2013 noto come C.F.F. e il Nomade Venerabile) sono un gruppo musicale italiano originario di Gioia del Colle (BA), nato nel 1999 e attualmente formato da Anna Maria Stasi (voce, tastiera, scenografie), Anna Surico (chitarre, sequenze, programmazioni) e Vanni La Guardia (basso, percussioni, cori).

Siamo quindi veramente molto orgogliosi di festeggiare questo importante “compleanno” in compagnia di Vanni La Guardia, componente storico del gruppo.

Anche per questa intervista, ringraziamo Fausto Bailo e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn)

Vanni, quando è avvenuto il suo incontro con la musica?

“I miei primissimi ricordi risalgono a “La voce del padrone” di Franco Battiato. Potevo avere 8-9 anni. Nella Talbot Solara di mio padre, tra le altre, c’era quella musicassetta, che gli chiedevo di mandare e rimandare di continuo, nell’interminabile e meraviglioso viaggio che nelle vacanze estive ci portava da Gioia del Colle (città dove sono nato e abito) in Trentino Alto Adige.Summer on a solitary beach” fungeva da colonna sonora piuttosto stridente, al cospetto delle vette dolomitiche che gradualmente andavano a puntellare il cielo. Forse già allora, nell’inconscio, iniziava a farsi spazio l’idea che arde di contrasti il cuore più profondo di ogni forma d’arte.

 

Un’altra canzone che, grossomodo nello stesso periodo, ha affondato le radici nel mio mondo emotivo, non abbandonandolo più, è “Bella d’estate” di Mango: una micidiale mazzata di malinconia di cui ancora adesso avverto sistematicamente gli effetti.Poi sono arrivati i CCCP.

 

Costrinsi l’autista che guidava il bus turistico a Barcellona a inserire nell’autoradio la cassetta di “Affinità e divergenze” e, proprio davanti alla Sagrada Familia, il basso di “Curami” iniziò a martellare e cadenzare l’infinita litania “solo una terapia”. Ho ancora impresse nella memoria le facce dei miei genitori, di mia sorella e degli zii che erano con me. Ricordo tutto come se fosse ieri. E credo che lo ricordino bene anche loro…
Devo molto ai CCCP. Anche la scelta dello strumento da suonare, maturata definitivamente dopo aver ascoltato il basso di Maroccolo in “Epica Etica Etnica Pathos”, ma già accarezzata mentre sul giradischi lasciavo deflagrare i vinili “Lo spirito continua” e “Little dreamer” dei Negazione e, attraverso i loro testi, scoprivo il bassista Marco Mathieu.
Gianni Maroccolo e Marco Mathieu (a cui va il mio pensiero, in questo momento difficile della sua vita).

 

Due persone che hanno dato prova di essere molto più che musicisti. Nulla di meno scontato. Nel mondo dello spettacolo non sempre è prudente andare al di là di una conoscenza a distanza dei propri artisti di riferimento.
E’ proprio ascoltando i dischi nella mia stanza che è avvenuta la svolta. La musica intercetta qualcosa che sta nei pressi del mistero ed è in grado di tracciare e segnare percorsi. Sono certo che continui a rappresentare per tanti l’occasione di lasciarsi sorprendere, scuotere, per riattivare entusiasmi che si credevano persi tra moviole in campo, reality show e folle di monadi incollate agli smartphone o a bulimiche vetrine di centri commerciali”.

Quando nasce il gruppo musicale C.F.F. e il Nomade Venerabile? Come è stato l’inizio?

“Nel 1999, quindi esattamente 20 anni fa. Ero nel bel mezzo degli studi universitari e avevamo l’abitudine di incontrarci la sera in un pub che si chiamava “One’s day”. Proponeva le porzioni di patatine fritte più grandi ed economiche di tutta Gioia del Colle e ottime birre, tra cui la mia adorata Wellington. Fu lì che, archiviati alcuni progetti musicali piuttosto estemporanei e piegati dalla noia di una città poco vitale e stimolante, insieme ai miei amici Nicola Liuzzi, Pasquale Paradiso e Pippo De Bellis, pensammo di mettere su una band che andasse al di là del concetto di musica in senso stretto. Da allora si sono susseguiti una serie di cambi di formazione, fino all’attuale.

L’inizio della storia è racchiuso nella frase di una nostra canzone che è diventata una sorta di mantra: “Il meno è combustione”. Il minimo che possiamo fare per onorare la vita è bruciarne.
E se manca l’ossigeno, indispensabile al divampare del fuoco, occorre andarselo a cercare. E’ quello che abbiamo fatto, armati di incoscienza e, insieme, determinazione. Ci siamo messi su un furgone e abbiamo iniziato a macinare migliaia di chilometri per suonare dappertutto.

E’ chiaro che in un paese fatto in buona parte di paesani (nell’accezione negativa che a costoro ha recentemente dato un illuminato Franco Arminio), questa scelta può essere percepita quasi come un atto di spocchia. Al punto che siamo anche stati oggetto di meschinità e ipocrisie, magari da persone che non erano mai uscite da quel ristretto giro che noi stessi avevamo contribuito a creare all’inizio e che non avevano nessuna idea reale di cosa significasse per noi suonare, dell’anima che ci mettevamo e continuiamo a metterci, delle difficoltà, delle rinunce e anche della voglia di cimentarci in situazioni nuove, dell’esigenza di respirare quell’ossigeno.
Non ci ha mai interessato sederci all’affollato e paludoso tavolo del chiacchiericcio. Abbiamo sempre cercato di costruire, con le nostre sole forze, un percorso personale, che si rifiutasse di disperdere le proprie energie svilendo quelli altrui.

E pazienza se questo significa vivere momenti di isolamento o solitudine. Si sa, spesso è la condizione da accettare per pagare il prezzo altissimo della libertà e così lasciare le porte aperte alle scoperte inattese, agli orizzonti infiniti in cima alle salite, proprio come accade durante le escursioni montane, altra mia grande passione.
Abbiamo colorato quegli orizzonti di molte gioie e soddisfazioni: 6 album pubblicati, più di 400 concerti e 20 festival vinti in tutta Italia (tra cui ricordiamo con particolare emozione il “Premio Pierangelo Bertoli” al Teatro Carani di Sassuolo), premi della critica ricevuti da Ellade Bandini e Daniele Sinigallia, targa “Premio Speciale Matteo Salvatore” ricevuta dal “Club Tenco”; collaborazioni con Paolo Benvegnù, Yo Yo Mundi, Roberto Angelini, Franz Goria; la nostra musica è stata distribuita al MIDEM di Cannes nella compilation “The Best Of Indies In Italy”, comprendente anche brani di Afterhours e Bandabardò; è stata diffusa, tra le altre, da Radio 1 Rai, Radio Popolare Milano, Radio Onda Rossa Roma, Radio Capodistria; hanno parlato di noi testate come Rockit, La Repubblica, Rolling Stone Italia, Il Mucchio Selvaggio, Rockerilla, Classic Rock Italia…

La nostra storia vibra anche e soprattutto di quanto abbiamo vissuto tra un concerto e l’altro ed è poi diventato un pezzo di vita denso di momenti incancellabili, che ci hanno formato e sprovincializzato. Con la stessa voglia di riempirci gli occhi e l’anima di tutto quello che ci accadeva, abbiamo calcato palchi giganteschi o mantenuto a stento l’equilibrio su tavolacce traballanti; mangiato la centesima pizza che mi ha definitivamente inchiodato all’intolleranza al lattosio o gustosi piatti tipici nelle trattorie di centri storici incantevoli; abbiamo dormito nel caldo umido di una roulotte arrugginita o allo Sheraton Parco de’ Medici di Roma; nella mansarda di una villa in provincia di Palermo in pieno Agosto, senza un filo d’aria e con l’acqua che arrivava soltanto al pomeriggio, o in un lussuoso hotel nel centro di Budapest, dove ci aveva condotto una navetta con il cartello “VIP” che ci aspettava all’aeroporto Ferenc Lisz, per fare qualche esempio.

E’ tutto vero, giuro, anche se non c’erano Facebook, Instagram o altri spacciatori di verità ad effetto. Anche se oggi la musica è sempre più “televisiva”. L’immagine è predominante e, se a questo aggiungiamo la saturazione delle proposte (la musica è ovunque, modalità usa e getta), comprendiamo bene quanto siamo lontani dal concetto di affinamento dello spirito critico indispensabile per sviluppare ascolti personali e consapevoli e quindi, semplicemente, dignitosi per la musica stessa”.

Che stile musicale seguite? Avete tenuto dei concerti anche all’estero?

I nostri background musicali sono diversi e, tutti insieme, si combinano nel sound policromo della discografia dei C.F.F. e nella sperimentazione multiforme che da sempre l’accompagna. Ci sono album più orientati al dark/new wave (“Ghiaccio”), altri più marcatamente rock e arricchiti dalle suggestioni del teatro-danza e delle video-installazioni che ne hanno accompagnato i fitti tour (“Circostanze” e “Lucidinervi”), altri ancora virano verso lo stoner e il post-rock (“Attraverso”), altri sono destrutturati ed elettroacustici (“Al cuore”). L’ultimo, “Canti notturni”, rappresenta probabilmente la summa di tutto questo.

 

live al Cellamare Music Festival 2016

Personalmente sono cresciuto con il fuoco vitale e vivificante del punk, accesosi a cavallo tra Settanta e Ottanta, perfettamente incarnato, nel mio immaginario, dalla band torinese dei Negazione: attitudine, prima ancora che genere musicale e molto più che estetica. Comunità, invece di grandi proclami e piccolezze quotidiane.

Il punk così inteso credo possa essere la nostra bussola. In primo luogo perché l’etica del “do it yourself” è parte essenziale della nostra storia, basti pensare che mi sono sempre personalmente occupato di organizzare i tour della band e di gestire i nostri spazi web, la promozione e i rapporti con la stampa; che Anna tante volte ha registrato i primi demo delle canzoni che stavano via via prendendo forma nonchè l’ultimo brano “DiVenti” dell’ultimo album; o che Anna Maria cura l’immagine del gruppo e ha costantemente dato un grosso apporto in termini di spunti grafici. In secondo luogo perché ci impegniamo a contribuire a ricreare le condizioni che erano alla base di quella “comunità”.

 

Lo facciamo iniziando dalla nostra vita in gruppo e dalle persone che ci stanno accanto e che continuiamo a incontrare. Perseveriamo nel confidare nella lealtà, nel rispetto, nella solidarietà, nell’altruismo progettuale. Sono valori superiori ad ogni smarcamento egocentrico o di comodo. Dobbiamo sforzarci di superare le piccole visioni personali che, la storia insegna, se estremizzate portano a grosse, travolgenti sconfitte collettive. Da soli non si va da nessuna parte.

 

Riguardo ai concerti all’estero, abbiamo suonato al Sziget Festival di Budapest nel 2005, rappresentando l’Italia insieme a Prozac+ e Almamegretta. Abbiamo avuto inoltre la fortuna di confrontarci con band straniere, come accaduto anche al VenerElettrica International Female Rock Festival di Perugia, che, oltre a regalarci le bellissime parole spese per noi dalla direttrice artistica Paola Turci sulle pagine del Corriere dell’Umbria, ci ha permesso di dividere il palco con gruppi americani, francesi, lituani, ucraini e polacchi”.

Cosa dovremo attenderci dai C.F.F. per il nuovo anno?

“Innanzitutto vogliamo celebrare il ventennale ringraziando chi dedica affetto e attenzioni da così tanto tempo. Per festeggiarlo insieme a loro il 21 Marzo abbiamo pubblicato l’album-raccolta “DiVenti” (il cui titolo racchiude il riferimento sia al ventennale, che alla natura dei C.F.F. in continua trasformazione), rendendolo disponibile gratuitamente in formato digitale grazie alla collaborazione con la Joe Black Production, che lo distribuisce qui: www.joeblackproduction.eu

Si tratta di 20 brani (2 inediti + 18 brani rappresentativi dell’intera discografia) accompagnati da un booklet costituito da 20 scatti che ripercorrono i 20 anni della nostra storia, con testi e credits. Stiamo solo stabilendo in che forma seguiranno concerti per presentarlo dal vivo. Di sicuro ci sarà uno show case di presentazione il 5 Aprile 2019 presso la sede della Joe Black Production, a Leporano (TA)”.
Inoltre, se volete, potremo incontrarci al Teatro Tagliavini di Novellara (RE), il 31 Marzo 2019. Inaugureremo infatti il Festival Internazionale Teatro Lab, organizzato da Etoile Centro Teatrale Europeo, eseguendo dal vivo le musiche per lo spettacolo “Il mio inv(f)erno… vita da zingaro”, dedicato al pugile sinto Rukeli (già protagonista del nostro videosingolo Come fiori che potete ascoltare qui:

Consideriamo importante, oggi più che mai, raccontare la vita straordinaria dello “zingaro” Rukeli, il suo coraggio, la sua resistenza al razzismo e alla prepotenza nazista. La storia è ciclica. Occorre essere vigili e prendere posizione perché l’indifferenza è stata il primo passo verso il baratro“.

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