“Nottambuli a cena” di Otello Marcacci
Nottambuli a cena
di Otello Marcacci
(Les Flaneurs editore, 2022)
Chi e Otello Marcacci
Otello Marcacci è nato a Grosseto nel 1963. Laureato in economia, è appassionato dii scacchi e suona la chitarra.
Personaggio ironico ed eclettico, è convinto che la bellezza salverà il mondo, ma che in fondo anche i brutti abbiano un loro perché. Non sopporta più di avere a che fare con chi si prende troppo sul serio e per questo ci dice, “mi sono autocondannato a una vita solitaria”.
Ha pubblicato i romanzi “Gobbi come i Pirenei” (NEO Edizioni, 2011), “Il ritmo del silenzio” (Edizioni della Sera, 2012) “La lotteria” (Officine Editoriali, 2013) “Sfida all’OK Dakar” (NEO Edizioni, 2016), “Tempi Supplementari” (Ensemble edizioni, 2020) e il saggio “La terra promessa – autobiografia Rock” (Les Flaneurs editore, 2020).
“Nottambuli a cena” (Les Flaneurs editore, 2022) è la sua ultima opera.
Di cosa parla
Ambientato nella città di Grosseto, ha come protagonista il quarantottenne ingegnere Luca Migliorini, e come coprotagonisti i suoi amici storici. Dopo aver costruito una sua azienda, a causa della crisi economica, si trova in un momento di drammatica difficoltà, nonostante abbia fatto di tutto per salvare la sua creatura dal fallimento.
E’ soprattutto il pensiero che i suoi dipendenti si ritrovino, da un momento all’altro, in mezzo ad una strada, che però lo sconvolge. A tal punto che un giorno inizia a pregare e si rivolge a Dio, in ginocchio in mezzo alla cucina: «non mi sottrarrò più al tuo volere. Voglio solo salvare i posti di lavoro dei miei dipendenti. Non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo, ma salva almeno loro».
Quando nemmeno le preghiere riescono a risolvere la situazione e mitigare il suo senso di colpa e fallimento, Luca accarezza l’idea del suicidio. Un atto premeditato, di ribellione ad un destino di rovina e distruzione che permetterebbe la riscossione di una assicurazione sulla vita e potrebbe permettere una ripresa dell’azienda.
A quel punto però accadono cose assolutamente imprevedibili che scompigliano tutti i suoi piani. Si trova, ad esempio, ad accettare obtorto collo di accompagnare in Calabria dal padre naturale che ne ignora l’esistenza, Tommaso, un ragazzino orfano di madre. Oppure ad “inciampare” in Antonio Fioronta, soprannominato Cardinale Sborromeo, architetto napoletano che gli propone un finanziamento in cambio di un “favore “…
Cosa ne penso
Una storia che si snoda nel presente, che si ciba di attualità, di domande e di risposte che non sempre arrivano. Attraverso Luca e gli altri protagonisti, Otello Marcacci esplora luci ed ombre l’animo umano, fonte di caos, incertezze, sentimenti indipendenti e spesso contrastanti. Ed è proprio la natura dualistica dell’essere umano che emerge prepotente e che fa da filo conduttore. Perché, come diceva Goethe, è una caratteristica propria del nostro spirito immaginare disordine e oscurità là dove non sappiamo nulla di certo.
Anche la metafora del viaggio, tanto caro alla letteratura, è qui in primo piano. Luca e i suoi amici, che non lo abbandonano nemmeno in questa circostanza, affrontano lo spostamento verso il sud per accompagnare Tommaso spinti da varie motivazioni, ma fanno ritorno a Grosseto con consapevolezze profondamente mutate rispetto alla partenza.
Un viaggio che assume un valore psicologico ed emotivo particolare e che fa riflettere ognuno di loro sullo scopo della propria vita. Tanti sono gli spunti che si possono rintracciare in questa lettura: il concetto di morte, ad esempio, ma anche quello del tradimento, della memoria e del caso.
Aleggia nell’aria l’ombra di una filosofia e religiosità acquisite sul campo, non noiosa dottrina ma concetti concreti e interessanti, attuali e coinvolgenti proprio perché elaborati dall’autore attraverso l’esperienza della vita e restituiti ai lettori con semplicità, intelligenza e ironia.
La scrittura merita poi un discorso a parte, perché è uno dei punti di forza del romanzo. Corretta e misurata, certamente, ma ricca di colori e sapori prettamente maremmani. Chi conosce questa parte di Toscana, non fatica a trovare nel gergo, nella parola, la corrispondenza con i suoi abitanti, malinconici anche nelle battute, a volte grezzi e diffidenti, ma sicuramente dal cuore grande e generoso.
Azzeccata ed evocativa la copertina che rimanda al dipinto I nottambuli di Edward Hopper, l’opera più famosa dell’artista americano.
Nottambuli a cena è un romanzo colto, che fa riflettere e pensare con una leggerezza che non va assolutamente confusa con superficialità. Perché nelle arti, come nella vita, spesso è proprio la semplicità a creare capolavori e a renderci felici.
Recensione a cura di Dianora Tinti, scrittrice e giornalista