Intervista esclusiva a Ben Pastor
Questa settinana un altro grande personaggio del panorama letterario internazionale, Ben Pastor, uscita da pochi giorni in libreria con il suo nuovo romanzo I piccoli fuochi edito da Sellerio.
Ben Pastor nasce a Roma e dopo essersi laureata in Lettere con indirizzo archeologico, presso l’Università La Sapienza di Roma, si trasferisce negli Stati Uniti, dove compie una rapida gavetta accademica, diventando docente di Scienze Sociali presso numerose e note Università (Ohio, Illinois, Vermont)
Accanto alla attività didattica coltiva molti interessi spaziando da Federico Garcia Lorca alla Etnomusicologia per arrivare al Femminismo nella letteratura e alla Storia dell’emigrazione italiana in Vermont.
Si cimenta nel giallo storico scrivendo decine di racconti per le principali riviste di letteratura poliziesca tra le quali citiamo Alfred Hitchcock’s Magazine e Ellery Queen’s.
Ben Pastor con gli albori del nuovo millennio ci regala uno straordinario personaggio letterario, Martin Bora, tormentato ufficiale-investigatore. Un personaggio affascinate e enigmatico, in poche parole amletico.
Dopo lo straordinario successo riscontrato, la serie, che vede come protagonista proprio Martin Bora, viene tradotta e pubblicata in Brasile, Canada, Croazia, Spagna, Portogallo, Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi.
Un grazie a Fausto Bailo che l’ha intervistata per noi e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) che, come sempre, ha collaborato fattivamente.
Quando è nata in lei la passione per la scrittura?
“Forse da quando mi sono appassionata alla lettura. E non necessariamente quella fatta da me: anche quella che ascoltavo dai grandi prima di saper leggere. Di recente ho trovato certi piccoli versi che dettavo a mia madre a quattro anni: cose di nessun valore, a base di fiorellini e passerotti, tuttavia già il segno di un interesse per la narrazione che mi avrebbe seguito per sempre.
Ho avuto scrittori in famiglia, e forse l’emulazione ha avuto il suo ruolo. Professionalmente parlando, posso dire di avere cominciato a scrivere intorno ai ventun anni, concedendomi poi una lunghissima gavetta per affinare lo stile prima di cimentarmi con il mondo dell’editoria”.
Quali scrittori l’hanno influenzata di più?
“Nel genere giallo, senza dubbio Georges Simenon, vero maestro d’inventiva, stile e umanità.
Fuori del genere, fra i classici e il mainstream, sarebbe impossibile enumerarli tutti: sono una lettrice avidissima.Oltre alla grande letteratura russa, francese, inglese e americana, ho una speciale predilezione per Toni Morrison, Cesare Pavese, Josef Roth, Eudora Welty: da questi quattro in particolare ho cercato di imparare”.
Quando è nato personaggio letterario Martin Bora?
“Circa una ventina d’anni fa, attraverso una progressiva messa a fuoco delle sue caratteristiche. Al riguardo, può essere utile aggiungere perché è nato: dall’esigenza di parlare attraverso una voce diversa di grandi crimini, di coscienza, e di chiarezza intellettuale”.
Nel creare il personaggio di Martin Bora si è ispirata a personalità del passato?
“A parte naturalmente il suo alter ego dichiarato, lo sfortunato attentatore alla vita di Hitler, colonnello Claus von Stauffenberg, Bora ha degli antenati ideali significativi, dal riformista Lutero (fra l’altro davvero suo parente, dato che sposò Katharina von Bora) a Henry David Thoreau (trascendentalista e amante della natura), dagli esploratori Lewis e Clark al giovane Hemingway”.
Descriva con un opera artistica la personalità di Martin Bora.
“Facile! Il Cavaliere, La Morte e il Diavolo di Albrecht Dürer, anno 1504. Un’incisione in cui un severo cavaliere in armatura procede in sella, ignorando le paurose figure che ne minacciano l’avanzata.
Lo accompagna il suo istinto animale, sotto forma di un energico segugio che corre agilmente fra le zampe del destriero. Coraggio, onore, fede, stoicismo, dunque – ma anche una vitalità animale non priva di leggerezza”.
Con quale autore piacerebbe a Ben Pastor scrivere un libro a quattro mani?
“Hm… La domanda implica che dovrebbe piacermi condividere la stesura di un testo, cosa di cui non sono affatto sicura. Ma non per ragioni egoistiche: perché conosco bene come sia individuale il processo creativo, e quanto specifica sia la voce di un autore.
Sarebbe come chiedere a due pianisti non di eseguire insieme un dato pezzo, ma di comporlo insieme. Può succedere solo nel jazz. Amo il jazz, ma non saprei eseguirlo con successo.
Certo, se il mio idolo Georges Simenon fosse in vita e mi chiedesse di affiancare Martin Bora al commissario Maigret (cosa che sarebbe cronologicamente possibile negli anni ’40), direi subito di sì!”