“Manuia” Il ristorante romano dei vip
MANUIA
di Sandro Melaranci
Gruppo Albatros Il Filo, 2020
Chi è Sandro Melaranci
Truccatore del cinema e grande appassionato di musica, nel 1971 decide di aprire un locale, insieme alla prima moglie, Helena Manuia, alla sorella Lolli ed al fratello Tony, a Trastevere, a Roma. E nato così questo libro, ma Melaranci ha scritto anche
altro: favole dedicate al personaggio di Bia, per esempio, una bambina intelligente e vivace, protagonista di storie avventurose, dal forte risvolto educativo e sociale.
Di cosa parla Manuia
Storie di artisti e di personaggi del mondo dello spettacolo che, dal 1971 al 1991, furono protagonisti delle celebri serate nel ristorante Manuia di Vicolo del Cinque in un racconto semplice e brioso che sarà presentato alla Zanon Gallery. È stato tradotto anche in inglese, francese, portoghese e rumeno, perché la storia di Roma e Cinecittà ha ancora e sempre un fascino che non tramonta, anche fuori dei confini italiani. La prefazione è dell’attore Franco Nero.
Il Manuia, inaugurato l’1 aprile 1971, ha fatto per vent’anni la storia capitolina. Il ristorante ha ospitato Renato Zero e Franco Nero, Andy Warhol, Pino Daniele, Giorgio Albertazzi, Federico Fellini, Luchino Visconti, Valentino, Missoni, Liz Taylor, Richard Burton, Gianni Minà, Fabrizio Frizzi, Gian Maria Volontè, Franco Zeffirelli, Luciano De Crescenzo, solo per citarne alcuni. Quella storia, che sa di cinepresa e di palcoscenico, di amori e dissidi, di voglia di divertirsi e di stare insieme, non è stata dimenticata.
Sandro Melaranci l’ha raccontata in un libro dal titolo emblematico: “Manuia”. Una sola parola, un solo termine, che apre il cassetto dei ricordi e lo consegna alle giovani generazioni. Il libro di Sandro Melaranci, le storie e gli episodi che egli racconta, potranno, a buon diritto, affiancare la storia e la biografia dei grandi del cinema italiano e non solo, raccontando ciò che spesso le cronache ufficiali non contengono.
Manuia – scrive Franco Nero nella prefazione era «uno di quei luoghi dove alla buona cucina si aggiungeva il calore umano. (…) Il cibo, eccellente, non era la cosa più importante del menu: la convivialità, lo stare assieme, l’unire persone di diverse provenienze (…) Manuia è la creatura più rara e foriera di belle cose che Sandro ha partorito. Quel Vicolo del Cinque a Trastevere è stato una calamita di cuori pulsanti e felici, menti fertili, anime grandi. Manuia è stato un locale che oggi è un luogo della memoria”.
Il testo scorre con un linguaggio narrativo, asciutto ed essenziale. Sandro Melaranci racconta in brevi tocchi la sua storia di vita, persino l’incontro occasionale con il vinaio che, ormai anziano, vuole lasciare la sua bottega e vuole cederla a Sandro. Lui accetta, ma trasforma tutto: nasce il Manuia.
I capitoli del libro sono dedicati ciascuno ad un episodio, ad un incontro, ad un personaggio, ma narrano anche di se e della sua famiglia. Spiccano la scena di gelosia di Liz Taylor e Richard Burton, l’incontro tra Renato Zero e il “Turchino”, Federico Fellini, che si siede a tavola, ma mangia solo un pezzo di parmigiano, Giorgio Albertazzi vittima di un paparazzo, riuscito a sfuggire alla stretta sorveglianza di Sandro, che cercava di tutelare la privacy e la serenità dei suoi ospiti. C’è poi la storia di Chet Baker, storico trombettista Jazz, con il quale ha stretto una forte amicizia e alcune esperienze professionali che descrive con affetto e malinconia.
Sempre legati alla musica, alcuni capitoli sono dedicati ai concerti che organizzava fuori del Manuia tra i quali alcune edizioni dell’Estate Romana (settore Brasile) con ospiti di eccezione come: Joao Gilberto, Djavan, Gal Costa, Gilberto Gil, Alcione e Jorge Ben.
Il Manuia chiude quando era all’apice del successo, apparentemente senza un perché. Ma Sandro Melaranci decide di chiudere perché non voleva vederlo tramontare: “Solo l’ipotesi che potesse invecchiare, non piacere più o solo sentirlo fuori moda mi angosciava”. In questo modo ha consegnato ai posteri la storia di quegli anni ruggenti ed ha regalato le stesse emozioni vissute in quegli anni attraverso le pagine di un libro.
a cura della giornalista Francesca Cabibbo