La storica serie Barbe-Rouge disegnata da Stefano Carloni
Copertina Copyright © Dargaud/Kraehn/Carloni
Stefano Carloni si diploma nel 2010 alla Scuola Internazionale di Comics di Jesi, nello stesso anno esordisce con alcune pubblicazioni italiane, collaborando con Emi Edizioni, Ed. Arcadia, Manfont, e dal 2012 con Star Comics, per cui realizza due numeri della miniserie LAW. Dal 2014 lavora per il mercato franco-belga con tantissime pubblicazioni.
Attualmente sta lavorando al tomo 3 di Barbe-Rouge, la storica serie creata nel 1959 da Jean-Michel Charlier e Victor Hubinon.
Stefano ci parli di lei e del suo incontro con il fumetto…
“Sono cresciuto nelle campagne di Filottrano, nelle Marche. Disegno da quanto riesca a ricordare, era uno dei pochi modi per farmi stare buono da piccolo. Ricordo ancora che alle elementari, quando prendevo la febbre, ero contento di poter rimanere a casa per poter passare l’intera giornata a disegnare.
Mi sono avvicinato ai fumetti più avanti, qualche Diabolik o Dylan Dog, ma in realtà non li leggevo neanche, ne ammiravo i disegni e li ricopiavo. Qualche anno dopo, al liceo (scientifico), la maggior parte del tempo in classe lo passavo disegnando. Dentro di me avevo già scelto la strada del fumetto, era solo questione di tempo. Ma ammetto che al contrario di quanto si possa pensare, ho iniziato a leggerli abbastanza tardi. Dopo il liceo mi sono iscritto alla Scuola Internazionale di Comics di Jesi dove ho potuto perfezionare la tecnica ed approfondire il fumetto sotto tutti i punti di vista”.
I suoi illustratori di riferimento?
“Ne ho davvero tanti, e vado molto a periodi. Di base, Alberto Breccia, Jorge Zaffino, Victor De la Fuente, Hal Foster, Paul Gillon, Attilio Micheluzzi, Sergio Toppi, Al Williamson, Alex Raymond, che considero i maestri dei maestri. Tengo il loro lavoro sempre a fianco del tavolo da disegno.
Con il tempo ho potuto conoscere molti altri autori, come Giraud, Alice, Lauffray, Marini, Boucq, Hermann, Henninot, Guarnido, Gibrat … la lista è veramente lunga. Spesso dipende dal progetto su cui lavoro, in base ai temi trattati o alle atmosfere mi piace guardarmi autori di riferimento differenti per cercare di rinnovarsi continuamente e di non rimanere fossilizzato sullo stesso stile. Ammiro moltissimo gli autori che dopo tanti anni si reinventano e sono in grado di produrre ogni volta qualcosa di graficamente nuovo”.
Quali sono stati i suoi primi passi nel mercato dell’editoria per fumetti?
“Lo stesso anno in cui mi sono diplomato alla Scuola Internazionale di Comics, ho esordito con le prime pubblicazioni per il mercato italiano, una storia breve pubblicata da EMI Edizioni, qualche illustrazione di copertina per Manfont. Ho proposto qualche tavola di prova a Bonelli e Marvel. Nonostante apprezzassero il mio lavoro, lo stile non era ancora maturo per pubblicazioni di quello spessore. Dopo un po’ di tempo, Star Comics, a cui avevo mostrato il mio lavoro qualche mese prima, mi ha proposto di collaborare con loro, ho così realizzato due numeri della miniserie LAW, con Davide Caci e Giorgio Salati”.
Come è cominciata la sua collaborazione con il mercato franco-belga?
“Diciamo che con la BD (bande dessinée, ovvero il fumetto franco-belga) è stato amore a prima vista, un vero e proprio colpo di fulmine: la varietà e l’armonia di composizione delle pagine, il formato così grande, il colore mi avevano folgorato. Per questo sono partito alla volta del festival di Angoulême, uno dei più importanti in Francia, proponendo un progetto personale a diversi editori.
Paquet è stato il primo editore ad interessarsi al mio lavoro, proponendomi di fare delle pagine di prova per un progetto. I tempi di attesa e di sviluppo di un progetto nel mercato francese sono veramente molto lunghi: soltanto 6 mesi ho firmato il contratto, disegnando il primo volume di Sinclair, una serie prevista per 3 volumi, ma per problemi interni tutto si è bloccato dopo il primo. Non è andata così male, perché nello stesso momento Quadrants mi proponeva di lavorare con loro su un altro progetto, quindi è stato meglio così. Non sarei riuscito a lavorare su entrambe le cose. Da quel momento ho collaborato ininterrottamente con gli editori franco-belga, Delcourt, Glénat, e infine Dargaud, con cui lavoro tuttora”.
Quando è entrato a far parte del progetto che ha consentito la realizzazione del fumetto Barbe-Rouge?
“Va fatta una doverosa premessa. La serie Barbe-Rouge è stata originariamente creata nel 1959 da Jean-Michel Charlier e Victor Hubinon. Due tra gli autori più prolifici dell’epoca d’oro del fumetto franco-belga. La serie era estremamente popolare, il personaggio è conosciuto ancora oggi in Francia e Belgio anche da chi non è appassionato di fumetti.
Con la scomparsa degli autori, si sono succeduti altri sceneggiatori e disegnatori fino a quando la serie non si è
interrotta, nel 2004. Nel 2018 il direttore editoriale di Dargaud mi contattava per invitarmi al festival di St Malo, dove mi avrebbe parlato di un progetto. Dopo aver saputo che avevano pensato a me per riprendere la serie, ho provato un miscuglio di emozioni difficile da descrivere. Parecchio entusiasmo, ma anche tantissima ansia, perché ero cosciente del fatto che Barbe-Rouge fosse una colonna portante del fumetto francese.
Appena tornato dal festival, Dargaud mi ha messo in contatto con lo sceneggiatore, Jean-Charles Kraehn, ed ho iniziato a buttare giù i primi bozzetti; tutto è venuto fuori con la massima naturalezza. Il mondo dei pirati mi ha sempre affascinato tantissimo, ed ho preso subito confidenza con i personaggi. Gli eredi di Charlier e Hubinon hanno approvato il mio lavoro sulle pagine di prova, ed è così che è iniziata ufficialmente l’avventura”.
La tecnica grafica utilizzata per creare le sue illustrazioni?
“Dipende. Per le tavole, il mio lavoro si divide principalmente in 3 parti: la matita, che preferisco fare in digitale per questioni di tempo, andando molto più veloce. Poi la stampo, ed è qui che passo alla seconda fase su carta, inchiostro a tavolo luminoso. Per la china, il 90% della tavola è a pennello, a parte i testi e balloon che inchiostro a pennino. Per quanto riguarda la terza fase, il colore, di nuovo in digitale dopo aver scansionato le pagine in b/n, per lo stesso motivo: praticità e velocità. Non nego che mi piacerebbe molto poter colorare le tavole a mano, ma mi richiederebbe parecchio tempo e sarebbe complicato rispettare i tempi previsti dall’editore.
Per quanto riguarda tutte le copertine e le illustrazioni che compaiono nei miei albi, invece, anche il colore è a mano. Prediligo acrilici per le cover e inchiostri acrilici o acquerelli per le illustrazioni, che meglio si sposano con un tratto a china, lasciando inalterato il segno”.
Progetti per il futuro?
“Sto lavorando al tomo 3 di Barbe-Rouge, che sarà pubblicato nel 2023. Diversi editori mi hanno proposto dei progetti, purtroppo per il momento non riesco ad aggiungere altro, è sempre difficile dover scegliere e sacrificare proposte a volte molto interessanti. Sicuramente Barbe-Rouge continuerà con altri volumi (spero pubblicati presto anche in italiano). Ho di recente collaborato con il quotidiano Le Figaro, per la collezione Histoire, realizzando delle illustrazioni di personaggi storici, e lavorerò ad un altro numero con loro. Per ritornare al fumetto, senza dubbio mi piacerebbe realizzare qualcosa di personale per cui scriverei anche la storia. Ho diverse idee ancora allo stato embrionale.
Intervista a cura di Fausto Bailo, promotore culturale, e Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn)