Mirella Serri su ‘Miseria e nobiltà d’Italia’ di Sabino Cassese

Mirella Serri su ‘Miseria e nobiltà d’Italia’ di Sabino Cassese


Miseria e nobiltà d’Italia – Dialoghi sullo stato della Nazione

di Sabino Cassese

(Solferino, 2024)


Chi è Sabino Cassese

Notissimo giurista, già ministro per la Funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale, Sabino Cassese (Atripalda, Avellino, 20 ottobre 1935) collabora con il Corriere della Sera e Il Foglio in qualità di editorialista.

E’ autore di numerosi saggi dedicati al tema degli “Intellettuali” (il Mulino) a “Il governo dei giudici”, (Laterza) a “I presidenti e la presidenza del Consiglio dei ministri nell’Italia repubblicana. Storia, politica, istituzioni”, (Laterza) e all’ “Amministrare la Nazione” (Mondadori).

Di cosa parla il libro

L’Italia è un Paese nel quale si succedono le crisi, anzi c’è bisogno di crisi per realizzare i cambiamenti, ci spiega Cassese. Ed è un Paese prismatico, con molte facce, più contraddittorio degli altri, nobile e misero allo stesso tempo.

 

Il modo migliore per comprenderlo è dare voce tanto all’italiano quanto all’antitaliano che convivono in ognuno di noi. Come fa Sabino Cassese in questo saggio molto originale e quasi autobiografico. Un saggio lucido e ricco di spunti e citazioni che illustra pregi e difetti dell’Italia e degli italiani consegnandone un ritratto disincantato e rivelatore.

Cosa ne penso

Miseria e nobiltà d’Italia” era il titolo di uno dei più celebri film di Totò. Adesso il costituzionalista Sabino Cassese, con un sottile velo d’ironia, la stessa che accompagnava il marchese de Curtis anche fuori dalla scena, per descrivere gioie e delizie della Penisola ci ripropone nel suo nuovo libro il racconto di Miseria e nobiltà d’Italia in trentuno Dialoghi sullo stato della nazione come recita il sottotitolo.

Ex ministro per la Funzione pubblica ed ex giudice della Corte costituzionale, Cassesedel quale è stato fatto il nome per ben due volte, nel 2013 e nel 2022, come candidato alla Presidenza della Repubblica – ci descrive un’Italia un po’alla Totò in cui il male si capovolge in bene, cioè come una nazione ricca di contraddizioni ma che fa proprio delle sue crisi la sua forza. Con divertito distacco e con tanta passione, lo studioso di pubblica amministrazione – che in questi ultimi tempi presiede il Comitato di esperti al lavoro sulla riforma per l’attuazione dell’autonomia differenziata – ci guida in un complesso viaggio attorno alla nostra attualità culturale e politica, dalle discussioni sul premierato alla riforma della Costituzione, dalla crisi dei partiti alla globalizzazione e ai vantaggi del rapporto con l’Unione Europea.

Il costituzionalista, rifacendosi alla nobile tradizione del dialogo praticata da Galileo, Leopardi, Voltaire e Diderot, nel libro gioca due parti in commedia e prende in analisi gli aspetti contrastanti di ogni argomento, indossando i panni antitetici dell’ Ottimista e del Pessimista, di Usbek e Rica, protagonisti delle Lettere persiane di Montesquieu, del Presidenzialista e del Parlamentarista, di Naphta e di Settembrini, celebri e opposti personaggi della Montagna incantata di Thomas Mann.

Il Paese è un intreccio di Paesi, ha scritto Tullio De Mauro, e l’Italia nasce con una identità fragile. Cassese prende le mosse proprio da questo assunto: l’assenza di senso dello Stato, ci spiega indossando gli abiti dell’Italiano e dell’Antitaliano, viene da lontano e paradossalmente è stata alimentata proprio da coloro che alla nazione diedero vita, come Camillo Benso conte di Cavour che era di casa a Ginevra, Parigi, Londra e Bruxelles e che conosceva meglio le leggi inglesi che quelle di Napoli. Ma che non mise mai piede a Roma. Cavour morì 51enne nell’anno stesso in cui arriva a compimento l’Unità e da allora l’instabilità è stata, in uno dei tanti paradossi, l’elemento costante nella vita della nazione: dal 1861 al 1922, in 61 anni, l’Italia cambiò 58 diversi governi; dal 1948 al 2023, in 75 anni, di compagini governative ne ha mutate 68.

 

Eppure, afferma Cassese, possiamo riscontrare dei vantaggi persino nella carenza di uno Stato fortemente centralizzato: questo ha significato pluralismo culturale, ha dato un afflato positivo anche alla deprecata migrazione interna degli anni del miracolo economico, e seguita da quella dei primi decenni del nuovo millennio, comportando un forte rimescolamento politico-culturale. Bisogna anche ricordare che l’Italia appare più unita di tanti altri paesi: il separatismo siciliano e i proclami del primo movimento federalista di Umberto Bossi sono stati eventi effimeri ed eccezionali e non hanno niente a che vedere con le radicali e cruente divisioni che vi sono in Spagna o con gli orientamenti separatisti di Irlanda, Scozia e Galles nel Regno Unito.

Nelle debolezze italiane c’è anche tanta forza, sostiene Cassese. L’Italia ha una storia sempre in mutamento: di questo è emblematica, per esempio, l’istituzione delle Regioni che non ha dato certo buona prova nei primi cinquanta anni di vita. Il divario Nord-Sud è aumentato. Le Regioni dovevano essere enti di legislazione e hanno prodotto solo un nuovo accentramento amministrativo a danno dei comuni. La pandemia ha dimostrato che il servizio sanitario non ha garantito livelli uniformi di prestazione. A fare da controcanto alle inefficienze delle amministrazioni regionali e per correggere i difetti dello Stato c’è però lo stretto rapporto che la Penisola ha sempre avuto, fin dalla sua realizzazione, con l’Unione Europea.

Quello che era chiamato il vincolo esterno, e che era tanto apprezzato da Alcide De Gasperi e Guido Carli, ha portato incredibili benefici, ha reso più efficiente il governo e ha portato a un sorta di concorrenza tra le amministrazioni che devono misurarsi con quelle straniere. In fin dei conti, conclude Cassese, noi italiani chiediamo sempre troppo al nostro sistema politico-costituzionale. Abbiamo un atteggiamento eccessivamente piagnone. E anche se in Italia la classe politica è malata di short-termism, concentrata solo sul breve termine, incapace di guardare lontano, attenta soltanto al profitto immediato a danno di progetti per il futuro, questo però garantisce persino funzionalità ed efficienza.

L’Ottimista che è in Sabino Cassese ricorda a coloro che elaborano programmi a lunga scadenza e che hanno visioni una celebre affermazione di Helmut Schimdt:Una volta il cancelliere tedesco dichiarò”, scrive Cassese, “‘Se uno ha le visioni va portato dal dottore’”.

Un Paese, dunque, prismatico, con molte facce, più contraddittorio di tante altre nazioni ma forte proprio nel mix di miseria e nobiltà.


Commento di Mirella Serri, saggista e giornalista, collabora a La Stampa e Tuttolibri.


 

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