Prima teatrale “A tempo” di Nuccio Viglietti
Riflessioni di Nicola Brizio su “A tempo. Rap sinfonietta in quattro movimenti”
Quando arriviamo al Caffè Teatro Basaglia l’atmosfera assomiglia già in tutto e per tutto a quella di una grande festa all’interno della quale in compagnia di vecchi amici e perfetti sconosciuti si finisce sempre per iniziare un centinaio di discorsi senza partarne al termine neppure uno.
Si fa spazio in me una curiosità sempre crescente dettata dall’apparente impossibilità di portare sul palco scenico un
romanzo visionario e a tratti illeggibile come “A tempo” il capolavoro del mio amico Nuccio Viglietti. Eppure poi, come per magia, tutti prendono posto nella grande sala, le luci si spengono, Nuccio introduce brevemente l’adattamento della sua opera e Davide Simonetti, giovanissimo artista poliedrico, dotato di una carisma fuori dal comune, cresciuto artisticamente nella Atelier Teatro Fisico di Philip Radice, durante l’esibizione prende per mano ogni singolo spettatore guidandolo per le lande sconfinate della fantasia accompagnato dall’impeccabile chitarra acustica di Ettore Maggese.
È sorprendente, è un incantesimo, è qualcosa che nemmeno la mia quasi sconfinata immaginazione avrebbe potuto prevedere. Tra Viglietti e Simonetti la differenza anagrafica è, a dir poco, marcata eppure sembra che il giovane artista torinese sia riuscito più di chiunque altro ad entrare nella mente dello scrittore per portare immagini e situazioni sul palco.
Una serata imprevedibile e, a tratti, incredibile, un gioioso inno all’anticonformismo militante capace di attraversare ogni generazione toccando l’intimo degli animi più sensibili. Torniamo a Bra con la ferma convinzione di aver assistito a qualcosa di sensazionale.