Flavio Santi ci parla del “suo” ispettore Furlan
Flavio Santi, scrittore, poeta, traduttore, docente di Lingua italiana all’università dell’Insubria. Autore di numerosi libri, accademici e non, tradotti in diverse lingue.
Nel 1999 esordisce come scrittore con il libro: Diario di bordo della rosa, nel 2006 viene dato alle stampe il suo secondo libro dal titolo: L’eterna notte dei bosconero edito dalla Rizzoli, come in una cavalcata inarrestabile arriva il suo terzo libro dal titolo: Aspetta primavera, Lucky edito da Edizioni Socrates con la quale vince la prima edizione del premio letterario ‘Il paradiso degli orchi’
Nel 2016 esce il libro dal titolo La primavera tarda ad arrivare. La prima indagine dell’ispettore Furlan edito da Mondadori.
Ringraziamo Fausto Bailo che l’ha intervistata per noi e la Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) che, come sempre, ha collaborato fattivamente.
Quando è scaturita in lei la passione per la scrittura?
“Fin da piccolo. Ho sempre amato leggere: conservo una foto di me “poppante” (avrò avuto pochi anni, davvero) con un Topolino tra le mani. Per me scrivere è vivere, la vera scoperta è avvenuta al liceo, e da lì non ho più smesso. Non saprei fare altro. Se non scrivo (o leggo o traduco o insegno), sto male anche fisicamente, mi viene il mal di testa”!
Quali scrittori l’hanno influenzata maggiormente?
“Adoro i classici, innanzitutto latini e greci: Ovidio, Virgilio, Orazio, Luciano, Tucidide ecc. Poi amo molto Tolstoj, continuo a rileggere “La morte di Ivan Ilich”, secondo me il racconto perfetto, c’è tutto, vita, amore, morte, tempo. E gli americani, Hemingway su tutti. Tra i viventi mi piacciono molto Franzen e Cercas. Non sono un fan invece di Bolano – che però secondo me ha rilasciato delle interviste strepitose. Tra i giallisti, a parte i classici imprescindibili (Christie, Stout, Simenon ), amo l’islandese Indridason”.
Come è nato il personaggio dell’ispettore Drago Furlan?
“Volevo raccontare la mia terra, il Friuli. Drago Furlan è il “friulano” per eccellenza, fin dal cognome: ruvido, contadino, schietto, brontolone, un po’ anarchico, sulle prime diffidente”.
Per creare il carattere, la personalista dell’ispettore Furlan, si è ispirato ad altri personaggi della letteratura?
“Fisicamente ricorda un po’ lo scrittore Hemingway, che ha davvero frequentato e amato il Friuli. Furlan è anche un po’ Maigret, un po’ Fabio Montale di Izzo. Però per creare Furlan ho attinto soprattutto alla vita vera, a mio padre, i miei cugini, ogni friulano che incontravo”.
Quanto è stato importante il lavoro di ricerca storica sulla vicenda dell’eccidio di Avasinis?
“Fondamentale, perché uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere il romanzo è stato proprio il desiderio di dar voce a quell’eccidio poco noto innanzitutto agli stessi friulani. L’ultimo folle eccidio, avvenuto a guerra finita, il 2 maggio del ’45”.
Una bellissima caratteristica del suo personaggio è la passione per l’orto, per il cibo locale, potemmo definirlo un ispettore slowfoodiano?
“Sì, Furlan ama la natura, cita Carlin Petrini, ama la dimensione umana del vivere, lo scorrere lento del tempo: come dice sempre lui indagare è un po’ come coltivare un orto, si deve avere pazienza, costanza, buon occhio”.