Antonio Manzini e il “suo” Rocco Schiavone
E’ un vero piacere ospitare nel nostro Blog uno scrittore del calibro di Antonio Manzini (nella foto a sinistra in una foto di Kicca Tommasi), autore edito da Fazi, Einaudi e Sellerio, e per questo ringraziamo Fausto Bailo che l’ha intervisto in esclusiva per noi.
Un ringraziamento particolare anche alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn), che ha collaborato fattivamente
Romano, personaggio delle mille sfaccettature artistiche, è anche attore, regista e sceneggiatore.
Nel 2005 escordisce come scrittore con il suo primo romanzo dal titolo, Sangue marcio (Fazi Editore), nel 2007 segue il secondo romanzo La giostra dei cretini (Einaudi), nel 2012 esce un suo racconto nella antologia Capodanno in giallo, scritto in collaborazione con Esmahan Aykol, Andrea Cammileri, Gian Mauro Costa, Marco Malvaldi, Francesco Recami sempre Sellerio.
Nel 2013 nasce il personaggio letterario di Antonio Manzini: il vicequestore Rocco Schiavone grazie al romanzo Pista nera a cui seguira La costola di Adamo, Non è stagione, Era di maggio, Cinque indagini romane per Rocco Schiavone.
Ormai stabile nella scuderia di Sellerio pubblicherà anche un successivo romanzo non legato alla figura di Schiavone: Sull’orlo del precipizio. La sua ultima fatica letteraria dal titolo 7-7-2007 è già fra i libri più venduti.
Quando è scaturita in lei la passione per la scrittura?
“Non c’è stato un giorno preciso. Ricordo solo, a parte le solite scemenze che si scrivono da bambini, quando facevo teatro m’ero messo in testa di provare a scrivere un testo da mettere in scena.
Niente di che. Poi, sempre per provare qualche sceneggiatura, pensieri e racconti. Mi piaceva raccontare storie. Lo facevo attraverso la recitazione. Però qualcosa mancava. Il primo libro è venuto alla luce per caso, fu Martina Donati a leggerlo, per me era un testo teatrale, lei mi disse invece che sarebbe potuto diventare un ottimo romanzo. Le credetti e uscì Sangue marcio.
Ecco, per caso, non per mia volontà. Non sono mai morto dietro il sogno di vedere un mio libro pubblicato. Ripeto, mi piaceva raccontare storie. L’unica cosa per la quale avrei fatto carte false per vederla realizzata, è una sceneggiatura che scrissi nel ’95: Armir ed era una storia basata sulla ritirata italiana in russia durante la seconda guerra mondiale. Era una sceneggiatura meravigliosa, la amavo, ma purtroppo nessuno se la sentì di realizzarla”.
Gli scrittori che hanno influenzato Antonio Manzini…
“Vengo dal teatro, quindi i primi scrittori che ho imparato ad amare sono stati Shakespeare, Goldoni e Chechov. Leggevo romanzi, soprattutto classici e autori come King e Matheson e Bunker. Ecco, se c’è un libro che avrei voluto scrivere è Delitto e castigo. Credo sia stato il primo romanzo ad avermi aperto gli occhi”.
Quando le è nata l’idea di creare il vice questore Rocco Schiavone?
“Non ricordo il giorno, non c’è una data precisa. E’ nato piano piano, nei pensieri, riflessioni, spunti e divertimenti. Ricordo quando ho iniziato a scrivere Pista nera. In montagna, a Champoluc. Fuori nevicava che Dio la mandava, aprii il computer e cominciai a raccontare di quest’uomo. Andammo subito d’accordo”.
Il carattere di Schiavone rappresenta un mix di sentimenti: violenza, paura, volgarità… Questo, secondo lei, lo rende più umano?
“Credo di sì. La parte oscura del personaggi è quella che mi interessa di più. Il loro mistero, quello che tengono nascosto, le piccolezze come le impovvise quasi involontarie grandezze. L’umanità, insomma”.
Con quale altro personaggio della letterattura farebbe condurre un indagine insieme a Schiavone?
“Non ci ho mai pensato. Credo che si troverebbe a suo agio con Pepe Carvalho. Avrebbe da imparare”.