Intervista allo scrittore Giorgio Ballario
Giorgio Ballario, giornalista presso il quotidiano La Stampa, è autore di numerosi romanzi, tra i quali Morire è un attimo, Una donna di troppo e Il volo della cicala.
Ha scritto anche racconti e antologie giallo-noir come Porta Palazzo in noir (2016) e il libro Il Po in noir.
Nel 2010 si è aggiudicato il Premio Archè Anguillara Sabazia con Morire è un attimo, nel 2013 il Premio GialloLatino con il racconto Dos Gardenias (Segretissimo Mondadori).
Nel 2016 esce il libro Vita spericolata di Albert Spaggiari, biografia del famoso ladro francese degli anni settanta, arrivato finalista al Premio Acqui Storia.
E’ del 2018 l’ultima creazione letteraria Il destino dell’avvoltoio (Edizioni del Capricorno).
Il genere noir è stato magistralmente narrato passando da New York attraverso la penna di Ed McBain, arrivando sino a Marsiglia attraverso le letture di Jean-Claude Izzo.
Dal 2014 Giorgio Ballario è presidente di Torinoir, sotto la Mole è nato un sodalizio di scrittori sabaudi amanti di un genere letterario senza tempo.
Un ringraziamento a Fausto Bailo che l’ha intervistato per noi e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) che, come sempre, ha collaborato fattivamente.
Quali sono stati i suoi scrittori di riferimento nella età formativa?
“Se restiamo nell’ambito della letteratura noir, o poliziesca, tra i primi e più importanti che ho letto da ragazzino spiccano Simenon, Vazquez Montalbàn e Scerbanenco. Che a loro modo, e con grandi differenze di stile, a mio parere ancor oggi rappresentano il meglio del romanzo noir francese, spagnolo e italiano”.
Quali le motivazioni che l’hanno indotta ad affiancare all’attività di giornalista presso il quotidiano La Stampa con quella dello scrittore?
“Soprattutto il desiderio di evadere dalla cronaca, o meglio ancora di mettere la cronaca al servizio di una narrazione più ampia rispetto alle trenta o quaranta righe degli articoli di giornale. Intendiamoci, scrivere un articolo e scrivere un romanzo sono due cose diversissime, non solo in termini “quantitativi”. Nel mio caso, però, cerco sempre di agganciare una storia romanzata alla realtà della cronaca, che rimane la miglior fonte di ispirazione per il genere noir”.
Quale è stata la scintilla che l’ha portata a scrivere Il destino dell’avvoltoio?
“Dopo aver creato in altri casi personaggi tutto sommato positivi e che in buona sostanza agivano dalla parte della giustizia (un ufficiale dei carabinieri, un detective privato) volevo cimentarmi con un personaggio negativo, non un cattivo a tutto tondo ma un uomo alla deriva che vive ai margini della società e della legalità, e spesso li oltrepassa”.
Per creare il carattere di Fabio Montrucchio, ha preso spunto da altri personaggi del mondo della letteratura noir?
“Sì, la letteratura e il cinema noir abbondano di figure di questo tipo, anzi direi che è proprio uno dei “topos” del genere noir. Quindi in maniera volontaria o inconsapevole mi sono ispirato a personaggi non troppo distanti dal mio avvocato, anche se naturalmente ho cercato di dargli dei caratteri personali. A partire dall’ambientazione, una Torino contemporanea un po’ periferica e marginale”.
Quanto tempo ha impiegato a scrivere Il libro?
“Sinceramente non ricordo, l’ho scritto alcuni anni prima della sua pubblicazione. Però non è stato uno di quelli che mi hanno impegnato più a lungo, direi meno di un anno”.
Come è arrivato alla presidenza di Torinoir?
“Torinoir è un gruppo nato in seguito alla mia idea di riunire un certo numero di autori di gialli e noir di Torino, per provare a fare delle cose insieme e soprattutto per cercare di interpretare la nostra città e il mondo in cui ci muoviamo attraverso gli occhi e la diversa sensibilità di undici scrittori. I miei dieci colleghi hanno voluto che l’onore della presidenza – e l’onere, perché spesso è un bell’impegno – toccasse a me”.
Quali obbiettivi si è prefissato il gruppo letterario Torinoir?
“Sul nostro sito www.torinoir è tanto di manifesto con tutti gli obiettivi della nostra associazione. I principali sono la diffusione della lettura, meglio ancora se del genere giallo-noir; l’analisi della nostra città e della nostra società attraverso gli occhi dello scrittore; il principio che il lavoro creativo, come qualsiasi altro tipo di lavoro, dev’essere retribuito: quindi siamo contrari alla cosiddetta editoria a pagamento”.
Progetti per il futuro?
“A livello personale dovrei (ma uso ancora il condizionale perché ci sono ancora dei passi da fare) tornare in libreria prima dell’estate con un nuovo romanzo, che segnerà anche il ritorno di un mio vecchio personaggio. A livello associativo stiamo lavorando a un’antologia di racconti che uscirà in autunno con il filo conduttore della montagna, naturalmente in nero”.