Frankenstein diventa un fumetto

Frankenstein diventa un fumetto

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Nel 2015 viene data alle stampe la serie I maestri dell’orrore edita dalla Star Comics. In questa intervista sono lieta di presentarvi i realizzatori di questo classico del genere horror/gotico senza tempo: Frankenstein di Mary Shelley.

Fausto Bailo li ha intervistati per noi!

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Francesco De Stena (nella foto a destra) è illustratore pugliese di nascita, ma bolognese di adozione. Dopo aver conseguito la l’aurea triennale in Fumetto e Illustrazione presso L’Accademia delle Belle Arti. Co fondatore della etichetta indipendente Manticora Autoproduzioni. In contemporaneamente incomincia una fruttuosa collaborazione con il noto fumettista Paolo Martinello.

 

Nel 2013 esordisce sulla vista Splatter (ESH) con la serie RuskinIl divoratore di cadaveri sceneggiatura di Paolo Difrancesco-de-stena Orazio, pochi mesi dopo esce il volume Tenebra grazie alla collaborazione con l’autrice Flavia Biondi edito dalla Manticora Autoproduzioni.

 

Nel 2015 viene data alle stampe l’opera Frankenstein della serie I maestri dell’orrore  Progetto curato da Roberto Recchioni. Attualmente collabora con la Sergio Bonelli Editore.

Quando è nata in lei la passione per il fumetto?

“Il disegno è stato sempre al mio fianco fin da piccolo. Amavo disegnare, era la mia unica certezza e un buon rifugio per un bambino timido e defilato quale ero. Ai fumetti ci sono arrivato molto tardi, quando ormai ero al liceo. Il mio primo fumetto è stato Berserk, fui attratto dalla copertina che spiccava in un’edicola del paese. Ci trovai delle pagine piene di forza, sangue, dinamismo, segni impetuosi. Ne fui folgorato, mi stese come un cazzotto in faccia. Così è cominciato tutto: a 14 anni avevo deciso che sarei diventato un fumettista. Ma il cuore del fumetto l’ho compreso solo qualche anno più avanti, quando ho frequentato l’Accademia di Belle Arti. In quella bottega dell’immaginario ho scoperto i classici, il fumetto autoriale, quello italiano e quello americano. Il fascino adolescenziale per il disegno è maturato in quello per il racconto per immagini”.

Quali illustratori l’hanno formata?

“I Maestri che ho incontrato lungo il mio percorso sono fondamentalmente tre. Onofrio Catacchio mi ha dato le basi del linguaggio e mi ha introdotto nel mondo dell’equilibrio del bianco-nero, Michele Benevento mi ha dato gli strumenti e mi ha trasmesso una profonda disciplina verso la materia, Paolo Martinello mi ha dato forma vedendo al di là delle mie capacità e mi ha trasmesso la professionalità verso il mestiere. Ognuno di loro è stato fondamentale per la mia crescita e gliene sarò eternamente grato.

Poi ci sono quegli autori che hanno segnato il mio modo di far fumetti e a cui torno sempre per non smarrire la via. Cito i più significativi tra i tanti: Bernie Wrightson, Frank Frazetta, Mark Schultz, Alberto Breccia, Dino Battaglia, Mike Mignola, Stefano Andreucci, Nicola Genzianella e Alessandro Baggi”.

Cosa ha provato nel dare corpo ad un classico della letteratura?

“Un’enorme responsabilità, con i Classici non si scherza! Poter adattare a fumetti un caposaldo della letteratura gotica è stata un’occasione davvero unica a cui mi sono accostato con grande entusiasmo, ma anche timore reverenziale. Inoltre poter dare una propria interpretazione dell’icona del mostro, così fortemente radicata nell’immaginario comune grazie alla versione cinematografica con Boris Karloff, rappresentava una sfida da far gelare il sangue nelle vene, ma allo stesso tempo altamente elettrizzante”!

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Quale divinità del passato rappresenta meglio “la creatura”?

“Non riesco a vedere la creatura come una possibile divinità arcaica, perchè nata dalle mani di un uomo che ha voluto sfidare Dio. Piuttosto rimanda all’immagine di un angelo caduto, disprezzato dal suo stesso creatore (non è un caso che tra i libri che il mostro trova nella cascina dove si era nascosto ci fosse proprio il Paradiso perduto di Milton). La creatura rappresenta la figura archetipa della “Cosa senza nome”, un essere informe, straniero, percepito inevitabilmente come una minaccia. Trovo che il mito passato più facilmente accostabile a questa figura sia il Golem di Meyrinkiana memoria. Come il rabbino praghese infonde vita nella sua creazione d’argilla, così il dottor Frankenstein riporta alla luce la sua composizione cadaverica”.

Secondo lei quale trasposizione del romanzo di Mary Shelley si avvicina di più alla sua trasposizione?

“Senza dubbio la versione cinematografica del ’31 diretta da James Whale. Anche se non strettamente fedele al romanzo, ne mantiene gli aspetti fondamentali e ne accentua le parti orrorifiche. L’umanità del mostro è tutta condensata nelle espressioni del bravissimo Karloff, impossibilitato nella parola e capace di emettere solo versi cavernosi. La ricostruzione scenografica e la fotografia (debitrice del cinema espressionista tedesco) danno vita a questa pellicola che racchiude in sé alcune sequenze memorabili: la creazione del mostro durante una notte di tempesta o l’inseguimento della creatura da parte della folla inferocita. Il tragico finale con il mulino incendiato è la vera chicca”.

Quale illustrazione riassume meglio la sintesi del libro Frankenstein?

“Se per illustrazione intendiamo una particolare vignetta all’interno dell’albo senza dubbio direi quella della nascita del mostro (pag. 40). Grazie ad una grande intuizione dello sceneggiatore ho potuto rendere iconico questo momento con un chiaro omaggio alla Creazione di Adamo di Michelangelo. Per associazione la creatura indifesa e sofferente rappresenta il figlio che tende la mano verso un padre inorridito, disgustato. Il dottor Frankenstein viene trasmutato in un dio crudele che disconosce quell’essere aberrante, simbolo della sua sete di conoscenza, nonché futura ed eterna condanna”.

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Giulio Antonio Gualtieri (nella foto), sceneggiatore, è uno dei fondatori della Villain Comics.

 

Collabora con numerose case editrici tra le quali citiamo Sergio Bonelli Editore e Star Comics. Insegna sceneggiatura e scrittura creativa alla scuola Internazionale di Comics di Pescara.

 

Come è nata l’idea di creare una graphic novel basata sul libro di Mary Shelley Frankenstein?

“Il volume fa parte di una collana “Roberto Recchioni presenta: I maestri dell’Orrore” che la Star Comics ha dedicato ai classici della letteratura horror. Il curatore, nonché ideatore della stessa è Roberto Recchioni. E’ lui il colpevole, insomma; è stato Roberto a scegliere Frankenstein di Mary Shelley ed a chiedermi di adattarlo. Per me è stato un onore ed un piacere poter mettere mano ad un testo che ho sempre amato particolarmente. Per cui, non finirò mai di ringraziare Roberto e la Star Comics per l’opportunità”.

Quale tipo di documentazione ha seguito per la realizzazione la sua sceneggiatura?

“Quando ho cominciato ad adattare il volume vivevo in Germania. Sono quindi riuscito ad andare ad Ingolstadt, lì dove la Shelley ha messo in scena la nascita della creatura. Alcune vignette si basano su fotografie realizzate in loco. Per il resto, insieme al disegnatore, Francesco de Stena, abbiamo attinto alle fonti dell’epoca, al film di Branagh, molto ricco visivamente, ed al lavoro di Bernie Wrightson”.

Cosa ha provato nello sceneggiare un classico come Frankenstein?2940014048446_p0_v1_s192x300

“Si è trattato di una sfida molto interessante. Nell’immaginario comune, infatti, Il Frankenstein della Universal ha scavalcato il Frankenstein della letteratura. Questo perché il libro è sì pieno di immagini iconiche che si stampano a carattere indelebili nella mente, ma anche di una serie di digressioni filosofiche tipiche dell’epoca, sicuramente oggi meno digeribili. Lo scopo del mio lavoro è stato quello di trovare un equilibrio visivo tra queste due anime, per cercare di non perdere la complessità di questa meravigliosa storia”.

Quale scena l’ha toccata particolarmente?

“Per me, senza dubbio la nascita della creatura. Non c’è nulla di mostruoso in lei, se non nel rifiuto di Frankenstein di accettarla per quello che è: una nuova arrivata sulla scena della vita. Un marchio terribile per la creatura, etichettata subito come mostro, ed una macchia gigante nella vita di Victor, che lo condanna all’impossibilità della felicità. E tra due infelici, Victor è l’unico che ha avuto una scelta. Ed ha deciso di non assumersi le sue responsabilità. Esiste forse qualcosa di più mostruoso”?

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