The Elevator: intervista esclusiva al regista Coglitore
Nella sale cinematografiche italiane il 20 giugno 2019 uscirà The Elevator , film del regista esordiente Massimo Coglitore e sceneggiato dal duo Riccardo Irrera e Mauro Graiani.
Nel cast del film compaiono attori che hanno lavorato con registi immortali come Caroline Goodall ,Steven Spielberg, Tarantino, James Parks , Burt Young e Sergio Leone.
The Elevator è stato prodotto da Lupin Film di Riccardo Neri distribuito da Europictures.
Con grande piacere vi presentiamo questa intervista in esclusiva al regista Massimo Coglitore realizzata da Nicola Brizio.
The Elevator ha tutte le carte per diventare un classico del genere thriller psicologico, a quali capolavori del genere si è ispirato?
“Non c’è un film in particolare al quale mi sono ispirato, sicuramente non volevo fare un film statico. Per questo ho visto moltissimi film ambientati in ascensore o spazi stretti. Ho fatto costruire, dallo scenografo Tonino Zera, un ascensore smontabile che mi permettesse di muovermi con disinvoltura con la macchina da presa per cercare di cogliere le paure e le reazioni dei personaggi. Mi interessava fare un film dove la tensione nascesse dal racconto, dai personaggi e non dagli effetti o dal sangue, quindi forse potrei dire, con le giuste proporzioni, di guardare a modelli come il grande Hitchcock. La fotografia ha un ruolo molto importante e Vincenzo Carpienta, il mio dop, ha fatto un lavoro straordinario”.
Il film si svolge quasi interamente in interni ma è ambientato a New York. Come è stato lavorare nella grande mela?
“Abbiamo girato buona parte del film a Cinecittà, ricostruendo l’ascensore ed altre location. A New York abbiamo girato tutti gli esterni. La Grande mela ha un fascino misterioso, quasi surreale, soprattutto la notte, piena di taxi gialli che sfrecciano senza sosta. E’ stato bello girare negli States, peccato che avessi un febbrone durante le riprese”.
Come è stato lavorare con due grandi attori del calibro di Caroline Goodall e James Parks?
“Era importante avere due attori molto bravi in grado di reggere un film così claustrofobico e loro in questo sono stati fantastici. Sono stati entrambi straordinari, umanamente e artisticamente. Due grandi professionisti sul set. Hanno dato un apporto notevole alla pellicola e senza la loro presenza, sarebbe stato difficile per me fare un film così equilibrato. Non a caso hanno lavorato con registi come Spielberg e Tarantino“.
Come viene percepito il cinema italiano all’estero?
“Normalmente esportiamo, anche tramite i festival, film con argomenti tipicamente italiani, mafia, scandali, storie note italiane, temi che parlano di disagi giovanili, storie di periferia, razzismo e malavita, più un certo cinema d’autore di registi già affermanti. Gli stranieri forse ormai ci vedono così e vedono così il nostro cinema, non sono più abituati a vedere film nostrani di puro genere, cosa che in passato avvenne grazie a maestri come Sergio Leone, lo stesso Dario Argento e tanti altri registi che hanno creato proprio un loro stile nel fare cinema di genere”.
Quali sono i 3 registi che più l’hanno influenzata nel corso della sua carriera?
“Sono tantissimi i registi che mi hanno aiutato a formarmi, che mi hanno influenzato in qualche modo, anche se alla fine sono un autodidatta.
Non è mai facile fare una lista o una classifica dei preferiti, se devo dirne uno su tutti, dico Stanley Kubrick, per me è punto di riferimento assoluto, adoro il suo modo di fare e concepire il cinema e lo considero il più grange regista di tutti i tempi, paragonabile alla perfezione”.