Thriller: “Quella maledetta rapina” di Maurizio Mos
Quella maledetta rapina
di Maurizio Mos
(2022, Edizioni DrawUp)
Chi è Maurizio Mos (pseudonimo di Maurizio Figone)
Nato a La Spezia il 16 novembre 1951. Ha una figlia, ama gli animali e soprattutto i gatti, la campagna e quando può si dedica alla fotografia e ai viaggi. Appassionato di gialli, sopra a tutti Olivieri, Simenon, Chandler, Ross McDonald, Westlake/Stark e come divertissement Rex Stout e S. S. Van Dine e di libri storici, sogna un’auto d’epoca (cioè dei suoi vent’anni).
Ha pubblicato alcuni racconti su libri no profit per la ricerca su malattie infantili e per i terremotati di Amatrice e del Centro Italia e con i suoi racconti e romanzi ha vinto prestigiosi Premi letterari fra cui Giallo Latina Mondadori 2017 con il racconto Sogni e incubi, pubblicato sul Giallo Mondadori – Classici del Giallo, aprile 2018.
Di cosa parla
Quattro miliardi di lire, depositati in un ufficio amministrativo dell’Arsenale della Marina Militare, a La Spezia: gli stipendi dei dipendenti, militari e civili, dell’impianto.
Una banda di seri professionisti che organizzano una rapina rocambolesca con auto e gommoni per impadronirsene. E altri, giovani un po’ borderline e professionisti bene, più o meno affermati, tutti affamati di soldi, che vogliono averli, quei miliardi; e per averli sono disposti a tutto.
Cosa ne penso
Quella maledetta rapina di Maurizio Mos è un thriller che ha diverse frecce al suo arco.
In primis, a colpire è il ritmo narrativo serratissimo, eccezione fatta per un inizio necessariamente lento, dato che ruota intorno alla preparazione della rapina, fra l’altro raccontata con dovizia di particolari. La narrazione non conosce pause, momenti di stanca, è una Ferrari lanciata a tutta velocità, condotta da un pilota incredibilmente esperto.
Fedele alla regola dello Show don’t tell, l’autore non perde tempo a descrivere i personaggi. Questi si presentano da soli, tramite i dialoghi, le interazioni con gli altri, le azioni. Con le loro umane fragilità, le paure, i desideri, ma, in certi casi, anche con spietatezza, assenza di scrupoli, amoralità o cinismo. Protagonista incontrastata della storia la sete di denaro, che assume tante facce quanti sono i rapinatori e spazia dall’esigenza di riscatto all’avidità vera e propria.
Personalmente la simpatia è andata a Max, il più provvisto di calma, sangue freddo e umanità di tutti i personaggi di questa avvincente storia.
Solo a metà circa del libro Maurizio Mos spende qualche riga a testa anche se solo per gli appartenenti alla banda di Max. Sì perché questo è un libro ricco di colpi di scena, intrighi, voltafaccia, dove in molti, infischiandosene di patti e legami, tradiscono per avere di più, o perché abbindolati con il sesso, o, nella più nobile delle ipotesi, per la chimera di un amore. Dietro la rapina quindi non c’è una sola banda, ma in segreto si allacciano e dissolvono alleanze, dando vita a bande minori, o a coppie criminali.
A narrare le vicende è un narratore esterno, una voce fuori campo, che ce le mostra per come sono, come se scorressero su uno schermo. Il lettore viene catapultato in un tourbillon di eventi che lo lasciano senza fiato, come le corse in auto dei malviventi, la loro spedizione per mare, i travestimenti, le sparatorie, gli inseguimenti.
Per concludere, una curiosità. Il libro ispirato a un fatto realmente accaduto: la rapina miliardaria consumata nel 1988 ai danni dell’Arsenale Militare di La Spezia. L’autore spostando cronologicamente le vicende alla vigilia del passaggio dalla lira all’euro e lavorando di fantasia, pur mantenendo, per sua ammissione, la stessa ambientazione geografica e gli stessi ritmi seguiti dai rapinatori, ha dato vita a questo thriller adrenalinico che tiene il lettore costantemente incollato alle pagine, con la smania di vedere come andrà a finire.
- Da leggere, sicuramente.
Recensione a cura di Daisy Raisi,scrittrice e editor