Lidia Ravera, non soltanto “Porci con le ali”
Questa settimana pubblico con piacere l’intervista che Lidia Ravera mi ha concesso, con grande disponibilità e cortesia.
Leggere Lidia Ravera, notissima giornalista e scrittrice italiana, ora anche assessore alla cultura e allo sport della regione Lazio, è un viaggio affascinante ma rischioso.
Affascinante perché senza tanti giri, ci conduce direttamente all’interno di noi stessi, dell’esistenza, dell’amore, del sesso, della società, della cultura, di un mondo ricco pronto ad offrirsi. Rischioso perché il voler conoscere, il porsi domande, il mettere/mettersi in discussione può portarci a rivedere molte certezze…
Fin dal 1976, anno in cui scrisse il romanzo “Porci con le ali” (come tutti sanno, all’epoca fece scandalo per linguaggio e scene intime esplicite e dirette, per quel riuscire a focalizzare il disagio esistenziale dei giovani ma senza peraltro privarli dei loro sogni, delle “loro ali”) diventato simbolo di una generazione, la Ravera non ha più smesso di cercare e interpretare la vita senza filtri, lontana da schemi e convenzioni.
Un’eredità pesante che è riuscita a sopportare con la fermezza delle sue idee e la convinzione che per essere ciò che vogliamo ci vuole coraggio e tanta, tanta fatica.
Una donna grintosa che ha sempre guardato avanti con la speranza, la certezza di farcela e che non ha mai avuto paura di prendere posizione o affrontare temi scomodi, nella vita come nella letteratura e giornalismo.
Una interiorità complessa che non smette mai di stupirci e che lascia spazio a teneri sorrisi e profonde inquietudini.
Il premio Nobel Doris Lessing nell’ormai lontano 2001, al festival del libro di Edimburgo, disse che le donne moderne erano sfacciate ma anche bigotte e che gli uomini non riuscivano più a tener loro testa mentre avrebbero dovuto ricominciare a farlo. Affermazioni che provenivano da una donna ribelle e anticonformista se consideriamo l’epoca in cui era vissuta… Lei cosa ne pensa?
Penso che, di tanto in tanto, una donna pubblica ha voglia di stupire.
Tutta la vita a dire cose sagge e femministe, perché non proviamo a spararne una grossa…vediamo se se ne accorgono e se posso dire quello che mi pare…
Cosa vuol dire essere femminista oggi? E lei si considera tale?
Si, io sono femminista e lo sono oggi. Oggi, come ieri, come domani vuol dire possedere piena consapevolezza della propria differenza dall’universale maschile, ed essere determinate a combattere ogni forma di discriminazione, palese o occulta.
Esistono scrittori femministi, nel senso che riescono a descrivere l’universo femminile senza far trapelare convinzioni maschiliste e, se sì, quali?
Non tutti gli uomini sono maschilisti, per fortuna. Perciò: non tutti gli scrittori sono maschilisti. Riescono a descrivere l’universo femminile se sono scrittori bravi, di talento, letterariamente capaci. Se non ci riescono è perché sono cattivi scrittori, non scrittori maschilisti.
La sua concezione della donna compreso il ruolo all’interno della società è mutato con il passare degli anni? Mi spiego meglio: da “Porci con ali” ad oggi è cambiato qualcosa nel suo modo di vedere la figura femminile in rapporto all’uomo e all’ambiente?
La mia concezione della donna si è sviluppata. Porci con le ali l’ho scritto a vent’anni, ne sono passati 38…
Perché oggi una ragazza di 15/16 anni dovrebbe leggere il suo “Porci con le ali”?
Perché si parla di lei, per divertirsi, per rispecchiarsi, per leggere di un epoca diversa da quella che conosce, per leggere di una condizione uguale nel tempo, quella dei principianti della vita, gli adolescenti.
Per quale motivo nonostante la ripetuta visualizzazione del sesso, questo spesso continua ad essere vissuto da molte donne come un tabù?
Perché sono state così a lungo oggetti del desiderio degli uomini che ancora si trovano a disagio nel ruolo di soggetti desideranti. Perché sono vittime di stereotipi duri a morire, come quello della puttana o della ninfomane…perché non si concedono il piacere, se non accompagnato dai sensi di colpa.
A volte scrivere è un atto di ribellione che ci fa convivere meglio con i nostri pensieri … qualcosa di egoistico o al contrario generoso verso i lettori?
L’arte in genere lo è. E’ qualcosa di egoistico, che fa bene a chi ne fruisce, certe volte anche di più di quanto ne fa a chi la produce.
Quali sono i suoi autori preferiti?
Sono troppi, non potrei elencarli tutti.
Il libro che non potrebbe mai dimenticare?
Sono almeno cento. Un giorno li elencherò. E spiegherò perché.
E quello che avrebbe voluto scrivere?
Avrei voluto scrivere “Gita al faro” di Virginia Woolf, mi incanta la sua perfezione.
Tra quelli che ha scritto, a quale è più legata?
“La guerra dei figli”, perché ci faccio i conti con la mia prima giovinezza, “Piangi pure” perché ci faccio i conti con l’inizio della mia vecchiaia.
Nel suo Blog da un po’ di tempo campeggia questa scritta: Bookabook, una piattaforma italiana di crowdfunding del libro. Cos’è di preciso e come nasce questa idea?
Me l’ha proposta il mio agente Marco Vigevani. È un esperimento di crowd funding letterario. Ho accettato perché mi piace mettermi in gioco. E magari raggiungere un pubblico diverso da quello su cui so che posso contare.
Ogni autore ha un proprio stile e genere narrativo. A parte “Sorelle”, l’unico autobiografico, come definirebbe i suoi romanzi?
Non li definirei, non tocca a chi li scrive, definire i romanzi
Crede al destino?
Non troppo, credere troppo al destino riduce la speranza di potersi costruire la propria vita.
Cosa rappresenta per Lidia Ravera la memoria, lo scorrere del tempo?
lo scorrere del tempo ci consente di vivere la vita come un viaggio. La memoria è una delle risorse principali del lavoro creativo.
Nel suo ultimo romanzo “Piangi pure” affronta con grande coraggio temi scomodi: l’amore e la vecchiaia, il sesso e il decadimento fisico… perché una storia di questo tipo?
Mi hanno stufato gli stereotipi sulla vecchiaia, voglio ridare ai vecchi la libertà di essere diversi da come sono stati condannati a essere da secoli di luoghi comuni. La vecchiaia è l’unica malattia al cui contagio non si può sfuggire. Prima o poi saremo tutti vecchi. Se abbiamo la fortuna di non morire prima. Quale tema è più universale di questo?
Parlando d’amore, quanto è stato importante nella sua vita?
Non molto. La letteratura è una divinità esigente, mi sono sempre divertita più a raccontarlo che a viverlo, l’amore. Ho molto amato mio figlio e mia figlia. Ho vissuto accanto ad un uomo molto amabile, che mi ha amata molto.
Si definirebbe una donna passionale?
Più appassionata che passionale
Il ricordo più bello…
Quando mio figlio ha pubblicato il suo primo piccolo romanzo, si intitolava “Infatti purtroppo”. Edito da Theoria. Aveva soltanto 15 anni e mezzo. Ho pensato: ha il dono della scrittura. Sarà meno infelice del resto del mondo.
E quello più brutto…
Quando è morta mia sorella. Vent’anni fa.
Se avesse la possibilità di dare un solo consiglio ad una giovane donna, cosa le direbbe?
Conta sempre e soltanto su di te, per provare a essere felice.