La poesia di Irene Vella che ha conquistato il mondo
E’ sempre un piacere intervistare Irene Vella, nota scrittrice e giornalista, oltre che cara amica, persona schietta, passionale, solare e ottimista, insomma, una che vede il bicchiere sempre mezzo pieno, anche quando in realtà è quasi vuoto, ma è più forte di lei.
Oltre alla forza, ha il grande dono di saper vivere, e far vivere chi le sta vicino, sorridendo. Penso sia questo il segreto del suo successo: l’aver sempre tentato di stare il meno male possibile anche quando si è trovata in mezzo alla tempesta…
Nel 2003 ha donato un rene al marito Luigi, ha due figli bellissimi ed hai lasciato il lavoro fisso per seguire il sogno di diventare giornalista.
Negli ultimi giorni “Era l’11 marzo del 2020”, una poesia scritta da lei, sta spopolando sul web, radio e tv e da subito condivisa da migliaia di persona (in chat, su skype, sui social). Un successo incredibile, ormai mondiale…
Irene, come nasce questa poesia?
Ero nella mia cucina, seduta sullo sgabello, avevo appena finito di fare il giro nel giardino per controllare la fioritura degli alberi. Mi ero emozionata, c’era un sole pazzesco ed i colori del cielo sembravano dipinti, ho iniziato a fotografare i boccioli della magnolia, le palline della mimosa e a cercare sul susino le gemme bianche.
In una frazione di secondo mi sono dimenticata le quasi tre settimane di quarantena volontaria, visto che mio marito è immunodepresso, e la mente ha iniziato a volare.
Per questo sono tornata in casa e ho preso l’iphone e l’ho buttata giù di getto, direttamente sulla pagina del mio profilo, insieme alle foto del giardino. Era l’11 marzo del 2020, e le parole se ne sono uscite fuori da sole, proprio come dice Vasco.
Si sono incastrate perfettamente ed hanno creato un piccolo miracolo. Tutti si sono immedesimati ed hanno iniziato a farla girare, prima sui social, poi su whatsapp, nel giro di poche ore è diventata virale.
Purtroppo c’è chi ha provato a prendersene il merito, ma da brava mamma ho fatto di tutto perché mi fosse riconosciuta la maternità delle mie parole.
Devo ringraziare Alice Basso e Chiara Ferragni che, dopo aver visto la mia poesia citata da quest’ultima, l’ha avvisata di chi fosse l’autore, e così nel giro di un attimo sono diventata virale anche su Instagram. Poi Barbara D’Urso l’ha letta commuovendosi a Pomeriggio 5, purtroppo non sapendo chi l’avesse scritta, ha ringraziato un anonimo. Spero le arrivi la notizia della mia maternità, visto che sono stata anche una delle collaboratrici del programma.
Una gioia e una soddisfazione immensa per chi, come me, ha fatto delle parole il suo mestiere. E poi io ho un metodo infallibile per capire se quello che scrivo funzionerà. Se piango mentre lo rileggo è quello giusto!
La tua poesia è piena di sentimento, di dolore, ma anche di speranza. Le persone in questo momento strano e drammatico provano una tempesta di emozioni… Di cosa hanno più bisogno?
Le persone hanno bisogno di sapere che ci sarà un domani, hanno bisogno di credere che i momenti brutti passeranno lasciando il posto a quelli nuovi.
Hanno bisogno di sapere che ci saranno nuovi ricordi, nuovi viaggi, e che questo momento sarà presto solo un ricordo.
Io sono allenata visto che lo scorso anno la mia vita è cambiata di nuovo, ancora una volta, perché dopo essere riuscita con fatica a diventare una delle inviate di Mattino5 per il Veneto, ho dovuto lasciare il posto con mio grande rammarico, a causa di un’infezione improvvisa che ha causato un peggioramento delle funzionalità renali di mio marito.
Ha subito tre ricoveri in meno di tre mesi, ed io ho scelto lui. Ho scelto la mia famiglia. Ma è stata una scelta difficile. Dura. A tratti ho sofferto così tanto che pensavo di aver finito le lacrime. Quando fai la giornalista televisiva e all’improvviso ti vengono a mancare microfono e telecamera per raccontare le storie degli altri, è come se ti mancasse la voce.
È come se sentissi solo l’eco del silenzio. Ancora una volta è stato mio marito ad aiutarmi ad uscire da questa “quasi” depressione. Lui che ha sempre creduto in me e nella forza delle mie parole mi ha esortato a non buttarmi giù, a credere in me stessa, continuando a scrivere. Ha sempre pensato che un giorno sarei riuscita ad arrivare al cuore di tante persone. Aveva ragione.
Cosa significa per te Coronavirus?
Per noi il #coronavirus è un mostro tremendo, siamo sopravvissuti nel mese di gennaio ad una pneumocisti che solo grazie all’intuizione della nefrologa che segue mio marito non ha avuto conseguenze terribili.
Quando c’è stato il secondo caso italiano è accaduto proprio a Dolo, dove abito, mentre io ero ad Amsterdam con mia figlia maggiore, per un viaggio di cinque giorni che avevamo programmato ad agosto.
Ho avuto paura. Ero terrorizzata dall’idea che potesse succedere qualcosa in mia assenza, sono stata appesa per due giorni. Siamo rientrati domenica 23 febbraio, con un ritardo nel volo di quasi quattro ore, al nostro arrivo ho trovato l’aeroporto di Venezia quasi completamente vuoto e il personale che misurava la temperatura a tutti.
Lì ho capito quello che Burioni andava ripetendo ormai da settimane: che non sarebbe stata una semplice influenza, ma un mostro che avrebbe messo a rischio migliaia di vite. Da quel giorno è iniziata la nostra quarantena volontaria. Esco solo io per fare la spesa e andare a prendere i medicinali all’ospedale o in farmacia per Luigi.
I miei figli che hanno sedici e venti anni non sono più usciti per paura di infettare il loro babbo, e considerata l’età, direi che non è proprio una cosa da poco. Ma passerà, io lo so. Passa tutto nella vita.Passerà anche questo, e avremo una consapevolezza maggiore di quelle che sono le priorità. E forse riusciremo ad essere anche migliori, riusciremo ad imparare a volerci più bene, a praticare gentilezza a casaccio e a non dare nulla di scontato. E ci abbracceremo. Fortissimo.
Tu sei una donna molto determinata, da dove viene tutta questa forza?
Dalla mia famiglia, dall’amore che ognuno di noi prova per l’altro.Ti faccio un esempio.
Quando qualche giorno fa Chiara Ferragni ha postato la mia poesia mi sono commossa ed ho cominciato ad urlare come una pazza, un po’ piangevo, un po’ ridevo, perché immaginavo che a quel punto tutti avrebbero saputo che la poesia era mia.
Le amiche di mia figlia le hanno cominciato a scrivere su whatsapp di quello che stava accadendo e lei ha risposto: “Mia mamma se lo merita. Si merita tutto davvero!” Stiamo parlando di una ragazza di vent’anni che non è più uscita per proteggere suo padre.
La forza me la danno loro. Io ci sarà sempre per loro.Loro ci saranno sempre per me.
Era l’11 marzo del 2020
“Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più. Ma la primavera non sapeva nulla. Ed i fiori continuavano a sbocciare Ed il sole a splendere E tornavano le rondini. E il cielo si colorava di rosa e di blu. La mattina si impastava il pane e si infornavano i ciambelloni. Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse. Era l’11 marzo 2020 i ragazzi studiavano connessi a Gsuite. E nel pomeriggio immancabile l’appuntamento a tressette. Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa. Dopo poco chiusero tutto. Anche gli uffici. L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini. Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali. E la gente si ammalava.
Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire. Era l’11 marzo del 2020 tutti furono messi in quarantena obbligatoria. I nonni le famiglie e anche i giovani. Allora la paura diventò reale. E le giornate sembravano tutte uguali. Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire. Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme. Di scrivere lasciando libera l’immaginazione . Di leggere volando con la fantasia. Ci fu chi imparò una nuova lingua. Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi. Chi capì di amare davvero separato dalla vita. Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza. Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria con solo otto coperti. Chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo l’amore per il suo migliore amico. Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse avuto bisogno. Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri. L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi. E l’economia andare a picco.
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti. E poi arrivò il giorno della liberazione. Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita. E che il virus aveva perso. Che gli italiani tutti insieme avevano vinto. E allora uscimmo per strada. Con le lacrime agli occhi. Senza mascherine e guanti. Abbracciando il nostro vicino. Come fosse nostro fratello. E fu allora che arrivò l’estate. Perché la primavera non lo sapeva. Ed aveva continuato ad esserci. Nonostante tutto. Nonostante il virus. Nonostante la paura. Nonostante la morte.
Perché la primavera non lo sapeva.. Ed insegnò a tutti. La forza della vita».